Il Parlamento Ue ha approvato il Media Freedom Act e ora per l’Italia diventa sempre più urgente intervenire sulla riforma della Rai. La legge europea infatti, pensata per proteggere giornalisti e media dalle ingerenze politiche ed economiche, chiede un cambio radicale nella gestione delle emittenti pubbliche in nome della trasparenza. E di fatto obbliga viale Mazzini ad adeguarsi e a rottamare la legge Renzi. Per la presidente M5s della Vigilanza Rai Barbara Floridia è “il punto di non ritorno”. D’accordo anche i dem: “Non ci sono più scuse”. E il presidente del sindacato Fnsi Vittorio Di Trapani su X ha rilanciato: “Per l’Italia vuol dire riforme radicali. Urgenti”. Ma i parlamentari italiani sono stati tutt’altro che compatti e al momento del voto, il fronte della destra si è spaccato: Lega e Fratelli d’Italia si sono astenuti, mentre Forza Italia ha votato a favore. Alla fine la legge ha ottenuto 464 sì, 92 no e 65 astensioni.

Perché riguarda anche la Rai e cosa deve cambiare – Il testo tocca numerosi punti fondamentali per la libertà di stampa nell’Unione, dallo spionaggio dei media al ruolo delle piattaforme, ma l’effetto più immediato per il nostro Paese è quello che riguarda appunto la Rai. Il provvedimento infatti, prevede all’art.5 che la “governance” delle emittenti pubbliche sia scelta tramite “una procedura trasparente, aperta e non discriminatoria e sulla base di criteri trasparenti, oggettivi, non discriminatori e proporzionati stabiliti in anticipo dalla normativa nazionale”. I dirigenti quindi e i membri del consiglio di amministrazione andranno scelti per un mandato sufficientemente lungo e sulla base di procedure chiare: questi devono durare al di là del colore dei singoli governi e non essere in alcun modo dipendenti da essi. Il licenziamento prima della scadenza del contratto sarà per questo consentito solo se verranno a mancare “i requisiti professionali”. E, infine, i finanziamenti destinati ai media pubblici dovranno essere sostenibili e prevedibili e seguire procedure trasparenti e obiettive. Una richiesta che di fatto, come annunciato dal direttore generale dell’European Broadcasting Union (Ebu) in commissione di Vigilanza Rai nelle scorse settimane, rende fuorilegge la dirigenza attuale di viale Mazzini.

Ecco che allora, poco dopo il via libera, la presidente M5s della Vigilanza ha ribadito l’urgenza che l’Italia si adegui su questo fronte. “Adesso una nuova legge”, si legge in una nota, “diventa una priorità per tutto il sistema politico italiano”. E ha fatto un appello alle altre forze politiche perché possano collaborare alla scrittura delle nuove norme: “Auspico che le forze politiche siano in grado di superare staccati ideologici e interessi di parte e lavorare all’obiettivo condiviso di tutelare l’indipendenza” del servizio pubblico. “Ovviamente è un voto che non ci coglie impreparati“. Il riferimento è agli Stati Generali del servizio pubblico, già annunciati nei mesi scorsi e che dovrebbero tenersi dopo le elezioni europee. “L’obiettivo è arrivare a un modello condiviso di riforma generale e della governance da sottoporre al Parlamento e approvare in tempi congrui. L’alternativa è continuare a fare polemiche inutili e lasciare la Rai in balia del governo di turno, con l’aggravante di infrangere la normativa europea”.

Chi è già d’accordo sono i dem: “Ce lo chiede anche l’Europa. Dobbiamo cambiare la governance della Rai e non ci sono più scuse”, hanno scritto in una nota Sandro Ruotolo, responsabile informazione del partito, e Stefano Graziano, capogruppo in vigilanza. “Ci sono proposte di legge già depositate alle Camere, ma siamo pronti a discuterne con le altre opposizioni e a confrontarci con il governo”. Riforme richieste anche dal sindacato Usigrai: “Si apre la strada alla protezione dei media dalle ingerenze politiche. Un provvedimento particolarmente importante che dovrebbe essere subito adottato nel nostro Paese per non riproporre in Rai lo schema di occupazione messo in piedi dai partiti che da sempre comandano sull’azienda di servizio pubblico”. Inoltre, l’Emfa “interviene anche sulla certezza di risorse per i servizi pubblici. Per questo chiediamo che si intervenga anche sulla questione del canone Rai che, dopo il recente taglio, mette a rischio l’indipendenza e l’esistenza stessa del servizio pubblico radiotelevisivo e multimediale”.

