Per la procura di Genova, la Cecere ha ucciso Nada per ragioni di invidia e gelosia, “voleva sostituirla” e già 28 anni fa la donna finì nel registro degli indagati
Per 28 anni sono rimasti lontani dalle telecamere, affidandosi solo allo Stato per ottenere giustizia ma dopo il non luogo a procedere nei confronti di Annalucia Cecere, unica indagata per l’uccisione di Nada Cella, la famiglia della vittima ha rotto questo silenzio. La madre Silvana Smaniotto e Daniela, la sorella della 25enne massacrata il 6 maggio del ’96 a Chiavari, in Liguria, nello studio commercialista in cui lavorava, sono intervenute nel corso dell’ultima puntata di Quarto Grado, su Rete 4. “Sono indignato, sembra che tutto vada verso l’archiviazione, dopo il lavoro meticoloso di magistratura e inquirenti”: ha dichiarato il apertura del programma il conduttore Gianluigi Nuzzi.
“È stata un’ennesima mazzata che abbiamo preso tutti. È stato come se l’avessero uccisa di nuovo”, ha dichiarato la Smaniotto in riferimento alla sentenza di proscioglimento dalle accuse della Cecere che secondo i magistrati della Procura di Genova avrebbe ucciso Nada “per motivi di rancore e gelosia verso la vittima per via della vicinanza a Soracco”. Ma per i giudici, gli elementi raccolti non sono sufficienti per mandarla a processo. Cadute anche le accuse a Marco Soracco, il datore di lavoro di Nada e alla sua anziana madre Marisa Bacchioni. Forse, la morte di Nada Cella resterà per sempre un mistero ma la famiglia non cede: “Non mollerò mai finché sarò viva e avrò la forza”, ha dichiarato la madre. “Lui non ha detto quello che sa (riferito a Soracco, ndr). Come si sente la Cecere? Le chiederei questo in un confronto: io con mia figlia morta e lei con due figlie, come si sentirebbe al mio posto?”.
Per la procura di Genova, la Cecere ha ucciso Nada per ragioni di invidia e gelosia, “voleva sostituirla” e già 28 anni fa la donna finì nel registro degli indagati. Una clochard, ormai deceduta, la aveva quella mattina vista fuggire via da via Marsala con la mano insanguinata e ne ricostruì il volto con i carabinieri che andarono a casa sua dove trovarono cinque bottoni con una stella simili a quello repertato sulla scena del delitto. Proprio il ritrovamento di quel verbale, dopo oltre 20 anni, da parte della criminologa Antonella Delfino Pesce ha dato il via alle nuove indagini.
Durante la puntata di venerdì scorso si è parlato di una telefonata che arrivò all’epoca da parte di un uomo che diceva di aver visto scappare una persona in motorino. “Quest’uomo non deve avere paura di raccontare ciò che ha visto – l’appello della criminologa Delfino Pesce in trasmissione – chi sa parli”. C’è anche un’altra telefonata che arrivò il 9 agosto del ’96 alla mamma di Soracco da parte di una signora anonima.
“Come si chiama quella stupida lì? Cecere”, disse la donna riferendosi a colei che credeva avesse ucciso Nada. Alla madre del commercialista disse di averla vista in fuga e sporca di sangue quel giorno e ne fece il nome. La Cecere era stata già indagata ma anche archiviata e il suo nome non era stato reso pubblico ma “io venivo giù in macchina quel giorno, l’ho vista che era sporca di sangue e ha infilato tutto nel motorino. Si fasciava la mano”.
La donna disse anche di essere un’amica di Soracco. “Ho letto che è ancora inquisito, ma perché non hanno preso quella lì?”, si sente dalla registrazione della telefonata mandata in onda a Quarto Grado. Di questa interlocutrice sappiamo che era impiegata a San Giacomo e che all’epoca aveva 24 anni così come ha dichiarato ma dalla sua voce sembrava ben più in là con gli anni. Dichiarò anche che quel giorno erano in cinque in quell’auto ad averla vista. La madre del commercialista in quella stessa telefonata disse che la Cecere “Era venuta allo studio una volta e poi telefonava spesso a mio figlio che disse alla Nada di non passargliela più, era stufo di lei”. Eppure Soracco ha sempre sostenuto di aver incontrato Annalucia Cecere solo per caso.
“Noi adesso sappiamo come stanno le cose”, ha dichiarato la sorella di Nada Cella in studio e “se è vero ciò che dice questa signora, è assurdo che nessuno parli”. Daniela Cella ha rivolto un accorato appello a questa anonima interlocutrice, sperando sia ancora in vita. “Si metta in comunicazione con me, ci aiuti perché la sua testimonianza sarebbe la cosa che potrebbe far impugnare questa sentenza vergognosa. Secondo me anche Soracco e sua madre hanno mentito, sapevano più di quanto hanno detto e gli ambienti ecclesiastici hanno provveduto a fare quadrato intorno a lui e alla sua famiglia. Lo so perché conosco quell’ambiente”.