“In ogni disco che faccio cerco di andare sempre di più al nucleo della mia essenza”, così Vasco Brondi. Colpito e affondato. Infatti il nuovo album “Un segno di vita” (Carosello Records) di uno dei cantautori più interessanti del panorama italiano è il più bello della sua carriera. “Qui davvero dico tutto in faccia e anche la voce l’ho messa più avanti a tutto il resto – spiega l’artista -. Ci sono sonorità più pop. Sono quasi tutte canzoni d’amore però immerse nel mondo contemporaneo sullo sfondo ella colonna sonora di un telegiornale. Un disco intimo e pubblico che insieme fanno cortocircuito. Miro a canzoni che abbiano un documento storico e una scintilla eternità”.
Nel libretto che accompagna il disco fisico c’è scritta la genesi dell’album con aneddoti privati interessanti. Ma tra le pagine c’è una riflessione interessante: “Ogni giorno immagini e racconti atroci da Gaza che è sul punto di essere rasa al suolo e in futuro ci faranno resort sul mare, ‘Bombardano bombardano e tutti guardano’ (dal brano “Un segno di vita”, ndr), Quando si sospettava che Israele avesse attaccato l’ospedale al-Shifa dissero che era antisemita accusarli e che mai avrebbero bombardato un ospedale, poi c’è stata una seconda fase in cui hanno bombardato tutti gli ospedali di Gaza perché giustificati”.
Sei d’accordo con Ghali che denuncia il silenzio da parte anche dei colleghi su questo tema?
Mi è venuto naturale parlarne. Sono nato e cresciuto ascoltando il punk ma anche i miei amici cantautori collegati allo stile più politico e partitico. Io sono sempre stato chiaro nelle mie canzoni, mi è venuto automatico e non capisco perché alle altre persone non succede. Non saprei dire se per ignoranza, per calcolo o disinteresse. Al netto di questo, non spetta a me giudicare gli altri. Non sono per il detto “se non prendi posizione sei complice”. Imporre un pensiero o dire agli altri cosa pensare lascia intendere una certa violenza. Ma questo accade anche con i fan quando ti scrivono ‘non ti esponi su questo tema’. A loro dico ‘fatelo voi, perché dovete delegare me o altri?’.
Quando dici in “La stagione buona”, “c’è un tempo buono anche per ambire ad un tempo migliore” è una utopia o una speranza realizzabile?
Abbiamo vissuto epoche di transizione che non sono state né migliori né peggiori di tanti altri. Ogni epoca ha le sue guerre, oggi sembriamo accecati o non ce ne ricordiamo. Ma pensiamo al terrorismo degli Anni 70 o le stragi degli Anni 90. Cito Calvino ‘L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà. Se ce n’è uno, è quello che è già qui’. Dobbiamo stare attenti noi a non far parte di questo inferno con la de-responsabilizzazione in questi tempi oscuri e a farci mettere la merda davanti al ventilatore. Credo sia giusto pensare alla specie umana come l’unica che può intervenire per rendere migliore il pianeta. Luciana Castellina, parlamentare storica del movimento femminista, parlava della necessità della rivoluzione quando una situazione diventa insostenibile. Questo è il momento perfetto, questione di sopravvivenza…
Quando citi la “rivoluzione” intendi anche gli studenti in piazza pro Palestina manganellati dalla polizia?
No, il mio discorso è molto più ampio. Parlo di un sistema capitalistico ed economico che ha portato a un punto non più sostenibile. Ragioniamo sul fatto che è difficile rinunciare a qualcosa, ma in realtà stiamo rinunciando a tantissime cose.
A cosa stiamo rinunciando, ad esempio?
Al fatto che ormai per il cambiamento climatico se esci in città d’estate muori dal caldo, al fatto che c’è un’aria irrespirabile, che c’è un rumore continuo di sottofondo e che abbiamo paura di perdere i comfort. Non ci rendiamo così conto la fortuna che abbiamo se possiamo bere l’acqua dal rubinetto, che non ci bombardano in testa e che siamo qui a parlare liberamente.
Questo album nasce in posti diversi, viaggi spesso. Da dove nasce questa esigenza?
Per me viaggiare è fondamentale per entrare ed uscire dal mondo della musica. Ci sono periodi in cui divento un topo da biblioteca altri in cui mi immergo nella città tenendo ben presente una cosa, che poi vale per qualsiasi mestiere: io non sono un musicista, io faccio il musicista.
Avevi presentato un brano per Sanremo di quest’anno?
Sì, “Illumina tutto”. So che era piaciuto molto, poi non ne ho saputo più nulla. Ma ascoltando tutti i brani in gara quest’anno forse, in effetti, la canzone non si incastrava perfettamente con il mood che era stato scelto. Qualche anno fa se mi avessero chiesto di andare a Sanremo avrei risposto di no, invece oggi sono in una fase della mia vita in cui mi metterei tranquillamente in gioco.