“Dico una cosa per cui potrei essere attaccato, ma secondo me questa vicenda è una tempesta in un bicchiere d’acqua. Sicuramente gli accessi abusivi alle banche dati di cui dispongono le forze di polizia sono un fenomeno gravissimo e andrebbero regolamentati prevedendo dei controlli sulle ragioni degli accessi, ma non credo che in questa vicenda ci siano tutte queste ombre nere che quasi tutti stanno vedendo”. Sono le parole pronunciate ai microfoni della trasmissione L’Italia s’è desta (Radio24) da Alfonso Sabella, giudice del Tribunale di Roma, sugli accessi abusivi al sistema di Segnalazione di operazioni sospette, che sono oggetto di inchiesta della procura di Perugia e che vede indagati il finanziere Pasquale Striano e il magistrato Antonio Laudati.

Sabella osserva: “Dicono che la statistica sia quella scienza per cui se hai la testa nel frigorifero e il sedere nel forno mediamente stai bene. Però certe volte i numeri sono importanti: Striano ha consultato 4mila voci Sos (Segnalazioni di operazioni sospette, ndr) in 1423 giorni di servizio, cioè ha fatto 4 accessi al giorno. Quindi, Striano faceva il suo lavoro e quei numeri non dimostrano assolutamente nulla. Bisognerà invece capire se e come erano realmente abusivi questi accessi, ma la mia cancelleria fa molti più accessi di Striano”.

E aggiunge: “La stragrande maggioranza delle banche dati consultate da Striano non è della Dna, ma delle forze di polizia, cioè lo Sdi. Ci sono anche le banche dati dell’Agenzia delle Entrate, come Serpico. Alle Sos Striano poteva accedere molto più facilmente tramite il Sistema Siva, la banca dati della Guardia di Finanza, dove arrivano tutte le operazioni sospette, non solo quelle che vengono comunicate alla Procura nazionale antimafia. Sul fatto che poi ci sia sotto – sottolinea – la rivelazione del segreto d’ufficio ai giornalisti, dico che di questo sono piene le nostre cronache giudiziarie. Che l’abuso sia un fenomeno da contrastare efficacemente mi pare fin troppo evidente, ma il problema è che il segnale che si sta dando va in tutt’altra direzione”.

Il magistrato spiega: “Nel momento in cui andiamo a legittimare l’abuso d’ufficio, il pubblico ufficiale si trova in una posizione in cui può fare quello che vuole, e lo fa non per fini pubblici ma per fini privati. Ora, secondo il governo e il Parlamento, questa condotta non è più reato, ma è lecita. Quindi, da un lato si dice che l’abuso d’ufficio è lecito, dall’altro lato si grida allo scandalo, scomodando addirittura i servizi segreti. Ora, con tutto il rispetto per il tenente Striano – continua – non credo che i servizi segreti avessero bisogno di lui per avere informazioni. In realtà, molti di questi dati sono legittimamente acquisibili per altre vie regolari. Quindi, sinceramente tutto questo pandemonio che si è creato sulla vicenda non lo capisco. Quello che è emerso finora è la rivelazione di alcuni segreti ai giornalisti. Ed è indubbiamente gravissimo”.

Sabella poi si pronuncia sulla proposta di una commissione d’inchiesta del ministro della Giustizia: “Quella richiesta di Nordio mi ha dato molto fastidio, ma non tanto per la proposta in sé, ma per il fatto che provenga dal ministro della Giustizia che ha tutti poteri ispettivi del caso sulla Dna. In più, c’è la magistratura che sta indagando: con quella richiesta, peraltro nella fase iniziale delle indagini, Nordio dimostra di non avere fiducia nei confronti della magistratura. Io spero – conclude – che questa storia si sgonfi in fretta, che si tranquillizzi il paese e che tutto questo allarmismo finisca. Ovviamente non possiamo che avere fiducia nei pm che stanno indagando per cercare di capire cosa sia realmente successo. In ogni caso, io, prima di creare tutto questo allarmismo, ci avrei pensato 2, 3, 4mila volte“.

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