Annus mirabilis per la cinquina del miglior film internazionale. E non solo perché tra i fab five ai 96mi Oscar compare il candidato tricolore Io Capitano di Matteo Garrone, a due anni dalla nomination ricevuta da Paolo Sorrentino per È stata la mano di Dio. Di fatto si tratta di una delle migliori selezioni del Best International Feature (denominazione che dal 2020 ha sostituito il Best Film in a Foreign Language, ovvero in lingua straniera) con opere di alto livello, in taluni casi eccezionale.
Il nostro Garrone non vi sfigura, anzi, a dimostrazione di un apprezzamento internazionale (già sperimentato con il premio alla regia ricevuto alla Mostra veneziana) per lo sguardo del regista romano sulla tragedia dei giovani migranti africani che, mentre trascende i cliché, trasferisce sul piano immaginifico il punto di vista dei ragazzi protagonisti elevandolo in epica.
Con tutto il Belpaese dalla sua, purtroppo Garrone difficilmente riuscirà a scalzare il superfavorito di quest’annata, ovvero La zona d’interesse (The Zone of Interest) del britannico Jonathan Glazer, che accanto alla nomination in questa categoria ne vanta altre quattro (miglior film, regia, sceneggiatura adattata e suono). Il film già trionfatore in diversi premi della Award Season nonché del Gran Prix a Cannes si ispira – solo come contesto – all’omonimo romanzo del compianto Martin Amis, e si propone quale una delle più potenti, esemplari e devastanti riletture filmiche dell’Olocausto, ponendo il lager di Auschwitz in un fuori-campo sonoro “oltre il giardino” capace di sconvolgere ogni coscienza. Il paradiso floreale e apparentemente sordo del comandante del KL Höss e della sua famiglia agisce come contrasto sulla tragedia mortifera separata da un muro di cinta: si intravede l’iconica torre del campo di sterminio, ma sono soprattutto i rumori di spari, urla e cani inferociti a riempire di senso questo dramma disturbante.
Dialogato in lingua tedesca da attori superlativi come i nativi Christian Friedel e Sandra Hüller (che vanta anche una candidatura personale per il film vincitore della Palma d’oro Anatomia di una caduta di Justine Triet, inspiegabilmente non indicato dalla Francia come proprio portabandiera che avrebbe certamente trovato la propria collocazione in questa cinquina…) contribuisce a portare curiosamente la Germania – o per meglio dire l’ “elemento tedesco” – quale caratterizzante questa edizione dei Best International Feature. Infatti non solo la Germania è presente con il proprio bellissimo psycho-school drama La sala professori (Das Lehrerzimmer) di Ilker Çatak, ma lo è anche con la nazionalità di una delle sue più eminenti personalità cinematografiche, Wim Wenders, che concorre curiosamente per il Giappone – perché grazie a un testo in lingua giapponese – con Perfect Days, amatissimo poema in cinema dal minimalismo perfetto visto a Venezia 2024. A ciò si aggiunge che la Germania vinse l’Oscar straniero lo scorso anno per il war movie Niente di nuovo sul fronte occidentale di Edward Berger.
Se dunque sul versante di miglior film e regia si potrebbe parlare di una egemonia britannica (Glazer seppur in tedesco, Nolan seppur in USA e il greco Lanthimos in versione e produzione “londinese”..), in quello internazionale si potrebbe osare un Deutschland über alle. Fanalino di coda, anche qualitativamente e con risicate chance di vittoria, è La Società della neve (La Sociedad de la nieve) a rappresentare la Spagna per mano del catalano Juan Antonio Bayona che senza retorica ricostruisce la vicenda dei sopravvissuti alla nota tragedia aerea uruguaiana avvenuta sulle Ande nel 1972.