Sit-in, mozioni, proteste, richieste di spiegazioni. Al comune di Stoccarda il progetto di ampliamento della pista prototipi di Porsche non va proprio giù. Il punto, però, è che quella pista è in Italia. Dove, invece, a far rumore è più il rombo dei motori che la voce di chi vuole tutelare l’ambiente. Per comprendere bene tutti i passaggi di questa vicenda, occorre partire dal principio. La Porsche Engineering dal 2012 è proprietaria del Nardò Technical Center, uno dei più importanti e rinomati centri di sperimentazione del mondo, nel quale si effettuano i test su veicoli e prototipi. È lo stesso circuito a 4 velocità, dove recentemente ha perso la vita, a bordo di una moto durante un test di frenata, il collaudatore Mattia Ottaviano, per cause che saranno accertate dalla Procura di Lecce.
Nei mesi scorsi il colosso tedesco ha presentato un masterplan per ampliare e intensificare le attività nel presidio salentino. Un progetto titanico che estenderà la superficie di 700 ettari attualmente occupata, costruendo – è questo in sintesi ciò che il progetto prevede – altre piste, una base di elisoccorso attrezzato con eliporto, un centro visite polifunzionale, completo di attrezzature audiovisive e multimediali, un centro di sicurezza antincendi a servizio del centro prove ma utilizzabile per le aree boschive e per quelle protette che circondano la struttura. Ed è proprio questo il punto: la NTC – acronimo che identifica il Nardò Technical Center di Porsche – è immerso in un punto di altissimo pregio paesaggistico e naturalistico del Salento, incastonato tra la Riserva regionale Palude del Conte e il bosco dell’Arneo, 200 ettari di macchia mediterranea che ora dovrà essere soppressa perché interessata dall’ampliamento. Senza trascurare il fatto che gli espropri interesseranno anche tanta proprietà privata di cittadini che dovranno cedere parte dei loro terreni – spesso annessi ad abitazioni o attività commerciali – per consentire la riforestazione della parte boschiva soppressa. Proprio questo ha spinto gli ambientalisti tedeschi ad annunciare azioni a tutela del paesaggio. Quello che, invece, non sta accadendo in Puglia. Dove si registra tutt’altra situazione. A cominciare dal fatto che in quel progetto spiccano nomi che in campo ambientale sono stati personaggi chiave.
Nella documentazione presentata in sede di VAS, la valutazione ambientale strategica degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente rurale, il Rapporto ambientale viene redatto dalla società di consulenza Ambiente Italia. Il socio fondatore e attuale amministratore delegato è Mario Zambrini. Che nel suo curriculum non vanta solo questo o l’essere stato componente della Commissione VIA del Ministero dell’Ambiente e di quella tecnica Via Vas. Ma vanta, soprattutto, l’essere stato sino a qualche anno fa nel Comitato scientifico di Legambiente. Ma non solo. Perché lo stesso Zambrini ha fatto parte della srl AzzeroC02, società di cui è socia la stessa Legambiente. I più attenti ricorderanno che ilfattoquotidiano ebbe modo di parlarne. Insomma, non uno qualunque, ma un importante pezzo della storia dell’associazione ambientalista. Ma non è tutto. Perché nella compagine societaria di AzzeroC02 compare anche KyotoClub, a sua volta socia di Legambiente. L’attuale vicepresidente è Francesco Ferrante, ex deputato Pd in quota ambientalista, dirigente di lungo corso di Legambiente e ancora parte dell’assemblea dei delegati. Ma che, invece, in questo progetto figura accanto a Porsche in qualità di consulente sino al 2021, momento in cui è iniziato l’iter di approvazione. Lo stesso Ferrante che, durante gli incontri con le sedi regionali e locali delle associazioni ambientaliste per discutere del progetto, ha partecipato in rappresentanza del colosso tedesco.
Una posizione quantomeno complicata per Legambiente: si è ritrovata a dover valutare la proposta di ampliamento della multinazionale che personaggi importanti del suo stesso passato – ed in qualche modo presente – hanno contribuito a scrivere. Antonio Nicoletti, responsabile nazionale Aree Protette e Biodiversità dell’associazione e che sul piano ha presentato le osservazioni, non fa mistero del fatto che “il progetto è impattante, lo dicono le carte”, ma “non significa che le cose non si debbano fare. Noi – dice – rispondiamo per le cose che facciamo noi, per le persone che conosciamo ne rispondono loro”. Il punto, però, è che l’unica alzata di scudi è arrivata da Italia Nostra, Comitato Custodi del Bosco dell’Arneo, Onda Verde e GrIg, che si sono appellati al Tar Puglia per tentare di bloccare quello che ritengono sia uno scempio ambientale e “tutelare un bene naturale di importanza comunitaria, individuando una diversa collocazione del progetto”. Ma alle vibranti proteste non si è unita alcuna altra voce. Né quella della Regione Puglia che, al contrario, ha dato il suo lascia passare con tanto di Accordo Quadro. Né quella della sezione pugliese di Legambiente che, invece, sul progetto ha avuto un improvviso cambio di rotta.
