È durata meno di un’ora la tregua per le azioni Tim. In rialzo del 2% in apertura, i titoli del gruppo delle tlc sono arrivarti a perdere fino all’8% per poi ridimensionare la caduta. Domenica si è svolto un consiglio d’amministrazione straordinario del gruppo, convocato in seguito ai pesanti cali del titolo dei tre giorni precedenti (- 25%), effetto di un profondo scettiscismo del mercato sul piano presentato il 7 marzo scorso. La società ha confermato le indicazioni ma ha integrato la comunicazione con i dati sul flusso di cassa atteso, precisando la strada che prenderà il debito partendo dal pro forma del 2024 a 7,5 miliardi. Proprio il percorso di riduzione del debito era stato uno degli aspetti mal digeriti dagli analisti finanziari. E continua ad esserlo perché dai dati emerge che, mantenendo la struttura societaria attuale, il debito continua a salire. Né nel 2024, né nel 2025 è prevista ancora generazione di cassa (differenza tra entrate e uscite), che dovrebbe attestarsi invece a mezzo miliardo nel 2026. Questo perché gli interessi sul debito continuano a “mangiarsi” una bella fetta di ricavi.

A fine 2023 l’indebitamento finanziario netto rettificato era di 25,6 miliardi e di 20,3 miliardi quello “after lease” (ovvero al netto di tutti i leasing). I target del piano puntano a farlo scendere a 7,6 miliardi a fine 2024 (2 volte il rapporto debito/ebitda), perché, secondo i nuovi calcoli degli analisti, anche se a giugno la vendita di Netco porterà a una riduzione di circa 14 miliardi ci sarà “1,5 miliardi di assorbimento di cassa” tra oneri finanziari, tasse, net working capital (ovvero le risorse per le attività ordinarie o straordinarie come i prepensionamenti e per Dazn) e il pagamento dei dividendi del Brasile.

Tim, integrando il comunicato stampa e la presentazione del piano 2024-26, precisa che gli obiettivi che si è data potrebbero essere rivisti al rialzo dopo gli aggiustamenti di prezzo della cessione di Netco (quelli legati alla fusione con Open Fiber per esempio) e con la cessione di Sparkle, la società che gestisce le dorsali sottomarine in fibra ottica dal valore altamente strategico. La società, aveva ricordato il direttore finanziario Adrian Calaza, stima possano valere fino a 3 miliardi. Per dare un segnale ai mercati l’amministratore delegato di Tim Pietro Labriola, ha acquistato 500mila azioni a 0,2036 euro l’una. L’investimento è stato segnalato come ‘internal dealing’.

Intanto monta la preoccupazione dei sindacati. “Abbiamo sempre espresso forti dubbi sul progetto di separazione in Tim, unico nello scenario delle tlc. Confermiamo la nostra forte criticità. Abbiamo chiesto al Governo di aprire un confronto, ma abbiamo ascoltato solo un silenzio assordante, anche sulle strategie industriali che riguardano questa importante realtà del nostro Paese”, ha detti domenica il segretario generale della Uil, PierPaolo Bombardieri. Il giorno prima il leader della Cgil Maurizio Landini ha affermato la vicenda Tim “ci preoccupa. Lo abbiamo detto sin dall’inizio che è una scelta sbagliata la separazione e la vendita della rete. Fare lo spezzatino dell’azienda è una follia. È esattamente il contrario di quello che serve”.

Il gruppo Tim ha come primo azionista i francesi di Vivendi (23,7%). Ci sono poi Cassa depositi e prestiti (quindi il ministero dell’Economia) con il 9,8% e poi investitori istituzionali della finanza con quote minori.

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