di Stefano Sacchetti
L’Affaire Tortora, recita così il titolo di una cartellina di colore rosa ritrovata nell’archivio di Sebastiano Vassalli. Pare ci fossero anche altri progetti, ritagli raccolti tenuti in standby in altrettante cartelline marchiate dal titolo di affaire, in merito ai quali lo scrittore novarese ha raccolto del materiale in attesa di momenti propizi per futuri eventuali assemblaggi adatti a pubblicazioni.
L’Affaire Tortora segue il solco, seppure solo per analogia, dell’Affaire Moro di Leonardo Sciascia. Per realizzare l’esegesi dell’opera si può procedere solo per deduzione in quanto l’autore della Chimera non ha lasciato nulla di scritto in merito alla realizzazione di un ipotetico pamphlet dedicato ad Enzo Tortora. Il contenuto è stato, infatti, assemblato e pubblicato postumo per conto della casa editrice Interlinea a cura di Massimo Novelli.
Si tratta di un dossier esaustivo che comprende materiale d’archivio tra cui articoli dell’epoca e materiale tratto dal Libro bianco realizzato dal Partito radicale con l’intento di dimostrare l’estraneità di Tortora alle accuse rivoltegli e denunciarne la falsità. C’è anche un’intervista di Vassalli al presentatore di Portobello realizzata per conto dell’Europeo.
All’Hotel Plaza di Roma la vita di Enzo Tortora cambia drasticamente, alle quattro e un quarto del mattino del 17 giugno 1983. Presentatore e giornalista, colto e affabile, diventa, per diversa parte dell’opinione pubblica, spacciatore di droga per conto della camorra. Una vita frantumata, spaccata in due con un prima ed un dopo.
Sebastiano Vassalli, invece, negli anni Ottanta è in ricerca letteraria ed umana. Nel 1984 ha pubblicato La Notte della Cometa. Il romanzo di Dino Campana. Cerca storie, cerca nella storia, quella locale, scava nel tessuto connettivo di una nazione; scava nell’idea di nazione, senza intenti programmatici. Sostiene, infatti, in un’intervista: “(…) Se devo proprio trasmettere un messaggio è quello di diffidare da chi trasmette messaggi. Non è questo il compito dello scrittore. Uno scrittore può rappresentare la realtà così com’è, ma le conclusioni deve trarle il lettore (…)”.
La vicenda di Enzo Tortora assume fin da subito un certo risalto nei media. Si creano due fazioni: colpevolisti e innocentisti, due schieramenti, circondati, in egual modo, da altrettanta indifferenza; da chi pensava che, tutto sommato, un personaggio così famoso, in fondo, meritasse quello che gli stava capitando. Vassalli definisce questo sentimento con una parola tedesca ‘die schadenfreude’ che significa “il piacere che si prova dalle disgrazie degli altri”.
Il Partito Radicale ne prende subito le difese, candidandolo come europarlamentare. Il garantismo come battaglia di civiltà basata sulla presunzione di innocenza vede Tortora militante radicale battersi per le questioni della giustizia e sulle condizioni dei carcerati.
Da europarlamentare ottiene 414.514 preferenze di voti e diverrà, successivamente, presidente del partito.
Le accuse si basavano sulle dichiarazioni dei pregiudicati Giovanni Pandico, Giovanni Melluso e Pasquale Barra, legato a Raffaele Cutolo; a queste accuse si aggiunsero quelle, rivelatesi anch’esse in seguito false, del pittore Giuseppe Margutti e di sua moglie Rosalba Castellini, i quali dichiararono di aver visto Tortora spacciare droga negli studi di Antenna 3. Dopo sette mesi di carcere e gli arresti domiciliari, Tortora fu assolto dalla Corte d’appello di Napoli. Morirà, di lì a poco, nel 1988.
Vassalli indaga il carattere degli italiani, intesi come soggetto storico di un’epoca divisa ancora tra due blocchi, non solo politici ma anche culturali ed esistenziali. In questa sua ricerca Tortora rappresenta gioco forza un frammento di carattere collocato nella società degli anni Ottanta, una società rampante che si sarebbe aperta alla tv del dolore, alla personalizzazione della politica allo sgretolamento del pudore e allo smantellamento dei diritti sociali.