Era una delle possibili mosse e il governo Meloni la sta già mettendo in campo. Lo ha annunciato il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi: “La decisione della Corte di giustizia Ue non boccia l’accordo con l’Albania, e nelle more del giudizio siamo disponibili a rivedere la norma sulla cauzione per i migranti che ci pare l’unico dubbio sollevato”. Nessuno stop, dunque, al protocollo con Tirana per la costruzione e la gestione, sotto giurisdizione italiana, dei centri per migranti in Albania. “Il crono programma va avanti e il nostro genio civile come i vigili del fuoco sono già al lavoro per una rapida realizzazione dei centri”, ha evidenziato il ministro nel suo intervento al convegno sull’accordo Italia-Albania organizzato al Senato dal gruppo parlamentare di Fratelli d’Italia, dove ha rivendicato il calo degli sbarchi nei primi mesi del 2024 rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso: “Quasi il 70% in meno grazie agli accordi e alla collaborazione con i Paesi di origine e di transito”.

Dopo le ordinanze del tribunale di Catania, che non aveva convalidato i trattenimenti di alcuni cittadini tunisini nell’area del centro di Pozzallo destinato alle cosiddette procedure accelerate in frontiera per l’esame delle domande d’asilo, il Viminale aveva deciso di impugnare i provvedimenti giudiziari di fronte alle Sezione Unite della Cassazione, sostenendo la bontà delle norme del decreto Cutro. Per giudicare la compatibilità della legge con quelle europee, e in particolare della cauzione da 5 mila euro che il migrante sprovvisto di documenti deve pagare per evitare il trattenimento in frontiera, la Cassazione ha chiesto alla Corte di giustizia europea di esprimersi con procedura d’urgenza. Urgenza che per i giudici europei non c’è, più probabilmente visto che i tunisini in questione sono in libertà, e ha invece deciso di esaminare la questione con procedura ordinaria. Scelta che allungherà non poco i tempi, lasciando presumibilmente in stallo l’operatività del decreto Cutro, che, così com’è, ad oggi è stato di disapplicato da tutti i tribunali in merito ai trattenimenti di richiedenti.

Ma cosa c’entra tutto questo con l’accordo tra Roma e Tirana? Il protocollo prevede la creazione di due centri in Albania. Uno sarà un centro di rimpatrio, l’altro un hotspot dove verranno portate le persone intercettate in mare dalle navi italiane. Qui i migranti verranno sottoposti proprio alla disciplina delle procedure accelerate di frontiera precisate nel decreto in questione. E se la Cassazione, quando anche la Corte europea si sarà espressa, dovesse decidere per una bocciatura di alcune parti del decreto, le procedure accelerate, in Italia come in Albania, dove tutto avverrà sotto giurisdizione italiana, non potranno essere applicate. Ecco perché, pur annunciando l’assoluto rispetto per quanto verrà deciso dalla Corte Ue, il ministro Piantedosi prova ad anticipare una possibile soluzione. Secondo il governo, quella della cauzione sarebbe l’unica questione posta all’attenzione della Corte europea. Anzi, averla sottoposta dimostra che tutto il resto è corretto. “Il rinvio alla Corte Ue su quest’unico punto è foriero di una sostanziale conferma da parte della Cassazione dell’impianto normativo“, ha detto Piantedosi. “Resta controversa la questione della cauzione, peraltro imposta dalla normativa europea, ponendo il dubbio sulla determinazione di una cifra uguale per tutti e sull’eventuale necessità di rimodularla”, ha spiegato, dicendosi disponibile a rivedere la norma in tal senso.

Tutto risolto, insomma? Dipende. La normativa europea in questione è la direttiva Accoglienza 33/2013. Al contrario di quanto prevede il decreto Cutro, che considera l’indistinta provenienza da Paese terzo sicuro condizione sufficiente a motivare il trattenimento dei richiedenti in frontiera, la normativa europea lo ammette solo “ove necessario e sulla base di una valutazione caso per caso”. Non è questo il punto sollevato dalla Cassazione davanti alla Corte Ue, ma la norma è la stessa, l’articolo 8 della direttiva 33/2013. Dove si prevede che il trattenimento sia operato “salvo se non siano applicabili efficacemente misure alternative meno coercitive”: l’obbligo di dimora in un luogo assegnato, quello di presentarsi periodicamente alle autorità o “la costitu­zione di una garanzia finanziaria“. Quella che per alcuni è una opportunità da offrire allo straniero e nell’interpretazione del governo è una cauzione la cui mancanza concorre a motivare il trattenimento. Ma anche al netto di questa misura, che il governo si dice già pronto a rimodulare, la Corte Ue potrebbe dare indicazioni più generali sull’intero articolo 8 della direttiva. Se la Corte dovesse richiamare il passaggio che per il trattenimento impone comunque la valutazione caso per caso e salvo misure alternative meno coercitive, ad essere messo in discussione potrebbe essere l’impianto stesso del decreto Cutro nella parte che regola le procedure in frontiera. Insomma, è presto per dire se le norme introdotte dal governo supereranno il vaglio della Corte Ue, modifiche comprese.

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