Come è facile entrare in guerra! In questi due anni sono rimasto stupito di come sia stato semplice, quasi senza alcun dibattito serio, entrare in una guerra che si preannuncia sempre più cruenta e coinvolgente. La notizia recente della proposta formulata dal presidente francese di inviare militari europei della Nato in Ucraina appare, a questo punto della situazione bellica, quasi scontata (se non vogliamo che Kiev perda). La nostra presidente del Consiglio ha stipulato un patto molto vincolante con l’Ucraina per i prossimi dieci anni. Stiamo “tranquillamente” andando verso la terza guerra mondiale contro una superpotenza dotata di 5000 testate nucleari. Anche la vicenda Houthi mi pare che venga vissuta in modo estremamente rilassato, quasi fossero notizie che riguardano lontane galassie o film di fantascienza. Si tratta invece di un conflitto vero in cui una nave da guerra italiana si reca nelle acque limitrofe allo Yemen e poi si stupisce se viene attaccata. Siamo pronti all’idea che la nostra nave possa essere colpita? E che i militari dell’equipaggio possano perdere la vita? Ritengo che l’opinione pubblica sia distante dalla consapevolezza che si tratta di una “guerra vera”.

Migliaia di film o sceneggiati pieni di bombe, uccisioni e conflitti ci hanno assuefatto. Dovremmo essere consapevoli che in questo caso non si tratta dei soliti “Rambo, Bond o Hunt” che in modo rocambolesco alla fine volgono sempre le loro avventure al meglio. In queste guerre molte persone verranno uccise e si creeranno odi nei popoli per decenni.

La retorica guerriera e la propaganda militaresca sui principali giornali italiani la fanno da padrone. I giornalisti più in voga si sono messi l’elmetto e additano come imbelli, “pancifisti” della retorica fascista, coloro che provano a parlare di pace. Mettersi nei panni dei nemici per cercare di capire le loro motivazioni è considerato collusione col nemico e una sorta di alto tradimento. Quello che però dovrebbe distinguere la democrazia rispetto alle dittature, con cui ci confrontiamo, è la capacità di accettare la complessità dei punti di vista, di accogliere il fatto che opinioni divergenti possono avere la meglio. Mettersi nei panni degli Houthi che per colpire le potenze che appoggiano i massacri a Gaza rendono difficili i transiti dei mercantili significa cedere alla prepotenza del nemico? Valutare il fatto che gli abitanti del Donbass, per gran parte contrari alla dirigenza Ucraina, significa issare bandiera bianca e calare le braghe verso la dittatura russa?

La pace necessariamente si fa col nemico trovando soluzioni che preservino le libertà dei popoli. Demonizzare il nemico, renderlo disumano nelle nostre menti, un orco come avviene nelle favole, risulta un modo per non poter mai fare la pace e pensare che ci siano solo due possibilità: la sconfitta e la vittoria. Sappiamo invece che entrambi i contendenti, indipendentemente dall’esito della guerra, subiranno danni ingenti.

Negli ultimi venti anni abbiamo demonizzato, per poi bombardarli, gli Irakeni, gli Afghani, i Siriani, i Libici (cito i principali ma forse me ne dimentico qualcuno) senza ottenere, almeno mi pare, dei grandi risultati. Anzi tutti questi popoli vivono l’Occidente come un nemico guerrafondaio. Noi ci siamo già dimenticati delle bombe sganciate su di loro distratti dallo spot pubblicitario che segue immancabilmente il telefilm ma siamo sicuri che loro ci passeranno sopra così facilmente pensando che erano “bombe giuste”? Forse è arrivato il momento di cercare degli accordi.

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