Il calcio, si sa, è lo sport più popolare al mondo. Ma forse non è il più inclusivo. La discriminazione fondata sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere è del resto un problema radicato nel mondo dello sport nel suo complesso, e il calcio, nonostante le sue origini inclusive, non fa eccezione. Per questo realtà come Open Milano ASD, che sul territorio lavora ogni giorno per restituire il pallone alla sua vocazione universale, sono fondamentali. Perché iniziative come quella ospitata dalla Polisportiva – che nel capoluogo lombardo organizza “Il Torneo di Calcio Contro le Discriminazioni di Identità di Genere e Orientamento Sessuale” per “creare uno spazio sicuro e non giudicante per tutti i partecipanti, promuovendo l’uguaglianza nell’accesso allo sport e il benessere psicofisico attraverso l’attività fisica” – restituiscono scarpe tacchettate e pallone di cuoio anche a coloro che in altri ambienti sportivi non si sono sentiti accettati e protetti.
A ospitare Open durante l’anno è il centro sportivo sociale Minerva Milano, una scuola di calcio femminile e per ragazzi con disabilità. Tra progetti continuativi e iniziative di sensibilizzazione, Open e Minerva si impegnano a creare spazi di aggregazione sportiva sicuri: “Dall’attenzione al linguaggio, all’utilizzo del profilo Alias al posto dei documenti, alla garanzia di spogliatoi e modalità di tempo e gioco organizzate in modo mirato, i nostri responsabili sono tutti preparati per garantire le necessità di ogni categoria marginalizzata“, racconta a Ilfattoquotidiano.it Riccardo Pappalardo, presidente di Open. “Nel calcio gli stereotipi sono ancora tanti, nell’immaginario comune sono ancora in molti a credere che si tratti di uno sport ‘solo per maschi’, ma la nostra realtà dimostra che qualcos’altro si muove: 30 squadre provenienti non solo dal territorio milanese ma da tutta Italia, il sostegno di istituzioni di rilievo, tra cui il Municipio 5 di Milano, il CONI Comitato Regionale Lombardia, UISP Lombardia e UISP Milano e Arcigay Sport, e il feedback dei nostri giocatori dimostrano che il tema è importante e sentito”.
L’evento si svolgerà il 23 marzo dalle 10 del mattino alle 18 di sera presso il Centro Sportivo Cappelli in Piazza Caduti del Lavoro 5 e accoglierà 30 squadre provenienti non solo dal territorio milanese ma da tutta Italia. Il torneo, suddiviso in tre categorie di competizioni, offre una piattaforma aperta a tutte le persone, a prescindere dal sesso e dall’identità di genere e indipendentemente dal livello di esperienza. Le categorie includono “Coppa Sport per Tutte, Livello Base”, “Coppa Open Milano, Livello Intermedio” e “Coppa Lombardia, Livello Avanzato”. Ogni competizione basata sulle categorie vedrà due gironi le cui partite si svolgeranno in parallelo su 6 campi. Le fasi finali includeranno non solo la classica sfida tra le squadre arrivate fino in fondo, ma anche la sfida tra fanalini di coda e una sfida intermedia, con il solo obiettivo di rendere la giornata sportiva stimolante anche dopo le possibili sconfitte. Saranno inoltre presenti punti informativi gestiti da diverse organizzazioni, tra cui SGS Sport for All Genders and Sexualities, GayMinOut, CIG Arcigay Milano, Arcigay Sport, MiX Festival Internazionale di Cinema LGBTQ+ e Cultura Queer, Progetto Tukiki (promozione sportiva per persone con disabilità intellettive) e Pride Sport Milano.
Se Te lo do io il Qatar, il torneo del 2023, voleva essere una riposta all’esempio negativo dato dai Mondiali di calcio maschile, il torneo di quest’anno nasce invece dal presupposto di sottolineare quante realtà e quante persone, nel corso dell’ultimo anno, abbiano aderito ai progetti dell’associazione, e quanto sia ormai forte e diffusa una nuova sensibilità: “È per questo che il nome è cambiato, non è più una risposta e una critica alla situazione vigente, ma la prova che un’altra sensibilità e un’altra attenzione già esistono”, spiega Pappalardo. “Lo dimostrano anche i progetti continuativi e l’adesione di ACET, Associazione per la cultura e l’etica transgenere, con cui è nato aceTeam, la prima squadra di calcio a 5 composta da persone trans e non binarie in Italia”. Quello di Open è un progetto sociale, in cui lo sport torna ad essere uno strumento di inclusione e coesione, di partecipazione e apertura: “Dopo ogni partita, è previsto un momento di dialogo tra i giocatori, sia per comprendere e affrontare eventualità criticità sportive, sia per permettere ai giocatori di conoscersi e confrontarsi. Per riconoscerci non in base all’orientamento sessuale o all’identità di genere, ma per ciò che siamo e facciamo”.