Millennials e Generazione Z uniti in un’unica voce. Differenze di pensiero e stile di vita? Non al concerto dei Club Dogo. La prima delle dieci storiche date al Forum d’Assago si è da poco conclusa. Nessun quarto d’ora accademico ha fatto tardare il tanto atteso inizio dello show. C’è chi mangia un panino e beve una birra. I telefoni in mano sono pochi, come si respirasse aria d’altri tempi. Poi luci spente, l’urlo della folla e l’entrata in grande stile. Che lo show abbia inizio.
Cappelli, collanine e microfoni in mano. Basta poco per far felici migliaia di persone. L’ingresso sul palco è di quelli scenografici: cortometraggio sample dello storico pezzo “M-I Bastard” e al via il ‘matrimonio’ tra musica e cinema. I protagonisti sono loro: Gue’, Jake La Furia e Don Joe ed è subito primi anni duemila. I tre ‘ragazzini’ hanno fatto nuovamente da scuola. Primi ed ultimi album rappati e ospiti d’eccellenza come Elodie, Giuliano Palma, Vincenzo da Via Anfossi e J-Ax con quest’ultimo che, a detta di Jake “se non ci fosse stato non ci sarebbero stati i Club Dogo“. Perché sono questi i Dogo, dei “signori perché una volta esplosi loro hanno fatto esplodere tutti quelli che c’erano intorno a loro. Andavamo in 20 in giro a fare le date”, aveva raccontato Emi Lo Zio ad Esse Magazine. Dal Rolling Stones, il “primo concerto pieno di gente. Cartello con scritto ‘sold out’… noi siamo saliti sul palco coi booster e le catene e li si è capito che i Club Dogo stavano per prendere il volo”, fino alla decade di esibizioni rigorosamente meneghine.
Un successo, un amore dato e ricevuto non scontato dopo anni. Tutto però è stato spontaneo come l’incontro tra due amici che, pur non vedendosi da anni, in pochi istanti ritrovano il feeling sempre avuto. Era il 2014 e dopo l’uscita di “Non siamo più quelli di ‘Mi fist’” il collettivo ha deciso d’intraprendere strade differenti. Le carriere da solisti si confermano dei grandi successi. Tutti felici, fan compresi che però a volte si chiedono, tra una chiacchiera e l’altra: “E ma se ci fossero ancora i Dogo…”. Poi silenzio. Quasi fossero discorsi sacri. E proprio quando le speranze di un ritorno in grande stile stavano definitivamente tramontando, ecco l’annuncio: Club Dogo-2024, ‘the show must go on’, canterebbero i Queen.
Il bello dei concerti, delle aggregazioni, è quello di stare a contatto con la gente. Mi avvicino a due ragazzi seduti dalle 20, in religioso silenzio e ci mettiamo a parlare dei Dogo. “Per me i Club Dogo sono una parte d’infanzia, i primi artisti che mi ha fatto sentire mio padre. Sono anche le prime emozioni che ho provato e mi legano alla mia famiglia. Rappresentano la storia di 3 ragazzi che sono ‘scappati di casa’ e ce l’hanno fatta, arrivando alla vetta. E tutt’ora (alla prima data, ndr) è pieno di ragazzoni che sono diventati grandi che li ricordano, e di ragazzini che si sono affacciati ora alla loro musica. Sono stati i genitori del movimento culturale che c’è adesso e le generazioni di oggi magari si ispirano anche senza saperlo“, mi ha detto il primo dei due, entrambi ventenni.
“Quando abbiamo appreso che si sarebbero riuniti mi sono emozionato molto. All’inizio non si sapeva se potessero fare un concerto o un disco. Abbiamo sempre sperato uscisse un album, ma non ci credevamo più. Prima eravamo troppo piccoli per vivere il movimento dei Dogo appieno. Ora provo tantissima felicità per l’hip hop, per la sua storia che c’è in Italia. Ed è l’ennesima dimostrazione che i Club Dogo ci sono sempre: c’erano e ci sono ancora“, hanno rivelato i due giovani che hanno rappresentato lo specchio delle migliaia di fan. Abbracci, sorrisi ed euforia. Perché sì, ha proprio ragione Guè: “Viva Milano, viva l’hip hop“. Giù il sipario.