Economia & Lobby

Evasione, la guerra agli onesti è vinta. Il fisco amico di Meloni e Leo tende la mano ai ladroni

Recentemente il viceministro Leo è tornato su uno dei temi classici della destra fiscale, la semplificazione del fisco. Nell’intervista, forse per dimostrare che è anche persona di cultura ha detto anche che la dichiarazione dei redditi (quale?) è lunga 1.000 pagine, quasi come Guerra e Pace che ne conta 1.400. Il paragone mi ha colpito. In primo luogo, perché sto rileggendo proprio in questo periodo il grande classico. In secondo luogo, perché ho avuto una specie di folgorazione e ho capito cosa muove l’azione del governo Meloni. Un’azione ferocemente di guerra nei confronti dei cittadini onesti e invece di pace, cioè tranquillizzante, sei confronti di quelli disonesti, gli evasori fiscali. Altrimenti non si spiegherebbero i tanti provvedimenti di clemenza a favore di questi ultimi in soli due anni. Una velocità veramente notevole, segno di una preparazione coltivata da tempo. Una guerra che il ministro ha ampiamente vinto, visto che gli onesti (o quasi) in Italia non hanno alcune voce.

Il ragionamento va per simmetria: se si agevolano in tutti i modi possibili gli evasori, è chiaro che così facendo si puniscono gli onesti. Un ragguaglio quantitativo non guasta mai in questa guerra agli onesti, o quasi. I lavoratori dipendenti e i pensionati in Italia sono più di 30 milioni. La loro evasione pro capite, per rimanere nel campo dell’Irpef, è di appena 150 euro, totale quasi 4 miliardi. Il popolo delle partite Iva è stimabile in 4 milioni di contribuenti. L’evasione pro capite è di circa 7.000 euro, totale di 28 miliardi. Una differenza eclatante che una volta era considerata uno scandalo. Un solco tra evasori e tartassati, scavato e coltivato anche dalla politica. Il ministro stesso in un raro, ma studiato, momento di consapevolezza aveva paragonato gli evasori ai terroristi. Ma mentre i terroristi politici hanno finito i loro anni in esilio oppure in galera, i terroristi fiscali possono godere di ampi sconti penali e amministrativi in qualche amena località vacanziera. Una differenza di trattamento che un ministro serio e credibile dovrebbe spiegare.

L’ultimo tassello, in ordine di tempo, della battaglia contro l’onestà fiscale del ministro Leo, in versione di Comandante Supremo dell’esercito fiscale governativo come Michail Illarionovič Kutuzov nel capolavoro di Tolstoj, è il recente provvedimento per l’allungamento delle rate di pagamento per gli evasori incalliti. Sono coloro che scoperti, magari per aver nascosto centinaia di migliaia di euro, improvvisamente si dichiarano indigenti per non pagare il dovuto. A loro il fisco amico di Meloni e Leo tende la mano consentendo di rateizzare il debito, opportunamente scontato, fino a dieci anni. Perfino il giornalista del quotidiano di Confindustria ha osservato come si tratti di una misura cervellotica. Da un lato si vuole fare cassa, e dall’altro si rateizza fino al ridicolo, fiscalmente parlando. Curiosa è anche la sequenza temporale. Per esempio, per coloro che hanno debiti superiori ai 120.000 euro le rate salgono a 108, ma a partire dal 2029 per ragioni misteriose.

Quali saranno gli ulteriori passi avanti del fisco amico di chi non ha pagato ed è stato beccato? Il ministro, che si sente evidentemente con la coda di paglia, ha dichiarato che ci sarà qualcosa anche per i lavoratori dipendenti. Saranno le famose 260 euro in meno all’anno per chi ha un reddito inferiore a 50.000 euro all’anno? Sarebbe pochetto e poi non riguarderebbe l’evasione. Allora mi sento di aiutarlo. Una proposta che troverebbe unanime consenso, ripresa provocatoriamente da Bersani, ma prima ancora da Marco Pannella, è quella di abrogare il sostituto d’imposta per i lavoratori dipendenti e i pensionati.

Non si capisce perché il professionista o l’artigiano si autoliquidi l’imposta, tenendosene una buona parte per sé, mentre il lavoratore dipendente e il pensionato si vedano prelevare la somma direttamente dal datore di lavoro e dall’Inps. Una vera ingiustizia. Eliminando l’obbligo del sostituto d’imposta le imprese sarebbero decisamente agevolate perché avrebbero un obbligo burocratico in meno. Anche noi contribuenti finalmente potremmo chiaramente vedere quanto paghiamo di tasse e magari sottrarre qualcosa per le nostre necessità. Se viviamo in un paese democratico a tutti deve essere data la possibilità di non pagare, e non solo ai lavoratori autonomi. È una semplice questione di giustizia.

Questa mi sembra una proposta all’altezza della guerra alla lealtà fiscale del ministro Leo che, tra l’altro, non costa nulla allo Stato. Se poi l’evasione invece che essere di 100 miliardi sarà di 300, immagino che qualche problema sorgerà. Ma non importa. Ciò che conta è che ci sia una piena libertà fiscale che finora è negata a milioni di contribuenti. La disonestà fiscale non è odiosa solo in sé, ma anche per sé, perché ristretta alle solite corporazioni economiche. Per usare toni veteromarxisti, ma non lontani dalla realtà, una volta la destra-destra era al servizio dei padroni ma aveva un senso profondo della legalità e della onestà. Ora è al servizio, almeno così dicono gli esperti fiscali non governativi, dei ladroni (del fisco) che pagheranno di meno e in comode rate decennali.

Dimenticavo un aspetto importante. Anche il ministro Leo si trova a dover gestire il magazzino di 1.206 miliardi di crediti fiscali accumulati dalla riscossione. Una somma gigantesca, evocata a suo tempo anche da Draghi, che farebbe molto comodo. Fare qualcosa per incassarli? Troppo impegnativo. Nella proposta ministeriale la sfida ambiziosa viene delegata ad una commissione del Ministero delle Finanze incaricata di studiare la questione. In Italia, quando non si vuole fare qualcosa si crea una commissione. Adesso sappiamo che oltre al buco di 100 miliardi del bonus fiscale di Giorgetti (falso), c’è il buco di 1.206 miliardi accumulati (vero) del ministro Leo, che però non vuole incassarli. La guerra agli onesti del governo Meloni, stavolta portata avanti nella forma di una totale inerzia, non conosce veramente vergogna.