Sul rilancio dell’occupazione finanziato dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) il tempo stringe e siamo ancora in alto mare. Così ci si concentra sulle scorciatoie. Il programma Garanzia di occupabilità dei lavoratori (Gol) è ormai a metà percorso, “ma ancora mancano regole chiare sulla rendicontazione e il controllo dei risultati”, hanno ammesso le Regioni nell’incontro dell’11 marzo con il ministero del Lavoro. Rischiamo di perdere i fondi europei, ma soprattutto l’occasione di migliorare un sistema nazionale che non riesce nemmeno a spendere quelli a disposizione. “L’Italia non ha speso che il 60% del Fondo sociale europeo”, ha riferito il ministero, mentre il programma per l’inserimento dei giovani nel mercato del lavoro ha chiuso con 700 milioni di euro inutilizzati, un quarto del totale. “Un dato drammatico”, secondo il direttore generale delle politiche attive al ministero, Massimo Temussi, fedelissimo al quale la ministra del Lavoro Marina Calderone ha affidato la partita dopo la soppressione, lo scorso primo marzo, dell’Anpal, l’Agenzia per le politiche attive del lavoro nata col governo Renzi.
A guardare i dati del ministero sui beneficiari del programma Gol, si direbbe che l’Italia è a buon punto. Poi, a porte chiuse, dirigenti e funzionari del ministero spiegano che la realtà è un’altra. Che i due milioni di “beneficiari” dichiarati sono solo le persone iscritte al programma. Ma intercettarle, è stato ribadito durante l’incontro, non vale ai fini dell’obiettivo concordato con l’Europa, che entro il 2025 vuole 3 milioni di persone realmente avviate ai percorsi, di cui almeno 800mila coinvolte in attività di formazione. La Commissione europea, avvertono quelli del ministero, “vorrà verificare quali sono i reali benefici ottenuti dalle persone grazie a Gol”. Oggi scoprirebbe che appena la metà dei “beneficiari” ha un percorso di politica attiva avviato. Anzi, che per molti di loro siamo appena alla proposta del percorso. Quanto alla formazione, le persone iscritte ai corsi sono 194mila e solo metà ne hanno concluso uno.
Il bilancio è magro e alcune direzioni regionali avevano già considerato fuori portata gli obiettivi di Gol. I nodi sono emersi anche nell’incontro di lunedì 11 marzo. Tra gli altri, quello dei costi. Finanziare le politiche attive unicamente coi fondi europei, come fa l’Italia a differenza di altri Paesi che usano anche fondi propri, significa sottostare a forti vincoli su rendicontazione e costi standard, spesso troppo bassi per una formazione professionale in grado di rispondere a tutti i settori occupazionali. Uno dei rischi è che una parte dei corsi erogati sia incoerente con i bisogni individuati nelle schede degli iscritti a Gol, e che la Commissione europea se ne accorga. Venisse meno la copertura del Pnrr, i corsi già pagati e rendicontati dalle Regioni diventerebbero un problema.
Ma forse è già troppo tardi per preoccuparsene. Nel corso dell’incontro, la responsabile al ministero dell’Unità di missione per il coordinamento delle attività di gestione degli interventi previsti nel Pnrr, Marianna D’Angelo, ha ribadito che i target non si possono più mettere in discussione. Piuttosto, ha detto, nulla impedisce che la formazione di Gol sia tutta sul digitale. Già oggi, il 64% dei corsi Gol riguardano il potenziamento delle competenze digitali. Utile, certo, ma è anche un tipo di formazione di base che è più facile standardizzare, a partire dai costi, decisamente più bassi. Sarà un caso, ma nelle regioni più attrezzate sul fronte della formazione la percentuale di corsi per il digitale è inferiore. Insomma, si diversifica per riqualificare in funzione di un mercato del lavoro che, ad esempio, domanda magazzinieri per la logistica. Al contrario, la soluzione proposta sembra un modo per fare grandi numeri in poco tempo.
Intanto e alla buonora, entro fine mese dovrebbero finalmente arrivare la regole per definire e rendicontare i “beneficiari” di Gol, le persone “trattate” nel programma. Un chiarimento che consentirà di recuperare almeno in parte i ritardi sugli obiettivi quantitativi di Gol, sperando non si tratti di un compromesso al ribasso che permette alle regioni di rendicontare qualunque cosa. Perché gli obiettivi di Gol, è stato ricordato nel corso dell’incontro, non sono “obiettivi di sistema”. In altre parole, centrare il target, magari con qualche scorciatoia, non equivale a migliorare il sistema nazionale delle politiche attive, né renderlo davvero capace di riqualificare e ricollocare le persone.