Una Cina troppo “ambiziosa”, una Russia “conflittuale” e diverse potenze regionali, fra cui in primis la Repubblica islamica dell’Iran, stanno “sfidando le ormai vecchie regole del sistema internazionale e il primato al suo interno rappresentato dagli Stati Uniti d’America”, favorendo così “un ordine mondiale sempre più fragile”. Sono queste, in estrema sintesi, le parole con cui i leader delle principali agenzie di intelligence degli Stati Uniti si sono presentati l’11 marzo al Congresso per riferire sul nuovo ATA 2024 (Annual Threat Assessment), un documento che riassume i vari orientamenti di intelligence per la tutela della sicurezza nazionale degli Usa. Seppur il documento non abbia una natura classificatoria rispetto alle minacce, una grossa parte del report è dedicata, esattamente come nel 2023 e nel 2022, alla Cina di Xi Jinping che grazie alla considerazione di se stessa imposta dal proprio leader ormai diversi anni fa mira sempre più a “proporsi come attore preminente dell’estremo oriente e potenza guida sul piano internazionale”.
“Pechino vuole stravolgere l’ordine mondiale”
La questione legata allo status e al futuro di Taiwan resta essenzialmente centrale e “la pressione” finalizzata all’unificazione che la Cina continentale eserciterà sull’isola ribelle “creerà ulteriori punti di frizione con gli Usa”. Una realtà dei fatti, quella presentata al Congresso, che confligge con l’obiettivo dichiarato dalle diplomazie di Pechino e Washington di raggiungere una stabilizzazione dei rapporti dopo che le relazioni diplomatiche avevano toccato uno storico punto di rottura. Uno sforzo rappresentato anche dallo storico viaggio che Xi Jinping ha compiuto a San Francisco nel novembre del 2023 dove lui e Joe Biden, oltre a trattare questioni meramente geopolitiche, si sono concentrati anche sul problema legato al dilagare del fentanyl negli Usa.
Secondo il report la Cina, che ha come obiettivo chiave quello di “ridimensionare” l’influenza statunitense nel mondo, e per questo potrebbe provare a influenzare l’esito delle elezioni presidenziali del 2024 favorendo i soggetti politici meno diffidenti verso Pechino, semina e seminerà sempre più “discordia” nel rapporto fra Washington e i suoi partner.
Ma il 2023 allo stesso tempo ha anche dimostrato che le sfide domestiche che la Cina affronta e dovrà affrontare, principalmente di natura economica, hanno limitato le grandi “ambizioni dei leader del Partito Comunista Cinese” sulle quali gli stessi in passato hanno puntato a lungo per lasciare indietro i Paesi occidentali con un’espansione commerciale mondiale come il progetto della Belt and Road Initiative promosso da Pechino.
Un ampio spazio del rapporto è anche dedicato alla Russia con cui i rapporti diplomatici versano in uno stato di sempre maggiore deterioramento, e alla crisi di Gaza fra Hamas e Israele, una guerra che dimostra come “gli sviluppi regionali di un conflitto possano arrivare ad avere effetti e conseguenze più ampie e di carattere globale” che costringono gli Usa a impegnarsi all’estero come accade nel Mar Rosso con la coalizione anti-Houthi.
Russia, “resiliente e stabile” nonostante la guerra
La Russia, che nonostante l’impegno profuso in Ucraina rimane un avversario “resiliente e abile”, “continuerà a difendere i suoi interessi globali e regionali minando la stabilità degli Usa e del mondo occidentale”. A preoccupare sono i legami economici e militari che Mosca vanta con altri Stati che compaiono nella lista delle minacce come Iran e Corea del Nord, oltre alla Cina che dal febbraio del 2022 è sempre più vicina alla Russia tanto da essere considerata un partner fondamentale nel sostegno finanziario del suo sforzo bellico in Ucraina. Ed è proprio al sostegno a Kiev che sono state dedicate le parole del direttore della Cia, William Burns, e della direttrice dell’intelligence nazionale, Avril Haines, che hanno esortato i legislatori a continuare a sostenere l’Ucraina sul piano dell’assistenza militare perché, come dichiarato da Burns, “un ulteriore sforzo in questo senso da parte degli Usa può funzionare anche come messaggio da mandare a Pechino sulla questione taiwanese”.
Oltre ai richiami ad altre minacce di carattere globale come potenziali armi di distruzione di massa, minacce alla salute, azioni di gruppi terroristici e attori non statali che possono minare la stabilità interna di Washington, da quanto emerge dal documento si evince che la conflittualità fra potenze mondiali rimane quindi la principale priorità per gli apparati della sicurezza statunitensi.