Sotto la pioggia che sta flagellando in particolare il Nord da diverse settimane, il Portogallo si è risvegliato con un Paese che, nel cinquantennale della Rivoluzione dei Garofani, ha virato decisamente verso destra, con un sostanziale pareggio in termini di voti tra i due maggiori partiti (PDS e PS) e, soprattutto, con il trionfo dei populisti di Chega. E qui siamo all’imbuto finale: il leader dell’alleanza democratica di centrodestra, Luìs Montenegro, non vuole stringere alleanze con Chega. Uno scenario di totale paralisi. La palla passa ora al presidente della Repubblica, Marcelo Rebelo de Sousa. Toccherà a lui trovare una soluzione a un problema che appare decisamente intricato: la governabilità.
Il populismo alla fine è arrivato anche in questa nazione all’estremità occidentale dell’Europa ed è difficile capirne le ragioni. Il Portogallo non ha i problemi di immigrazione clandestina che hanno lacerato l’Italia. Non ha neppure un marcato squilibrio Nord-Sud e spauracchi secessionisti come quelli della Lega ante-litteram. Il trionfo di Chega, passato dal 7,57% al 18,05%, va letto nella sconfitta dei socialisti, crollati dal 41,68% al 28,66% in appena due anni e in un problema: la corruzione. Il partito di André Ventura, ora terza forza portoghese, ha attinto da questo bacino di delusi e “arrabbiati”. L’ascesa dei populisti, primo partito in Algarve, è stata alimentata dagli errori commessi dai socialisti e dal loro leader carismatico Antònio Costa negli ultimi due anni di governo, una lunga esperienza iniziata nel 2015 e crollata il 7 novembre 2023 sotto il peso di un’inchiesta per un caso di corruzione che aveva riguardato inizialmente lo stesso premier, poi scagionato per un’incredibile vicenda di omonimia.
I socialisti hanno pagato la gestione della vicenda TAP, la compagnia di bandiera portoghese, in una storia molto simile a quella che ha riguardato Alitalia. La difesa cieca da parte di Costa dell’operato del ministro delle Infrastrutture, Joao Galamba, ha scosso l’immaginario dei portoghesi. Il fiume di denaro sprecato nel pasticcio TAP ha presentato il conto in queste elezioni e basta fare due conti per capire che quello che hanno perso i socialisti è stato incassato da Chega: il 13,02% lasciato per strada da Pedro Nuno Santos, erede di Antònio Costa, è passato ai populisti, protagonisti di un +10,56% rispetto al 2022. Il partito socialdemocratico ha tenuto infatti sostanzialmente le posizioni.
Chega, con tutto il suo armamentario di destra xenofoba, è l’ago della bilancia del nuovo Portogallo. Il leader, l’ex giornalista sportivo, André Ventura ha subito messo le mani avanti: “L’alleanza democratica deve unirsi a noi per fare quello che reclama il Paese, un governo di destra. Basta con la sinistra”. I socialisti hanno ammesso la sconfitta e si preparano a fare opposizione: “Non siamo disponibili a eventuali governi di coalizione – le parole di Pedro Nuno Santos – Non saremo la stampella del governo. Non approveremo mozioni di fiducia”. Una posizione, questa, che stracciando la possibilità di un governissimo PDS-PS rende l’alleanza di Montenegro con Chega l’unica strada da percorrere. Ma qui, almeno a caldo, c’è l’impasse: Montenegro rifiuta un accordo con i populisti. Il leader del centrodestra ha scelto in questo momento di essere ecumenico, richiamando gli altri partiti al senso di responsabilità: “Bisogna pensare al Paese, offrire condizioni di governabilità e stabilità”.
Si torna quindi alla casella di partenza. Una matassa ingarbugliata, nelle mani del presidente Rebelo de Sousa. In teoria, la soluzione potrebbe essere quella di un esecutivo di minoranza con un appoggio esterno, come accadde in Portogallo nel 1985 con i socialisti sostenuti dal Partito di Rinnovamento Democratico. L’esperienza durò appena due anni: nel 1987 si tornò al voto. Uno scenario, quello di nuove elezioni in tempi brevi, che appare remoto, che nessuno vuole, ma non è da scartare se dovesse fallire la mediazione di Rebelo de Sousa.
