E’ una convergenza di vedute a distanza quella consumatosi fra Bucarest e Torino, che inizia col manifesto elettorale dal Partito Popolare Europeo (Ppe). Quest’ultimo ha di recente tenuto nella capitale romena il suo congresso di avvicinamento alle elezioni europee di giugno, dove si è parlato pure dello stop alla vendita di nuove auto benzina e diesel nel 2035, imposto dall’attuale maggioranza del Parlamento (di cui fa parte il medesimo Ppe).
Nei mesi precedenti Manfred Weber, presidente del Ppe, aveva dichiarato: “Se il mio gruppo riuscirà a ottenere la maggioranza, annulleremo il divieto di vendere auto a combustione dal 2035”. Posizione che sul manifesto di partito diventa più mite: “Le nuove tecnologie hanno il potenziale per rivoluzionare il modo in cui ci muoviamo, rendendo la nostra mobilità più intelligente, efficiente e sostenibile. Abbiamo bisogno di più tecnologia, non di divieti”. Più concretamente, “il Ppe sostiene un approccio tecnologicamente neutrale per lo sviluppo di combustibili alternativi, di tecnologie legate all’idrogeno e nuovi motori per veicoli, aerei e navi. Supportiamo i nuovi combustibili liquidi sostenibili poiché possono essere utilizzati nelle attuali infrastrutture di rifornimento e nelle catene di approvvigionamento”.
Una sorta di revisione del Green Deal europeo, che si fa meno estremo e più attento alla necessità di sostenere l’industria EU durante la transizione verde. L’obiettivo rimane ridurre le emissioni serra del 55% nel 2030 e raggiungere la neutralità climatica nel 2050, ma senza lo spauracchio della deindustrializzazione. “Dobbiamo fare in modo che la politica climatica vada di pari passo con la nostra economia e la nostra società”, spiega il Ppe: “Sappiamo che senza la protezione del clima la nostra economia non può restano competitiva nel lungo termine; ma sappiano anche che, senza un’economia competitiva, non può esistere una protezione sostenibile del clima”. In questo senso “le migliori soluzioni” saranno raggiunte solo utilizzando “tutte le possibilità tecnologiche senza alcun pregiudizio o ideologia. L’UE può anche fissare obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra, ma deve lasciare spazio agli attori privati, locali e industriali per trovare soluzioni tecnologiche adeguate”. In altri termini, “sono gli ingegneri, non i politici, che dovrebbero decidere insieme al mercato la miglior tecnologia per raggiungere la neutralità carbonica”.
Ingegneri che sembrano aver risposto in coro dal Politecnico di Torino, dove si è svolto il convegno “Vetture elettriche, combustibili alternativi e mix energetico: la loro evoluzione”, organizzato da CAReGIVER in collaborazione con l’ateneo piemontese. In questo periodo di transizione, “delicato ma ricco di opportunità, il settore automotive deve portare a termine l’innovazione necessaria per raggiungere gli obiettivi globali di sostenibilità”, ha detto il Rettore del Politecnico, Guido Saracco.
“Temo che l’Europa, con il suo pensiero unico nei confronti dell’auto elettrica, stia andando contro l’iceberg come il Titanic”, ha sottolineato Renzo Porro, fondatore di CAReGIVER: “Occorre aumentare il numero delle vetture più piccole in circolazione per ridurre gli sprechi, difendere l’industria europea dell’auto dalla concorrenza cinese, spingere verso la diffusione di combustibili alternativi per i motori attuali, l’utilizzo dell’idrogeno e il ritorno al nucleare oltre all’utilizzo delle sorgenti rinnovabili perché queste sono meno facilmente utilizzabili di quanto non si creda”.
Una partita di cui dovrebbe far parte pure l’idrogeno, da usare come carburante a impatto zero e non solo come vettore energetico per la produzione di elettricità, come avviene sulle vetture fuel cell. “Defossilizzare i trasporti richiede l’impiego di tutte le soluzioni disponibili”, sostiene David Chiaramonti, docente del Dipartimento di Energia del Politecnico di Torino: “I biocombustibili e gli e-fuel avranno una parte importante di un futuro mix nel prossimo decennio e i mercati dell’energia possono offrire opportunità per la transizione all’agricoltura rigenerativa”. La discussione sulle politiche europee in tema di mobilità sembra quanto mai aperta.