Il 3 settembre del 2023, infatti, Legambiente Puglia espresse perplessità. Perché “mina il futuro di una vasta area della Terra d’Arneo, già fortemente compromessa sul piano ambientale, paesaggistico e sotto il profilo dell’eco-sistema dalle numerose infrastrutture che negli anni sono sorte nell’area”. Quattro mesi dopo, trascorsi in assoluto silenzio mentre la comunità locale iniziava sonore proteste, la torsione di 180 gradi. Ed ecco che il piano diventa “una occasione per restituire alla fruizione pubblica la rete naturale locale. E dunque l’impegno a “formulare proposte all’azienda per una maggiore tutela del sito”. Che però tra Legambiente e Porsche ci sia sintonia, lo dimostra un post di Legambiente Volontariato Aziendale, datato 2021 (anno in cui iniziò l’iter di approvazione del progetto industriale) in cui l’associazione ringrazia il Centro prove di Nardò per la giornata trascorsa nella struttura. Per inciso: l’associazione di volontario ha il grande contributo dei militanti, ma svolge il suo lavoro grazie al contributo economico dei partner (più o meno piccolo, a seconda dei casi). Nel caso della giornata al Nardò Technical Center a sovvenzionare è stata Porsche.
Da Legambiente riceviamo e pubblichiamo:
Nel merito dei contenuti dell’articolo, riteniamo opportuno puntualizzare alcune questioni. Come sottolineato dal nostro responsabile nazionale aree protette alla stessa giornalista, la Regione Puglia, nelle oltre 600 pagine prodotte dagli uffici di competenza, ha asseverato l’impatto del progetto definendo anche le necessarie misure di compensazione imposte all’azienda per rendere compatibile l’opera. Legambiente Puglia, come ricordato nel vostro articolo, a fronte dell’Accordo di programma già sottoscritto dalla Regione, dalle amministrazioni e dall’azienda, ha evidenziato sin da subito le sue perplessità rispetto al progetto – già approvato dalle autorità nazionali competenti, giova ribadirlo – riservandosi di approfondire nel dettaglio alcune questioni. L’impianto esistente insiste sui confini di due aree di interesse naturalistico ma di fatto è realizzato all’interno di un’area industriale preesistente fin dal 1972. La zona speciale di conservazione (ZSC) designata nel 2018 convive con il sito di Porsche Engineering insediatosi nel 2012. Si tratta perciò di un sito Natura 2000 che ‘convive’ con un’area industriale e una proprietà prevalentemente privata fin dalla sua designazione risalente al 1995. Una zona di conservazione che, ad oggi a distanza di 6 anni, non ha ancora un piano di gestione, dove si svolge una attività industriale che deve convivere con la tutela della natura. Per questa ragione particolare, quasi unica nel contesto nazionale, l’intervento promosso dalla Porsche ha seguito le regole che prevede la direttiva Habitat che regola in Europa la gestione dei siti della rete Natura 2000. Alla luce degli aspetti citati, l’obiettivo che ci siamo posti è stato di individuare delle soluzioni che riuscissero a conciliare meglio la tutela del territorio e le esigenze di sviluppo industriale, immaginare una governance della ZSC basata su un progetto di gestione condiviso tra tutti i soggetti interessati, e con la disponibilità di risorse che permettano la fruizione e il monitoraggio della biodiversità ben oltre la fase di realizzazione dell’intervento. Lo studio di Legambiente non fa sconti a nessuno, anzi impone un’idea di sviluppo industriale ed economico del territorio che metta come prima voce di costo dell’investimento, la tutela presente e futura dell’ambiente e della biodiversità. Le valutazioni fatte hanno come finalità quella di costruire, insieme con l’azienda, le istituzioni e i cittadini, un’area di innovazione tecnologica e di conservazione ambientale nel rispetto della normativa europea. Per questo appare ingeneroso lasciar intendere che vi sia un atteggiamento accomondante nei confronti dell’opera in virtù di una attività, quella di volontariato aziendale, svolta da Legambiente con Porsche come con tante altre aziende e risalente al 2021. Peraltro, il volontariato aziendale prevede per il personale dell’impresa che aderisce una esperienza di partecipazione alle attività associative per provare a condividerne il percorso, i temi, le battaglie di tutela del territorio e nient’altro: ne più ne meno che una edizione speciale di Puliamo il Mondo, la nostra campagna alla quale aderiscono tantissime persone. Appare quantomeno fuori luogo, infine, visto che stiamo parlando di futuro, far riferimento a chi, come Zambrini e Ferrante, ha fatto parte di Legambiente nel passato, ma che nell’oggi (e da anni) non ha ruoli operativi nella nostra associazione ma rimangono con merito e rispetto nella storia di Legambiente. Dalla nostra associazione sono passati e passeranno responsabili di aziende che si occupano con successo di ambiente, parlamentari o rappresentanti nelle istituzioni, sindaci o presidenti di parco. Per fortuna Legambiente è un’associazione libera da ogni condizionamento e aperta al confronto che non si sogna, anche perché non ne avrebbe titolo, di condizionare la vita e la professione di coloro che hanno partecipato alla nostra vita associativa e poi deciso di fare altro. Era opportuno che facessimo questi chiarimenti per non lasciare che il ‘non detto’ dell’articolo alimenti sospetti sul nostro operato e sulla nostra attività, anche in relazione al lavoro quotidiano che i nostri circoli svolgono sul territorio, come presidio costante di tutela dell’ambiente. Per il resto siamo sempre pronti a confrontarci con tutti sui temi, partendo però da basi scientifiche e da un presupposto: il progresso del nostro paese. Grazie per l’attenzione e per lo spazio che vorrà a questa mia replica.
Stefano Ciafani (Presidente Nazionale Legambiente)
Daniela Salzedo (Presidente Legambiente Puglia)
Aggiornato da Redazioneweb l’11/03/2024 alle 16.20