Aurelio De Laurentiis nei suoi vent’anni da presidente di calcio ha abituato a sorprese e colpi di teatro, tuttavia passare repentinamente in pochi mesi dall’immagine di esempio di gestione e punto di riferimento vincente del calcio odierno a quella di incanutito e improbabile Gian Burrasca pare troppo. In una settimana il massimo dirigente del Napoli si è scagliato contro le tv che gestiscono il pallone, prima con Dazn in occasione di Napoli-Juventus, poi con Sky “rea” di aver intervistato Politano nella serata di ieri, vigilia di Barcellona-Napoli. Più che le ragioni dell’invettiva di De Laurentiis lasciano perplessi i modi: “Fuori dai co…ni” diceva alle telecamere di Dazn al Maradona, aggiungendo di aver chiuso con l’emittente sportiva e di “voler parlare solo con Sky e Rai”, salvo poi spingersi addirittura a portar via Politano che veniva intervistato da Sky a Barcellona, spintonando l’operatore. E se importa poco dei rapporti tra De Laurentiis e le televisioni ovviamente restano inaccettabili (e a tratti ridicoli) gli atteggiamenti del patron azzurro: dai modi beceri utilizzati con gli operatori che sono lì a lavorare alla mancanza di rispetto per gli abbonati di Sky, che pagano (anche) per ascoltare quel che ha da dire Politano prima della gara che vale una stagione.
Insomma, De Laurentiis è De Laurentiis: le fughe in motorino dalla sede della Lega magari fanno sorridere e strizzare l’occhio nei confronti di un presidente “scugnizzo” che punta a smussare anche con comportamenti sopra le righe logiche vetuste, fanno sorridere le presentazioni cafonal dei calciatori mascherati con teste di leone e vengono ormai presi con bonaria e paternalistica diffidenza i periodici annunci sull’imminente costruzione di uno stadio di proprietà. Forse però stona quella comprensione bonaria fatta di sorrisini riservata all’intemerata catalana del presidente dallo studio di Sky: bene ha fatto invece il direttore di Sky Sport Federico Ferri a condannare l’episodio in maniera incondizionata. C’è un limite e va rimarcato: al netto del carattere vulcanico del presidente del Napoli, che peraltro ha dimostrato capacità gestionale e mentalità vincente molto di più quando opera lontano da microfoni e telecamere, tanto più se quando decide di dar vita ai suoi show mediatici passa prima per l’indossare la maschera di Loki. Sarà un caso infatti, ma le basi della stagione Scudetto sono state poste nel più lungo periodo di silenzio del patron, quando trincerandosi dietro un’insolita riservatezza ha stravolto il suo Napoli dalle fondamenta, un vero e proprio “sismabonus” applicato con coraggio, toccando pilastri cui nessuno si sarebbe sognato di avvicinare per qualcosa di più incisivo di un’intonacata.
Poi sia sul piano tecnico che su quello mediatico ne ha azzeccate poche, pochissime, forse nessuna, tra casting per gli allenatori, commissariamenti e intemerate come quelle dell’ultima settimana, e se queste ultime sono parte di una strategia per spostare il tiro dalla squadra in difficoltà su se stesso, De Laurentiis può tirare subito le somme: non funziona, non più, e oltre a lui ci sono altri esempi nel calcio nostrano a dimostrarlo, basta guardare 250 chilometri più a nord di Napoli. Le battaglie, magari anche giuste, Adl le faccia lontano dalle telecamere e non contro incolpevoli operatori: ha più probabilità di vincerle.