Glorjana Veber non è solo una delle voci poetiche più interessanti del panorama letterario sloveno, ma anche una delle personalità del mondo culturale di quel Paese più impegnate nel sociale e nella politica (se la intendiamo nel suo significato etimologico, arte che attiene alla polis). Vale la pena sottolinearlo perché – anche se le sue poesie non sono espressamente politiche – quasi sempre sottintendono un significato altro, ci dicono di una realtà troppe volte sottintesa, troppe volte nascosta a noi stessi da noi stessi. Eppure, anche quell’approccio ‘politico’ non basta, sono la bellezza, l’arte a influire sulle persone in modo più sottile, e a portare dei cambiamenti nella società: stimolano il pensiero, la riflessione e l’empatia e collegano a livello emotivo.
Dice Glorjana di sé: “Non scrivo per gli altri, né per me stessa. Non mi interessa se sono su un palco o da sola con la poesia. È la stessa cosa. L’inutilità dello scritto mi riempie del pensiero che ci sia qualcosa di incontaminato. Qualcosa che assomiglia ad un albero, o ad una lumaca che si muove senza avere una meta”.
M. O.
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Le rocce nel paesaggio sono più leggere della rugiada
e le costellazioni non si frangono una con l’altra,
gli anni non sono caduti e le pietre non sono rotolate via.
Dietro i monti il fiume è in travaglio
e l’uccello non lascia traccia nel cielo.
Nelle valli uomini invisibili
si allontanano dai visibili.
La pioggia è reale.
Nell’erba c’è tempesta.
La vita è possibile.
C’è traffico in lontananza.
Le persone non sembrano vagare.
A ogni stazione le stesse parole,
come un canto di altri,
un capolavoro che nessuno ha scritto
e i chioschi sono trascurati tutti i giorni della settimana.
Il presente è vivo.
Un’ombra lo interrompe.
E la superficie si spacca.
In modo quasi invisibile.
Da qualche parte gocciola acqua.
Disegna una linea sottile.
Qualcuno prende decisioni.
***
Mi piace ciò che si dichiara per come è.
Attraverso la zanzariera ho dato da mangiare al corvo,
la vita altrimenti potrebbe rivelarsi uno schermo.
Spesso imparo a camminare, a volte accecata dalla pioggia,
dalla luce tesa e dalle colline. Sotto di esse il suolo
e noi tra le affabili macchine.
Abbiamo il dovere reciproco di restare uniti come un gregge,
un battito d’ali in riconoscimento del cielo
e sotto di esso tu con un atto fragile dello sguardo.
Gli animali e la natura mi coinvolgono nella solitudine,
insieme abbiamo sentito l’orrida realtà delle cose,
ne basta per un volo,
per la scoperta quotidiana del vento.
***
Ho dormito vestita
e al mattino sono partita per ricominciare.
Qua e là mi sono voltata nel mio sguardo,
portandolo con la sensazione
che Dio non sia né qui né là.
Svegliarmi volevo prima del sole,
prima che la vita delle parole sprofondasse nell’immaginazione,
cosa che potrebbe accadere oppure no,
come se nel sogno mi voltassi
per andarmene nel reale.
Intanto il giorno declina.
Sottili scambi di luce.
Sembra un privilegio.
Alle estremità la luce si addensa e si ferma.
Giaccio nella cerimonia del contatto
e nell’aria c’è il pensiero
se nella cenere dormono le faville.
***
Glorjana Veber (1981) vive a Celje (Slovenia). È poetessa, curatrice di pubblicazioni e performer. Per la sua poesia, tradotta in circa 35 lingue, ha ricevuto numerosi premi nazionali e internazionali. È autrice di numerose raccolte di poesie pubblicate in Slovenia e all’estero, fra cui: Prosti pad (Caduta libera), Razkošje (Sfarzo), Nekdo prej (Qualcuno prima), Šepet od nikoder (Un sussurro dal nulla); e del libro bilingue Near Silence, il primo sloveno pubblicato in Bangladesh. In Italia nel 2015 è uscita la sua plaquette Qualcuno prima (Edizioni culturaglobale).