Spionaggio dei giornalisti – Altri passaggi della legge europea hanno preoccupato e fatto discutere nei mesi scorsi. Il principale è sicuramente l’art.4, là dove si parla dello spionaggio dei giornalisti. Se in un primo momento infatti, gli Stati avevano insistito perché ci fosse una clausola che lo avrebbe reso possibile per “la salvaguardia della sicurezza nazionale” (con Italia e Francia in prima linea per rendere effettivo un controllo), il riferimento esplicito è saltato. Il Parlamento ha introdotto, durante i negoziati con il Consiglio, limitazioni all’uso dei software spia, che sarà consentito soltanto caso per caso e previa autorizzazione di un’autorità giudiziaria nell’ambito di indagini su reati gravi punibili con pene detentive. Anche in queste circostanze, tuttavia, le persone interessate dovranno essere informate dopo che la sorveglianza è stata effettuata e potranno poi contestarla in tribunale. Proprio il passaggio davanti a un giudice è stato uno degli elementi su cui si è fatto più leva durante le trattative perché restasse a garanzia dei giornalisti e delle loro fonti. Il problema è proprio il fatto che sia previsto solo a posteriori. Il tema resta discusso e delicato, tanto che l’European Federation of Journalist ha chiesto grande attenzione agli Stati: “Cogliamo anche l’occasione”, si legge in una nota, “per ricordare agli operatori dei media e alle autorità pubbliche che in alcune aree l’EMFA stabilisce solo il minimo degli standard. Gli Stati membri possono e devono fare molto di più per stabilire garanzie più forti per proteggere la libertà e il pluralismo dei media e i diritti dei giornalisti, in particolare dall’uso di sorveglianza intrusiva e spyware”.

Nomi e cognomi dei proprietari dei media – Il Media Freedom Act introduce poi importanti novità per quanto riguarda la trasparenza dei media privati. Per consentire infatti al pubblico di sapere chi controlla i singoli media e quali interessi possono celarsi dietro la proprietà, tutte le testate giornalistiche, dalle più grandi alle più piccole, saranno tenute a pubblicare informazioni sui relativi proprietari all’interno di una banca dati nazionale e a indicare se sono direttamente o indirettamente di proprietà dello Stato. I media dovranno anche riferire sui fondi che ricevono dalla pubblicità statale e sul sostegno finanziario dello Stato, anche nel caso in cui questi provengano da Paesi terzi. I criteri per l’assegnazione di questi fondi a media o piattaforme online dovranno essere pubblici, proporzionati e non discriminatori. Infine, dovranno essere pubblicate anche informazioni sulle spese pubblicitarie statali, compresi l’importo annuo totale e l’importo per testata.

Finanziamenti e rapporti con le piattaforme – Un altro passaggio innovativo riguarda il meccanismo che mira a impedire alle piattaforme online di dimensioni molto grandi, come Facebook, X o Instagram, di limitare o rimuovere in modo arbitrario contenuti mediatici. Dopo aver distinto i media indipendenti dalle fonti non indipendenti, le piattaforme che intervengono contro uno dei contenuti (ad esempio cancellandolo dalle proprie pagine), dovranno informare i media e dare loro 24 ore per rispondere. Solo dopo quel periodo di tempo potranno procedere con la rimozione e i media potranno fare ricorso rivolgendosi a un organismo per la risoluzione extragiudiziale delle controversie. I giornali o tv potranno anche richiedere il parere del comitato europeo per i servizi di media, un comitato di regolatori nazionali previsto dalla nuova legge.

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