Far passare per “lotta all’evasione” anche le rottamazioni, che consentono a chi non ha pagato le tasse di mettersi in regola senza pagare interessi e sanzioni. Ecco il gioco di prestigio con cui Giorgia Meloni tenta di rispedire al mittente gli argomenti di chi ritiene che i decreti fiscali varati fin qui dal governo rendano più conveniente evadere e legittimino comportamenti illeciti. Parlando al convegno alla Camera sull’attuazione della delega, la premier ha sostenuto che non c’è alcun “condono immaginario” o “favore” ai “furbi“: la riforma del governo – dal concordato preventivo biennale alla depenalizzazione di alcuni reati, fino alla riforma della riscossione – punta solo a “mettere chi è onesto in condizione di pagare”. A sostegno delle sue tesi ha invocato quelli che ha definito numeri non opinabili“: i soldi recuperati nel 2023 dall’Agenzia delle Entrate. “È stato un anno record“, ha rivendicato. “Sono stati recuperati 24,7 miliardi, 4,5 in più rispetto all’anno precedente”. Merito, dice, di Gdf e Agenzia “ma anche norme che abbiamo introdotto, come quelle contro il fenomeno odioso delle attività ‘apri e chiudi“.

La presidente del Consiglio finge però di non sapere che i risultati ottenuti l’anno scorso sono la somma delle attività di recupero condotte attivamente dall’amministrazione fiscale e di misure straordinarie come definizioni agevolate e rottamazioni: di fatto sanatorie che non dicono nulla sulla capacità “strutturale” di contrastare l’evasione. Ecco: sui 24,7 miliardi recuperati (vedi tabella sotto), ben 4,3 sono rientrati attraverso la rottamazione, 586 milioni dalla definizione delle liti pendenti prevista dalla legge di Bilancio 2023 e 245 milioni dalla pace fiscale. Se si guarda al solo recupero ordinario, la cifra si ferma a 19,6 miliardi di cui 4,2 da attività di promozione della compliance, cioè le lettere “amichevoli” che invitano a versare il dovuto. La stretta sulle partite Iva apri e chiudi introdotta con la manovra per il 2023 c’entra poco, visto che punta semmai a prevenire le frodi carosello e l’evasione Iva.

Ma torniamo al confronto con gli anni precedenti: nel 2019, ultimo anno significativo visto che la pandemia ha poi rallentato gli accertamenti, il recupero ordinario era stato di 16,8 miliardi. “Al netto delle definizioni agevolate i risultati mi sembrano in linea con quelli degli anni precedenti. Tanto più che si tratta di valori nominali: se si considera l’inflazione, sono in continuità con il passato”, commenta Alessandro Santoro, professore di Finanza pubblica alla Bicocca e presidente della Commissione che scrive ogni anno la Relazione sull’economia non osservata e l’evasione. La cifra complessiva è gonfiata dai risultati della rottamazione, “ma sappiamo che queste definizioni agevolate danno buoni risultati all’inizio, poi i contribuenti tendono a smettere di pagare“.

E questo lo dimostrano numeri davvero “non opinabili”, quelli sulla riscossione riassunti ogni anno dalla Corte dei Conti nella relazione sul rendiconto generale dello Stato. Il primo anno è comprensibilmente quello che porta i risultati più ricchi: dal secondo il riscosso tende invece a crollare. E lo Stato resta col cerino in mano. La prima rottamazione (Renzi, 2016) ha raccolto solo 8,3 miliardi a fronte dei 17,7 attesi, già scontatissimi (il debito originario era di 31,2 miliardi lordi). La seconda (Gentiloni, 2017) ha consentito di incassare 2,6 miliardi a fronte degli 8,4 attesi (su 14,1 miliardi di debito lordo). La terza (2018, Conte 1) ha fatto rientrare nelle casse pubbliche solo 6,2 miliardi contro i 26,3 stimati (e 43,5 miliardi di debito). L’ultima, tanto voluta dal vicepremier Matteo Salvini, sta andando allo stesso modo: male. Lo scorso anno erano attesi 11,9 miliardi ma ne sono stati incassati solo 6,8. I contribuenti non hanno versato il 45% del dovuto, pur avendo chiesto di rateizzare godendo così dell’abbuono di interessi, sanzioni e aggio.

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