Non mi sono mai definito uno scrittore, ma semmai un portavoce, una cassa di risonanza. È con questo animo che ho letto ma soprattutto mi sono lasciato trasportare da I nascosti, l’opera scritta e fotografica dedicata da Valentina Tamborra al popolo Sami. Una delle peculiarità della nostra epoca è la contemporanea presenza dell’uomo ipertecnologico e dell’uomo indigeno, inteso nel suo etimo di uomo che abita da sempre il luogo in cui vive. E se solitamente siamo adusi a pensare all’indigeno come l’abitante delle isole Andamane che lancia frecce agli elicotteri, o dell’Amazzonia, che combatte contro i garimpeiros, in realtà l’indigeno c’è anche qui, in Occidente. Ma ormai è una ristretta minoranza, e, come tale, spesso subisce le vessazioni, l’emarginazione o, se va bene, la semplice tolleranza da parte dell’uomo ”evoluto”.

Il popolo Sami, come il popolo Rom, come il popolo Sinti, come il popolo Jenish (vedere il bel film Lubo di Giorgio Diritti per credere) non fa eccezione. Etnia nomade – che occupa un territorio del grande nord, esteso tra Norvegia, Svezia, Finlandia e Russia (il Sápmi) – ormai ridotta a poco più di ottantamila persone, i Sami resistono appunto in quelle terre che noi definiremmo “inospitali” e continuano a vivere la loro vita, fatta di allevamento di renne, di tradizioni, di riti ancestrali.

Tutto questo confluisce nel libro di Valentina, frutto di quattro permanenze presso i Sami, necessarie non solo per raccogliere la documentazione, ma anche per entrare davvero in contatto profondo con questa popolazione. Che, come le altre che citavo, ha subito la discriminazione da parte delle nazioni all’interno dei cui confini si trova a vivere. Parlo in particolare della discriminazione attuata dalla Norvegia, dove vive la maggior parte dei Sami, ma anche dalla Svezia e dalla Finlandia. Ed oggi i soprusi – che potremmo anche definire “colonizzazione” – continuano seppure sotto altre forme, sotto forma di coltivazione di miniere o di parchi eolici, senza contare lo sfregio della diga di Alta, contro la cui realizzazione si batterono i Sami. Colonizzazione a cui si aggiunge la problematica, qui più evidente e drammatica che altrove, del cambiamento climatico: un tempo c’era solo la neve che cadeva dal cielo.

Oggi anche la pioggia, che, congelandosi al suolo, crea uno strato di ghiaccio che impedisce alle renne di annusare e scavare il terreno in cerca di muschi e licheni. Tutto questo vario e complesso materiale entra dentro I nascosti, un bel titolo per un popolo emarginato dalla narrazione corrente. E che per me rimanda in qualche modo al cinema proprio di un finlandese, Aki Kaurismaki, ed alla sua poetica degli ultimi, degli emarginati. Ma quello che a mio modo di vedere e di sentire più emerge con forza dal libro è il legame che i Sami mantengono con la Terra, legame che noi, uomini delle nazioni, noi che ci definiamo “evoluti”, abbiamo totalmente e irrimediabilmente perduto.

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