Sei cavalli neri che trainavano una carrozza antica, la banda musicale che intonava il celebre motivo di Nino Rota, indimenticabile colonna sonora del Padrino di Francis Ford Coppola. Poi all’improvviso dal cielo sono arrivati migliaia di petali di rosa. Era il 20 agosto del 2015 ed è in questo modo che l’Italia ha scoperto l’esistenza dei Casamonica. Roventi le polemiche provocate dai funerali pubblici di Vittorio Casamonica, il sedicente “re di Roma“, la cui bara fu caricata su una Rolls-Royce, come uno di quei ricevimenti funebri italo americani resi celebri da Hollywood.

Nella capitale, però, la famiglia di origine rom imperversava già da decenni, gestendo il traffico di droga e quello di soldi: prestavano contanti, subito, a strozzo. Se non facevi in tempo a ripagare gli interessi erano guai. Non capitava quasi mai che uno dei Casamonica venisse denunciato: quando succedeva, quello riusciva sempre a cavarsela con poco. È in questo modo che il clan ha coltivato una sorta di aurea di impunità difficile da scalfire. Almeno fino al 2018 quando la procura di Roma ha contestato ai Casamonica l’accusa di associazione mafiosa: per i pm sono una mafia autoctona, cresciuta grazie a decenni di sottovalutazione.

In Casamonica, edito da Solferino, Ilaria Meli racconta l’ascesa del clan cominciata negli anni ’30. Assegnista di ricerca dell’università di Milano, Meli ha cominciato da Ostia, è passata dalle curve del tifo organizzato ed è arrivata ai Casamonica. Ha studiato le carte giudiziarie e ricostruito la storia del clan che risale agli anni Trenta, soffermandosi sulle conseguenze sociali della loro presenza. Il saggio – la cui prefazione è firmata da Michele Prestipino, procuratore aggiunto di Roma – è il risultato di questa lunga inchiesta sui Casamonica. Il libro sarà presentato a Milano, alla Cascina Cuccagna di via Privata Cuccagna 2/4, domenica 17 marzo alle ore 18: sarà presente l’autrice e il giornalista Giuseppe Pipitone, capo servizio de ilfattoquotidiano.it.

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