Nella battaglia tra social e media tradizionali a vincere, questa volta, sono gli editori. Dopo che il Tar aveva sospeso il regolamento con i criteri di riferimento per la ripubblicazione di notizie sui propri siti, Agcom ha fatto ricorso e il Consiglio di Stato ha dato ragione agli editori e all’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni: i giornali hanno diritto all’equo compenso per l’utilizzo delle news online. E chi pubblica i giornali, quindi, riceverà di nuovo fino al 70% di quanto guadagnano le big tech sugli articoli. Ristabilendo l’efficacia del Regolamento previsto dalla legge sul diritto d’autore.
Dopo lo stop del Tar del Lazio alla fine dello scorso anno, torna insomma in funzione il regolamento dell’Authority sulla remunerazione da riconoscere ai proprietari dei diritti degli articoli. Il regolamento Agcom, frutto del confronto con le associazioni e le rappresentanze di categoria del settore, “individua i criteri di riferimento per determinare l’equo compenso dovuto per l’utilizzo online dei contenuti editoriali e obbliga le piattaforme a mettere a disposizione i dati necessari a tale scopo”. La pronuncia del Tar aveva sospeso il regolamento, fissato dalla direttiva dell’Ue sul copyright del 2019, contro cui si era schierata proprio Meta facendo ricorso. Adesso il collegio di consiglieri chiamati a decidere ha ufficialmente decretato la vittoria dei giornali.
Fieg si è detta soddisfatta della decisione. A inizio marzo anche la Federazione italiana editori giornali si era schierata contro la sospensione del Regolamento sul compenso deciso dal Tar del Lazio su richiesta di Meta. Secondo gli editori Fieg la sospensione “avrebbe avuto come solo effetto quello di privare editori e piattaforme digitali della possibilità di avvalersi dell’apporto di un soggetto terzo competente (l’Agcom), in grado di facilitare il raggiungimento di un accordo”. “All’esito della bilanciata valutazione dei contrapposti interessi operata dal Consiglio di Stato, il Regolamento Agcom torna ad essere efficace e a svolgere la sua funzione fondamentale per il buon esito delle trattative, che da oggi potranno nuovamente svolgersi anche tenendo conto dei criteri di riferimento elaborati dall’Autorità al fine di determinare quanto dovuto agli editori per l’uso che le piattaforme fanno dei contenuti giornalistici” conclude la nota.
“La decisione del Consiglio di Stato di accogliere il ricorso dell’Agcom sull’equo compenso agli editori e agli autori per i contenuti distribuiti dalle piattaforme digitali, respingendo la richiesta di Meta di sospendere l’efficacia del Regolamento previsto dalla legge sul diritto d’autore, segna un punto a favore del sistema dell’informazione in Italia“, afferma invece Alessandra Costante, segretaria generale della Federazione nazionale della stampa. “Il sindacato dei giornalisti – prosegue – è convinto che il Regolamento stilato dall’Authority possa e debba essere uno strumento utile a generare valore per l’intera filiera. La sostenibilità del settore passa anche attraverso il riconoscimento dell’equo compenso per i contenuti giornalistici che finiscono per alimentare il business dei cosiddetti Over The Top”, conclude la segretaria Fnsi.
La diatriba si colloca in un più generale percorso di trasformazione che sta investendo Facebook in primis. Da anni il social di Zuckerberg sta cercando di investire su contenuti differenti rispetto a quelli informativi e giornalistici, e in questo solco si inserisce anche la recente eliminazione della sezione News dal sito. Per la società la decisione “fa parte di uno sforzo continuo per allineare meglio i nostri investimenti ai prodotti e ai servizi che le persone apprezzano di più. Sappiamo che le persone non vengono su Facebook per notizie e contenuti politici: vengono per connettersi con le persone e scoprire nuove opportunità, passioni e interessi. Come abbiamo già spiegato nel 2023, le notizie rappresentano meno del 3% di ciò che le persone di tutto il mondo vedono nel loro feed”. Un 3%, però, che andrà riconosciuto e proporzionalmente retribuito.