UN ALTRO FERRAGOSTO di Paolo Virzì. Con Silvio Orlando, Sabrina Ferilli, Christian De Sica. Produzione: Lotus, Leone Film, Rai Cinema. Distribuzione: 01 (cioè Rai). Al 13 marzo dopo una settimana di programmazione 988.095 euro d’incassi.
Stroncare un film di Paolo Virzì (perlopiù scritto da Francesco Bruni) significa avere domattina i Carabinieri a casa. Ma se già con il suo ultimo Siccità la dinamica corale della storia trascinava minuto dopo minuto nell’abisso l’originale derapage di genere semi apocalittica, in questo sequel di Ferie d’Agosto sembra che qualcuno dal pubblico gridi a forza: “a Virzì facce Altman!”. Al nostro, però, riesce meglio la messa a fuoco di un duetto (Ovosodo, La bella vita, Tutti i santi giorni, Caterina va in città) più che la sarabanda sparpagliata delle sottotrame. Molino e Mazzalupi a Ventotene parte seconda. Non più il migrante ferito come casus belli, ma direttamente lo sfregio involontario dei cafoni fasci che per esigenze di nozze della goffa influencer erede dei Mazzalupi tirano giù col bulldozer il pollaio usato dagli antifascisti al confino nel Ventennio come luogo di ritrovo clandestino sull’isola. Spazio del cuore del capofamiglia Molino (Silvio Orlando), tra il rincoglionito e il moribondo, che sta scrivendo una lettera alla Von Der Leyen (sic!) per tutelare quell’angolino come simbolo storico del sentimento europeista (sic!).
I cliché romaneschi da Italia berlusconiana e antiberlusconiana riattualizzati all’oggi fanno sentire il peso frusto e superficiale del repertorio. La tonalità diffusa ambrata fonde sagome e spazi in un bollore caotico dove, peccato mortale per i fustigatori della morale (altrui), non si graffia più e, soprattutto, non si ride nemmeno a spinta. Se non in quel monologhino tritatutto della Fanelli in sottofinale ricucito con frettolosità prima che scorrano i titoli di coda. Sulla presenza in scena di una sosia della Meloni, davvero, stendiamo un velo (nero) pietoso. Segnaliamo anche qui: film sostenuto dal Ministero della Cultura.
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