Molte tra le multinazionali statunitensi spendono più per le retribuzioni dei manager che per i loro adempimenti fiscali, ossia quanto restituiscono alla collettività. Non una sorpresa visto che tra piani eufemisticamente definiti di “ottimizzazione fiscale”, ricorso a giurisdizioni segrete, agevolazioni e scappatoie varie, anche colossi del calibro di Amazon non di rado riescono praticamente ad azzerare i prelievi dell’erario a loro carico. Eppure, lo studio condotto dall’Americans for Tax Fairness (Atf) e dall’Institute for Policy Studies (Ips), tra il 2018 e il 2022 sui dirigenti senior di 35 società diverse rende però ancora più stridenti queste contraddizione. Sono state esaminate grandi società che vanno da Tesla a T-Mobile, da Netflix a Ford, da Salesforce a Metlife.
Un quinquennio in cui le aziende esaminate hanno prodotto profitti per miliardi di dollari e corrisposto ai dirigenti di punta retribuzioni (inclusi stipendi, bonus, vantaggi, benefit, stock option e premi azionari) per un totale di 9,5 miliardi di dollari. Le imposte pagate si sono invece fermate a 1,8 miliardi di dollari, un quinto di quanto pagato ai manager. Diciotto delle aziende coinvolte nello studio, nonostante abbiano riportato profitti netti nell’arco di cinque anni, non hanno pagato imposte federali sul reddito. Anzi, quasi tutte hanno pagato meno di zero perché hanno ottenuto dei rimborsi. Queste 18 aziende che hanno pagato 0 dollari in imposte federali sul reddito hanno trovato le risorse per elargire ai propri dirigenti un pacchetto salariale complessivo di 5,3 miliardi di dollari. L’insieme delle 64 aziende coinvolte nello studio hanno registrato profitti al lordo delle imposte di 657 miliardi di dollari pagando tuttavia un’aliquota fiscale federale media effettiva di appena il 2,8% (l’aliquota legale è del 21%) e versando ai propri dirigenti oltre 15 miliardi di dollari.
Da decenni, segnala lo studio, i profitti aziendali come quota dell’economia sono stati in aumento e le retribuzioni degli amministratori delegati sono salite alle stelle. Tuttavia, l’aliquota media effettiva sulle società – ciò che le aziende pagano effettivamente come percentuale dei loro guadagni, ha registrato una tendenza costante al ribasso. Vediamo alcuni casi specifici dello studio. Nel periodo considerato, Tesla ha registrato utili negli Usa di 4,4 miliardi. I suoi manager hanno ricevuto 2,5 miliardi. Lo stato americano nulla, la società è anzi in attivo con il fisco per un milione di dollari grazie a vari crediti di imposta. Netflix, a fronte di guadagni per 15 miliardi, ha pagato in tasse 236 milioni. I suoi dirigenti hanno incassato 652 milioni.
Il colosso assicurativo AIG (salvato con soldi pubblici durante la crisi del 2008), tra il 208 e il 2022 ha fatto utili per quasi 18 miliardi e versato appena 385 milioni di imposte, un’aliquota effettiva del 2,2%. I dirigenti hanno guadagnato 406 milioni. Infine, la casa automobilistica Ford mette a bilancio nel quinquennio profitti per 7,8 miliardi e tasse per 121 milioni (aliquota dell’1,5%). 355 milioni le buste paga dei “boss”. Diversi gruppi hanno chiesto al Congresso americano di aumentare l’aliquota dell’imposta sulle società e il presidente Joe Biden ha dichiarato in più occasioni che è giunto il momento che le grandi imprese “paghino finalmente la loro giusta quota”. A parole, Biden si è impegnato a “porre fine alle agevolazioni fiscali per le grandi aziende farmaceutiche, petrolifere, i jet privati e le massicce retribuzioni dei dirigenti”. Chissà.