Mondo
Elezioni Portogallo, exploit dei populisti di Chega: ora sono la terza forza, ma così è impasse sulla formazione del governo
Sotto la pioggia che sta flagellando in particolare il Nord da diverse settimane, il Portogallo si è risvegliato con un Paese che, nel cinquantennale della Rivoluzione dei Garofani, ha virato decisamente verso destra, con un sostanziale pareggio in termini di voti tra i due maggiori partiti (PDS e PS) e, soprattutto, con il trionfo dei populisti di Chega. E qui siamo all’imbuto finale: il leader dell’alleanza democratica di centrodestra, Luìs Montenegro, non vuole stringere alleanze con Chega. Uno scenario di totale paralisi. La palla passa ora al presidente della Repubblica, Marcelo Rebelo de Sousa. Toccherà a lui trovare una soluzione a un problema che appare decisamente intricato: la governabilità.
Il populismo alla fine è arrivato anche in questa nazione all’estremità occidentale dell’Europa ed è difficile capirne le ragioni. Il Portogallo non ha i problemi di immigrazione clandestina che hanno lacerato l’Italia. Non ha neppure un marcato squilibrio Nord-Sud e spauracchi secessionisti come quelli della Lega ante-litteram. Il trionfo di Chega, passato dal 7,57% al 18,05%, va letto nella sconfitta dei socialisti, crollati dal 41,68% al 28,66% in appena due anni e in un problema: la corruzione. Il partito di André Ventura, ora terza forza portoghese, ha attinto da questo bacino di delusi e “arrabbiati”. L’ascesa dei populisti, primo partito in Algarve, è stata alimentata dagli errori commessi dai socialisti e dal loro leader carismatico Antònio Costa negli ultimi due anni di governo, una lunga esperienza iniziata nel 2015 e crollata il 7 novembre 2023 sotto il peso di un’inchiesta per un caso di corruzione che aveva riguardato inizialmente lo stesso premier, poi scagionato per un’incredibile vicenda di omonimia.
I socialisti hanno pagato la gestione della vicenda TAP, la compagnia di bandiera portoghese, in una storia molto simile a quella che ha riguardato Alitalia. La difesa cieca da parte di Costa dell’operato del ministro delle Infrastrutture, Joao Galamba, ha scosso l’immaginario dei portoghesi. Il fiume di denaro sprecato nel pasticcio TAP ha presentato il conto in queste elezioni e basta fare due conti per capire che quello che hanno perso i socialisti è stato incassato da Chega: il 13,02% lasciato per strada da Pedro Nuno Santos, erede di Antònio Costa, è passato ai populisti, protagonisti di un +10,56% rispetto al 2022. Il partito socialdemocratico ha tenuto infatti sostanzialmente le posizioni.
Chega, con tutto il suo armamentario di destra xenofoba, è l’ago della bilancia del nuovo Portogallo. Il leader, l’ex giornalista sportivo, André Ventura ha subito messo le mani avanti: “L’alleanza democratica deve unirsi a noi per fare quello che reclama il Paese, un governo di destra. Basta con la sinistra”. I socialisti hanno ammesso la sconfitta e si preparano a fare opposizione: “Non siamo disponibili a eventuali governi di coalizione – le parole di Pedro Nuno Santos – Non saremo la stampella del governo. Non approveremo mozioni di fiducia”. Una posizione, questa, che stracciando la possibilità di un governissimo PDS-PS rende l’alleanza di Montenegro con Chega l’unica strada da percorrere. Ma qui, almeno a caldo, c’è l’impasse: Montenegro rifiuta un accordo con i populisti. Il leader del centrodestra ha scelto in questo momento di essere ecumenico, richiamando gli altri partiti al senso di responsabilità: “Bisogna pensare al Paese, offrire condizioni di governabilità e stabilità”.
Si torna quindi alla casella di partenza. Una matassa ingarbugliata, nelle mani del presidente Rebelo de Sousa. In teoria, la soluzione potrebbe essere quella di un esecutivo di minoranza con un appoggio esterno, come accadde in Portogallo nel 1985 con i socialisti sostenuti dal Partito di Rinnovamento Democratico. L’esperienza durò appena due anni: nel 1987 si tornò al voto. Uno scenario, quello di nuove elezioni in tempi brevi, che appare remoto, che nessuno vuole, ma non è da scartare se dovesse fallire la mediazione di Rebelo de Sousa.
