Saranno gli indecisi e il voto femminile a stabilire chi vincerà le elezioni in Portogallo per il rinnovo del Parlamento? Secondo i dati dell’ultimo sondaggio, illustrato dal quotidiano O Pùblico, lo scenario nell’ultima settimana si è ulteriormente ingarbugliato. L’Alleanza Democratica di centrodestra, rappresentata dal presidente dei socialdemocratici Luìs Montenegro, ha sei punti di vantaggio nell’ultimo rilevamento. I socialisti, al governo dal 2015, stanno pagando l’uscita dalla scena di Antonio Costa – anche se da lui si attende sempre un colpo a sorpresa – e le difficoltà mostrate da Pedro Nuno Santos in campagna elettorale. Nel conteggio complessivo dei blocchi emerge però un altro panorama: socialisti, blocco di sinistra, CDU e Livre raggiungono il 41%, mentre AD e Iniziativa Liberale si fermano al 40%. L’atmosfera che si respira in questi giorni in Portogallo conferma numeri e previsioni: da un lato Montenegro in questi mesi ha guadagnato consensi, mentre Pedro Nuno Santos è apparso fumoso e non convincente, ma il Paese sta vivendo queste elezioni con un certo disincanto e gli indecisi potrebbero orientare il destino della nazione lusitana nel cinquantenario della Rivoluzione dei Garofani e del passaggio, storico, alla democrazia.
La data dell’8 marzo, nell’imminenza del voto, ha riportato all’attenzione la questione femminile in un Portogallo in cui, fino al 1974, dominava il patriarcato nelle sue forme più retrograde. Fino a 50 anni fa, una donna doveva ricevere l’autorizzazione del marito per lavorare e viaggiare. Lo stesso marito si arrogava il diritto di aprire la posta della moglie. Dal 1974 a oggi la situazione è cambiata, ma le donne pagano ancora una evidente discriminazione, certificata dai salari inferiori, dalla difficoltà a raggiungere posizioni di vertice e dai numeri della violenza domestica. Anche in politica si assiste alla disparità a favore degli uomini, ma il vero personaggio emerso in campagna elettorale è proprio una donna: Mariana Mortàgua, coordinatrice del Bloco de Esquerda. Ha bucato lo schermo televisivo, ha gestito benissimo le apparizioni pubbliche e ha affrontato temi importanti, quelli che mettono a nudo i problemi più delicati e scomodi della politica. Il voto femminile guarda soprattutto a lei.
In questo scenario, ha colpito la strategia di André Ventura, presidente di Chega, leader di un partito populista di estrema destra fondato appena cinque anni fa, il 9 aprile 2019. Il Portogallo era riuscito fino ad allora a essere immune da fenomeni come “salvinismo” e “lepenismo”. È stato l’ultimo dei Paesi mediterranei a essere contagiato dopo l’apparizione, nel 2013, degli spagnoli di Vox, dal quale qualcosa Chega ha assorbito. Il partito è fondato sull’identificazione nel suo leader. Ventura ha 41 anni, è nato a Lisbona, si è laureato in giurisprudenza nella capitale portoghese e ha ottenuto un dottorato in diritto presso lo University College di Cork, in Irlanda. Dai 30 anni in poi, dopo essere entrato in politica nel 2001 con i socialdemocratici appena diciottenne, si è lanciato in varie attività: insegnante universitario, giornalista sportivo per l’emittente CMTV, ispettore non retribuito dell’agenzia delle entrate. La fine della sua parentesi da commentatore di sport è avvenuta nel maggio 2020, quando, in piena pandemia, il calciatore Ricardo Quaresma, ex Inter nel biennio 2008-2010, definì “populismo razzista” la proposta di Ventura di fare un confinamento specifico per la comunità rom.
Critico nei confronti del salazarismo, il leader di Chega ha però adottato il motto del dittatore (“Dio, patria e famiglia”) aggiungendo una quarta parola: “Lavoro”. Ha difeso il movimento All Lives Matter, in contrapposizione al Black Lives Matter. Ha criticato il governo portoghese in occasione del secondo lockdown, nel dicembre 2020. È stato multato per discriminazione e condannato per segregazione razziale. Il 9 e 10 ottobre 2021, in occasione dell’evento Viva 21 organizzato da Vox, incontrò a Madrid Santiago Abascal e Giorgia Meloni: in quell’occasione i tre leader concordarono sull’importanza delle frontiere sicure, il rispetto della sovranità nazionale e la difesa dei valori della famiglia. Ventura dichiarò: “Portogallo, Spagna, Italia e Grecia hanno deciso di rafforzare i loro legami perché esiste una minaccia reale per le nostre società”. Ventura è riuscito anche a mettersi di traverso, nel 2022, alle commemorazioni del 25 aprile: “Nel 1975 il Portogallo era al 23esimo posto dell’indice di sviluppo umano, ora siamo al quarantunesimo”.
La critica più sferzante a Ventura è arrivata dal giornalista Joao Miguel Tavares il 5 marzo: “Chega non è mai stato un progetto ideologico, ma un progetto di potere personale. Ventura ha fondato un partito di destra radicale semplicemente perché questa era la nicchia di mercato disponibile per ascendere al successo e al potere. Ha cercato in diversi modi di fare il grande salto nella vita, la politica con i socialdemocratici, commentatore di casi di giustizia, scrittore, giornalista sportivo e autore del libro Cinquanta ragioni per passare dallo Sporting al Benfica. Alla fine, è approdato a Chega, il suo partito. Tutti sappiamo che Chega crescerà nelle elezioni di domenica, ma superato lo choc di uomo che parla in modo volgare e dice sciocchezze, che cosa ha da offrire Ventura realmente al Paese? La netta maggioranza dei portoghesi non lo sa e penso che anche lui non lo sappia”.