Ambulatori a pagamento per decongestionare il pronto soccorso degli ospedali, medici pagati con un gettone presenza per sopperire alla carenza di organico delle strutture pubbliche, analisi nei laboratori privati per saltare liste d’attesa di mesi e mesi: la sanità italiana si sta trasformando in una società per azioni? Presadiretta – in onda lunedì 11 marzo alle 21.20 su Rai 3 con la puntata dal titolo “Sanità S.p.a.” – è andata negli ospedali di Lombardia e Calabria per capire se la trasformazione in atto del sistema sanitario nazionale verso la privatizzazione sia la strada giusta per assicurare il diritto alla salute dei cittadini. Nonostante il governo Meloni abbia investito 2,4 miliardi di euro per aumentare gli stipendi, non si ferma la grande fuga del personale sanitario. Tra il 2020 e il 2022 180 mila tra medici e infermieri hanno scelto di lasciare la sanità pubblica, migliaia di loro sono fuggiti in Paesi come la Francia dove guadagnano molto di più e non sono costretti a turni massacranti. A sostituirli negli ospedali sono arrivati i medici e gli infermieri a chiamata, comunemente detti gettonisti, perché lavorano, appunto, a gettone. Sono organizzati in cooperative e si spostano a seconda del bisogno, dell’offerta e delle condizioni. L’Anac, l’autorità nazionale anticorruzione, ha calcolato che in 4 anni dal 2019 al 2023 i medici e infermieri gettonisti sono costati allo Stato 1,7 miliardi di euro. La spesa più alta in Lombardia con 1400 liberi professionisti in corsia. Ma c’è chi continua a lavorare nel pubblico, che ha fatto di ospedali come il Maurizio Bufalini di Cesena un polo d’eccellenza, punto di riferimento per tutti.
Concorsi deserti, specializzazioni senza iscritti. E non solo per il Pronto Soccorso, con i suoi ritmi massacranti dove non vuole più lavorare nessuno, ma in pediatria, neurologia, radiologia, anestesia. Praticamente, tutte le discipline mediche. Dalla Campania al Piemonte, dal Lazio alla Lombardia. “E’ successo quello che nessuno aveva mai visto prima e neanche immaginato – commenta Stefano Magnone, segretario dell’Anaao Lombardia, il sindacato più rappresentativo dei medici e dei dirigenti del Servizio Sanitario Nazionale – L’ospedale oggi non è più il punto di arrivo, ma una delle tante opzioni, e questo non si era mai visto: essere assunti in una struttura pubblica è sempre stato il top, tutti cercavano di entrare in ospedale perché era garanzia di eccellenza. Ma è stata sbagliata negli anni tutta la programmazione e i risultati sono questi”. Per anni nella sanità pubblica c’è stato il blocco del turn over. I medici che andavano in pensione non potevano erano sostituiti. Poi, quando finalmente le Asl hanno ripreso a assumere, non c’era più nessuno che voleva essere assunto. Molto più vantaggioso per un medico mettersi sul mercato e fare la libera professione in reparto.
“Noi siamo in questo momento la stampella per una sanità che zoppica già da anni – si difende Domenico Bruno Pagano, anestesista rianimatore, rappresentante legale della Gapmed che fornisce il 90% degli anestesisti a gettone della Lombardia, una delle più grandi società in Italia di liberi professionisti, un fatturato di 8 milioni euro – L’idea di essere chiamati gettonisti è svilente perché siamo gli stessi medici e infermieri che nel periodo del Covid hanno aiutato le terapie intensive in difficoltà e la nostra formazione è la stessa di un dipendente pubblico. Ci sono aree interne in Lombardia, come la Valtellina, la Bassa Padana, le Valli Bergamasche, dove quasi il cento per cento dei medici in corsia è esternalizzato. Cosa vuole fare il pubblico? Chiudere gli ospedali dove non vuole andare nessuno? Vi scandalizzate per certe cifre, ma chi andrebbe a lavorare a Busto Arsizio il 25 dicembre? Chi lo farebbe?”. “Prendiamo più soldi rispetto ai medici assunti in ospedale, è vero – commenta Bruno Salerno, medico ginecologo, ex dipendente pubblico ora libero professionista – ma attenzione non è il gettonista che guadagna di più, è il medico ospedaliero che guadagna poco. Il medico gettonista, tolte le tasse, guadagna il giusto, quello che guadagna un collega in Germania, in Francia, in Olanda”. E la stessa cosa succede per gli infermieri. Prendersela con la toppa per colpa del buco non serve a niente. Non era meglio aumentare gli stipendi per tutti i dipendenti ospedalieri, abbassare la pressione e far tornare il pubblico un posto dove vale la pena lavorare?
“Sanità S.p.a.” è un racconto di Riccardo Iacona, con Francesca Nava, Antonella Bottini, Lisa Iotti, Marianna De Marzi, Fabio Colazzo, Massimiliano Torchia.