Articolo Precedente
Il Niger tra colpi di Stato e speranze: troppe volte le promesse dei rivoluzionari sono state miraggi
Articolo Successivo
‘Bandiera bianca’ dall’Ucraina: ora tocca al Papa riportare il discorso su binari comprensibili
Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione
Politica
La Camera respinge la sfiducia a Santanchè: “Sulle dimissioni rifletterò”. Conte: “Siete responsabili di un disastro morale”. Schlein: “Meloni ancora in fuga”
Economia & Lobby
A Milano indagine per evasione fiscale su Twitter-X. Mancati pagamenti Iva per 12,5 milioni
Cronaca
Francesco, condizioni critiche ma stazionarie: “Nuova tac di controllo”. Ha visto il cardinale Parolin. Buenos Aires in ansia per il ‘suo’ Papa
(Adnkronos) - L'indagine su Twitter International Uk vede due indagati - si tratta di due ex amministratori (un irlandese e un indiano) - che si sono succeduti negli ultimi anni alla guida del social poi rilevato da Elon Musk a fine 2022. L'indagine nasce da un controllo fiscale della Gdf, concluso ad aprile 2024, proprio sulla piattaforma americana, che oggi si chiama 'X', sulla scia delle stesse verifiche fatte su Meta. Il fascicolo è affidato dal pm Giovanni Polizzi, già protagonista di altre indagini sui colossi del web.
Il punto centrale del fascicolo affidato a Polizzi, lo stesso che si è occupato dell'inchiesta su Meta, è l'idea che debbano essere tassate come transazioni commerciali le iscrizioni gratuite alle piattaforme online in cambio della cessione dei propri dati personali, che hanno un valore economico, visto che consentono la profilazione degli utenti.
Solo lo scorso dicembre la procura di Milano ha notificato l'avviso di conclusione delle indagini preliminari nei confronti dei rappresentanti legali della società di diritto irlandese Meta, titolare dei social Facebook e Instagram. L'inchiesta - ancora aperta - ipotizza per il colosso l'omessa dichiarazione e mancato pagamento - tra il 2015 e il 2021 - dell'Iva per un totale di oltre 877 milioni di euro.
Washington, 25 feb. (Adnkronos) - La Casa Bianca attribuisce il grosso livido sulla mano destra di Donald Trump, che era visibile durante l'incontro di ieri con il presidente francese Emmanuel Macron, alle strette di mano del presidente americano.
"Il presidente Trump è un uomo del popolo", ha affermato la portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt, aggiungendo: "Il suo impegno è incrollabile e lo dimostra ogni singolo giorno. Il presidente Trump ha lividi sulla mano perché lavora costantemente e stringe mani tutto il giorno, tutti i giorni".
Roma, 25 feb. (Adnkronos) - Sono due i momenti della replica di Daniela Santanchè sottolineati dalle opposizioni, che oggi hanno votato compatte la mozione di sfiducia alla ministra del Turismo. Il primo quello sull''intemerata' del tacco 12 e il glamour, della sinistra che odia la ricchezza. Un tentativo di 'buttarla in caciara' e uscire dal merito, grave, della vicenda, dicono le opposizioni. L'altro passaggio è meno di colore e più inquietante, sostengono, ed è quando la ministra ha detto che alla prossima udienza valuterà le dimissioni "ma lo farò da sola - ha scandito- con me stessa, senza nessuna costrizione e forzatura". Una sottolineatura che, secondo le opposizioni, è un chiaro messaggio a Giorgia Meloni. E fa crescere l'interrogativo: perché la premier Meloni si fa trattare in questo modo? E' la domanda dei parlamentari di minoranza in Transatlantico.
Giuseppe Conte intervenendo in aula nelle dichiarazioni di voto ha dato una sua versione: "Ci sono solo due plausibili spiegazioni. La prima è che lei, Santanchè, ricatta Meloni. Può darsi che all'opposizione abbiate condiviso segreti che oggi mettono in imbarazzo la presidente del Consiglio e allora comprenderemmo perché ogni giorno Meloni dice che non è ricattabile... La seconda è che Fdi dopo aver avuto come motto 'legge e ordine', oggi che siete al potere si sentite casta intoccabile. Il caso Delmastro è l'esempio di questa vostra convinzione di essere al di sopra della legge".
Anche Elly Schlein si rivolge alla premier Meloni: "Cosa le impedisce di far dimettere Santanchè? Come è possibile accettare in silenzio, dopo che Santanchè ha detto che del pressing di Fdi se ne frega, che lei e solo lei decide se dimettersi come se non esistesse una presidente del Consiglio?". E insiste: "Meloni è stata campionessa mondiale di richieste di dimissioni e oggi ha disertato quest'aula, come fa non vergognarsi della sua incoerenza, come fa a non rendersi conto di quanto sia vigliacco il suo atteggiamento di continua fuga da quest'aula e dalla realtà? Dove si è nascosta la premier? Forse sta registrando un altro video, un contributo da inviare a una convention fra motoseghe e saluti nazisti?".
