Qualche giorno fa a sorpresa il sindaco di Milano Giuseppe Sala parlando del futuro di A2A, la multiutility di cui Palazzo Marino detiene il 25% delle azioni, l’altro 25% è in mano al Comune di Brescia e il rimanente a due fondi d’investimento, aveva detto che “più che vendere, se A2A individuasse opzioni di crescita per il bene dell’azienda stessa e del Paese, io non sarei contrario a una diluizione della nostra quota”.
Non più tardi di un mese fa la sindaca di Brescia Laura Castelletti sullo stesso argomento aveva detto: “La vendita di azioni A2A non è all’ordine del giorno, da Milano non ci è stato chiesto nessun confronto su questo tema”. Milano e Brescia nel 2023 hanno incassato dividendi per 70,8 milioni di euro a testa grazie alla “rendita” di A2A, mentre altri 140 milioni sono andati all’altro 49,9% in mano ai fondi d’investimento internazionali. Da tempo infatti in pentola bolliva non l’idea di una cessione di quote, ma di una maxi operazione nel settore elettrico con l’Enel. Cioè la cessione da parte di E-distribuzione (gruppo Enel) di circa 800.000 Pod (contatori), circa 5.000 km di cavi in media tensione, oltre 12.000 km cavi in bassa tensione, circa 9.500 cabine secondarie e 60 cabine primarie.
L’accordo è stato annunciato dalle due società sabato scorso e prevede un corrispettivo di oltre 1,2 miliardi di euro da parte di A2A per l’acquisto. La cessione riguarda il ramo di rete elettrica gestito da una società del gruppo Enel in alcuni territori della Lombardia nelle province di Milano e Brescia. Il gruppo A2A parla di una non meglio precisata “valorizzazione delle sinergie territoriali e di accelerare gli investimenti necessari alla transizione energetica.”
Si tratta, di fatto, della cessione di un asset monopolistico (contatori, cavi e centraline) da Enel ad A2A non in grado di raggiungere alcun obiettivo di economia circolare e di decabornizzazione, visto che l’energia “trasportata” sarà verosimilmente la stessa prodotta oggi da fonti fossili (inceneritore e non solo) al 70% e da fonti rinnovabili solo al 30%. Quindi anche A2A diventerà al tempo stesso produttore di energia e distributrice della stessa.
A muovere i due colossi non è stato l’obiettivo di incrementare solide politiche ambientali. Secondo gli analisti l’indebitamento di Enel è stato il driver principale di questa operazione. Dal punto di vista industriale per A2A si configura esclusivamente l’acquisizione di monopoli locali (seppur regolamentati) per la distribuzione dell’energia elettrica e del gas. Per il gruppo lombardo aumenta la sua influenza politica nel settore: questo è l’unico obiettivo che si palesa al di là delle dichiarazioni ufficiali. Resta da capire se il prezzo pagato è congruo o superiore al suo valore effettivo, intanto ieri la borsa ha bocciato l’operazione: -3% di A2A, e premiato quella di Enel: +1,75%.
Enel si è tolta da una situazione critica mentre A2A si trova in mano 800mila contatori da gestire. Ancora una volta una decisione così importante è calata sulla testa dei cittadini di Milano e di Brescia e dei rispettivi consigli comunali senza un preventivo dibattito pubblico.
Con questa cessione il disinquinamento dell’aria è lasciato in mano a player che contrastano la tassazione dei loro extra-profitti e ogni meccanismo di “price cup” capace di imporre politiche innovative e investimenti sulle energie rinnovabili piuttosto che sulla comoda rendita e sul trasporto di energia. A2A continuerà a bruciare rifiuti, altro che decarbonizzazione, per generare energia nel mega inceneritore di Brescia (800 mila tonnellate annue di rifiuti). Continuerà ad essere pagata sia per bruciarli sia per la vendita dell’energia prodotta. Da domani ci saranno anche i ricavi derivanti dal trasporto di energia. Proseguirà sulla strada dello sfruttamento delle rendite di posizione monopoliste dei servizi comunali (reti luce, gas, teleriscaldamento e acqua) senza rinunciare a sfruttare, a suon di proroghe, le concessioni idroelettriche degli imponenti impianti idroelettrici valtellinesi.