Ci sono storie che non vorremmo mai ascoltare e persone che vivono condizioni di fatica e sofferenza indicibile. Così capita di apprendere che una scuola di un comune alle porte di Roma decide di espellere un bimbo di 6 anni perché “colpevole” di esser disabile e quindi incapace di stare con i suoi compagni.
La famiglia decide di rivolgersi al Tar e finalmente il bambino, dopo qualche giorno, viene riaccolto nella scuola. Per fortuna ha funzionato in tempi relativamente brevi, ma non per la famiglia e il bambino, il ricorso alla magistratura amministrativa che ha ristabilito un diritto costituzionale inviolabile.
Si era trattato di una decisione brutale perché la violenza sottesa all’espulsione di un bambino di sei anni è inimmaginabile per chi la subisce, e una decisione incosciente perché presupponeva una totale ignoranza degli ordinamenti scolastici.
Non ci sono molti giri di parole e nessun fraintendimento è consentito in casi simili. In questo caso gli anticorpi civili del nostro Stato democratico hanno saputo combattere una infezione gravissima che evidentemente non dobbiamo mai smettere di combattere. Purtroppo il vaccino dell’ignoranza e dell’ignavia non verrà mai sintetizzato da una azienda farmaceutica. Oggi gradirei solo scuse alla famiglia e tonnellate di serenità da offrire al bambino.
Nessuno sceglie di avere un figlio con una grave disabilità ma tutti possiamo decidere di favorire una vita meno faticosa per questo bambino. Nessuno si nasconda dietro le difficoltà, al cospetto quelle dei suoi genitori tutti i giorni sono montagne inviolabili. E se qualcuno iniziasse a vergognarsi avremmo fatto tutti un passo avanti.