Conte ribatte anche al passaggio 'tacco 12' della ministra: "Lei ha detto che odiamo la ricchezza, ma non dica baggianate, siete voi che avete fatto la guerra ai poveri, che odiate i poveri. Noi odiamo o meglio ancora contrastiamo, la disonestà". Una questione, quella dei tacchi e delle borsette, che fa sbottare Schlein: "Lei viene qui a difendere le borsette, chi difende gli italiani dalla bollette? Noi non siamo qui per fare un processo ma per porre una gigantesca questione di opportunità politica: davanti ad accuse così gravi, per non ledere le istituzioni, avrebbe dovuto dimettersi".
La segretaria del Pd si rivolge quindi alla maggioranza: "Speriamo in un sussulto della maggioranza e dei singoli parlamentari. Se oggi salvate Santanchè dimostrate che a voi interessa difendere i vostri più che difendere l'onore delle istituzioni. Questa non è difesa nazionale, è difesa tribale". Per Elisabetta Piccolotti che interviene a nome di Avs, "il problema non è la ricchezza della ministra, il problema è che quando si è ricchi e non si pagano" gli stipendi ai lavoratori e si umiliano "le persone più povere".
Anche Iv, Più Europa e Azione che non avevano sottoscritto la mozione di sfiducia, hanno comunque dichiarato il voto a favore in aula. "Noi sappiamo che la mozione di sfiducia non sarà approvata, ma chiunque si è accorto che la ministra Santanchè non è sfiduciata da coloro che hanno presentato questa mozione ma dalla sua stessa maggioranza, dalla premier Meloni", dice Davide Faraone di Iv. Per Azione Antonio D'Alessio spiega: "Le mozioni di sfiducia non ci piacciono" e "la ministra non è colpevole fino a prova contraria" ma "è il quadro complessivo che finisce con il restituirci una politica rispetto alla quale scivolano via situazioni che non consentono una azione della ministra libera di condizionamenti". Linea simile a Riccardo Magi di Più Europa: "Per noi Santanché dovrebbe dimettersi" non per le questioni giudiziarie, ma "perché ha inanellato una serie di fallimenti da ministro". Intanto in serata l'aula ha respinto la sfiducia con 206 voti.
Londra, 25 feb. (Adnkronos/Afp) - Il primo ministro britannico Keir Starmer ha confermato che ospiterà colloqui sull'Ucraina con gli alleati nel fine settimana, dopo essere tornato dall'incontro con il presidente degli Stati Uniti Donald Trump alla Casa Bianca. "Ospiterò diversi paesi questo fine settimana per continuare a discutere di come procedere insieme come alleati alla luce della situazione che ci troviamo ad affrontare", ha detto ai giornalisti.
Tel Aviv, 25 feb. (Adnkronos) - Le Idf e lo Shin Bet hanno sventato un piano terroristico che prevedeva l'uso di una bomba da 100 kg a Kabatiya, in Cisgiordania. Lo ha reso noto l'Idf, aggiungendo che nel corso dell'operazione, i soldati hanno perquisito decine di siti, arrestato 15 terroristi, localizzato armi e smantellato esplosivi.
Washington, 25 feb. (Adnkronos) - "Sono stata rapita dai terroristi di Hamas il 7 ottobre dal Nova Festival insieme al mio compagno, Avinatan Or. Siamo stati presi con la forza, separati e siamo entrati nell'inferno sulla terra". Lo ha detto l'ostaggio liberato Noa Argamani al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, aggiungendo che "non abbiamo più tempo! Sono qui oggi, il che è un miracolo, ma ci sono ancora 63 ostaggi che stanno vivendo questo incubo, senza sapere se vivranno o moriranno. Non c'è bisogno che vi racconti di Kfir e Ariel Bibas e della loro madre Shiri. Una madre e i suoi bambini che sono stati brutalmente assassinati in prigionia".
Roma, 25 feb (Adnkronos) - Ha da poco preso il via alla Camera la 'chiama' dei deputati per il voto alla mozione di sfiducia nei confronti della ministra del Turismo Daniela Santanchè.