Il terzo posto della Ferrari in Arabia deve essere accolto in maniera positiva dalla scuderia di Maranello. Col solito rammarico che oramai dura dalla seconda metà del Mondiale 2022, quando dal GP di Spa la Red Bull è diventata un lontano miraggio per la Ferrari. Il pilota c’è, Charles Leclerc, ma manca una vettura che non riesce a tenere il ritmo della rivale di Milton Keynes, nata nel team ancora afflitto dalle polemiche per lo scandalo Sexgate e le liti interne tra Christian Horner, Jos Verstappen e Helmut Marko. Il problema ai freni in Bahrain non si è visto nella SF-24 del monegasco della Rossa, il degrado delle gomme è stato risolto come visto a Sakhir (allontanando così il vero punto debole dello scorso anno), ma è mancata la velocità sul dritto, su una pista dove il motore conta eccome, e nelle curve medio-veloci.
Leclerc ha fatto il massimo, con la Red Bull ora è impossibile lottare.
La scelta di Maranello di optare su un’ala posteriore piuttosto scarica per Jeddah sembra essersi rivelata non corretta. Gli ingegneri del Cavallino hanno dovuto così impostare un assetto più carico alle monoposto di Leclerc, che ne ha pagato in gara pur non mostrando i problemi di sovrasterzo patiti nelle qualifiche di venerdì. Sarebbe comunque cambiato poco contro due Red Bull così strepitose e ancora troppo potenti dopo l’ennesima trovata di Adrian Newey in inverno: le pance più strette e le feritoie orizzontali.
Per questo il terzo posto di Leclerc deve essere accolto comunque bene: fatta eccezione per le due partenze lente — al via e dopo la safety car entrata per il botto a muro di Stroll — il monegasco ha saputo difendere il terzo posto dall’attacco della McLaren che già alla vigilia era data come competitiva per il GP. Prendendosi persino il punto del giro veloce nell’ultima tornata, in un super 1’31”632.
Se a Leclerc vanno fatti gli applausi, con la speranza (vana) che gli sviluppi possano avvicinare la Ferrari in stagione alla Red Bull (se ne riparlerà probabilmente per il 2026 con il cambio di regolamento dei motori), stesso discorso vale per Ollie Bearman. Chiamato all’improvviso venerdì per sostituire Carlos Sainz, a soli 18 anni è stato bravissimo a capire le potenzialità della macchina solo con le terze prove libere a disposizione e a prendersi un settimo posto resistendo nel finale al ritorno di Norris. Il pilota di Formula 2 lo ha fatto con un ritmo da 1’32” basso, il collo a pezzi e le hard più consumate rispetto alle soft montate poco prima dall’inglese. Se fosse arrivato in qualifica nel Q3, sfuggito per soli 33 millesimi di distanza da Hamilton, sarebbe stato un weekend da incorniciare. È lui il meritatissimo Driver of the day le cui lacrime a fine gara devono commuovere tutti gli amanti della Ferrari. Non c’è dunque solo il talentino di casa Mercedes, Andrea Kimi Antonelli.
Tolto l’ennesimo successo di Verstappen, rimasto fino alle 4 di notte prima della gara su Twitch con i tifosi, e di un Sergio Pérez costretto a prendersi le briciole lasciate dall’olandese, delle altre l’Aston Martin ha confermato di essere indietro rispetto a Ferrari, Mercedes e McLaren. Solo grazie alla classe di Alonso è potuta arrivare una quinta posizione. Russell (6°) ha chiuso ancora davanti a Hamilton (9°) con la testa oramai alla Ferrari. La top 10 è stata chiusa da Hulkenberg e la sua Haas, non migliorata rispetto al finale dello scorso anno. Segno così che l’addio di Gunther Steiner per lasciare il posto da team principal ad Ayao Komatsu non ha portato finora i suoi frutti.