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Premierato, cambia il semestre bianco: il presidente della Repubblica potrà sciogliere le Camere anche alla fine del suo mandato

Si potranno sciogliere le Camere anche durante il semestre bianco, cioè gli ultimi sei mesi di mandato del presidente della Repubblica. Cambia ancora il disegno di legge sul premierato. La commissione Affari costituzionali del Senato ha dato il via libera all’emendamento del governo che interviene sull’articolo 88 della Costituzione. Nei casi di sfiducia motivata o di dimissioni del presidente del Consiglio si potranno sciogliere le Camere anche in periodo di semestre bianco.

Ha avuto il via libera anche l’emendamento di Marcello Pera, che riguarda le responsabilità del capo dello Stato, modificando l’articolo 89 della Costituzione. L’attuale formulazione prevede che “nessun atto del Presidente della Repubblica è valido se non è controfirmato dai ministri proponenti, che ne assumono la responsabilità”. L’emendamento del senatore di Fdi invece esclude la controfirma del governo su alcuni atti, chiarendo che: “Gli atti del Presidente della Repubblica sono controfirmati dai ministri proponenti, che ne assumono la responsabilità. Non sono controfirmati la nomina del Presidente del Consiglio, la nomina dei giudici della Corte Costituzionale, la concessione della grazia e la commutazione delle pene, il decreto di indizione delle elezioni e dei referendum, i messaggi al Parlamento e il rinvio delle leggi alle Camere”. Pera ha spiegato che quelli “erano poteri di fatto, ormai consolidati da una pratica decennale, o per giurisprudenza della Corte Costituzionale, come nel caso della concessione della grazia, che ora però vengono riconosciuti con forza costituzionale”. Secondo l’ex presidente del Senato la modifica approvata “oltre che un vantaggio per la chiarezza dei poteri esclusivi del Presidente della Repubblica, dà anche un vantaggio perché rafforza una figura che è ovviamente un contrappeso necessario in un sistema di premierato”.

Secondo Andrea Giorgis, capogruppo del Pd in Commissione, il fatto”che adesso ci si renda conto che forse bisognerebbe controbilanciare lo squilibrio” dei poteri a vantaggio del premier, “e si proponga, come ha fatto il senatore Pera, un emendamento che toglie la controfirma, vuol dire che inizia a fare capolino un pò di consapevolezza”. Le opposizioni chiedono comunque che siano riascoltati “gli esperti, richiamiamo coloro che abbiamo audito, per chiedere che giudizio danno degli emendamenti che il governo ha presentato, cioè della riforma numero due. Perché questa riforma è stata riscritta dal governo attraverso quattro emendamenti. E siccome su 52 auditi, 49 hanno detto che questa riforma è un disastro, possiamo, come facemmo per l’Autonomia differenziata, riascoltarli e sentire da loro se queste modifiche hanno risolto i problemi che loro hanno evidenziato?”.

I lavori della commissione sono stati poi aggiornati alla prossima settimana, e riprenderanno martedì. Vuol dire che la maggioranza non intende più approvare la riforma a tappe forzate, come sembrava nei mesi scorsi. “La maggioranza non sembra più dell’opinione di utilizzare la riforma costituzionale a fini di consenso per le prossime elezioni europee”, sostiene Giorgis. “Sembrano aver rinunciato all’idea di una forzatura e quindi sembrano aver rinunciato all’ipotesi di consumare un precedente che non esiste in tutta la storia della Repubblica italiana e cioè andare in Aula, su una riforma costituzionale, senza aver concluso la discussione sugli emendamenti. Questa è una notizia che noi accogliamo molto positivamente”, ha aggiunto l’esponente del Pd. Non ci sarà dunque alcuno sprint per arrivare in Aula prima del 9 giugno, data delle elezioni Europee. Il presidente della commissione, il senatore di FdI Alberto Balboni, a inizio seduta ha comunque chiesto a tutti responsabilità sulla presentazione degli emendamenti: “Discutiamo nel merito e scegliamo 100 emendamenti qualificanti, così facciamo una cosa costruttiva”. In realtà al momento sono circa mille gli emendamenti presentati dalle opposizioni.