Inorriditi dalle leggi razziali e dal razzismo, tendiamo a ritenere che le razze siano un costrutto culturale che non corrisponde a realtà: siamo tutti uguali. L’Istituto Superiore di Sanità nega la validità della parola “razza” riferita agli umani, e parla invece di etnie o di popolazioni. A questo punto dovremmo cambiare l’articolo 3 della Costituzione, che dice: Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese. La Costituzione riconosce l’esistenza delle razze. Un riferimento dovuto, ovviamente, all’onta per le leggi razziali, in cui si stabiliva che non tutti fossero uguali davanti alla legge.
Ritenere che le razze ci siano per gli animali (ad esempio i cani) ma che il concetto non valga per gli umani sancisce un concetto di superiorità della nostra specie, rispetto alle altre. Se così fosse, la Costituzione sarebbe da correggere, visto che, anche se in positivo, si rivela razzista, riconoscendo l’esistenza delle razze. Visto che, come diceva l’antropologo Bracardi, l’uomo è una bestia, credo che non ci sia nulla di errato nel parlare di razze umane. Chiamarle etnie è una foglia di fico lessicale.
Il concetto biologico di specie è uno dei più “operativi” tra quelli che definiscono cosa sia una specie. Appartengono alla stessa specie individui in grado di dare origine a prole feconda. Mi spiego meglio. Due specie affini, appartenenti allo stesso genere, possono dare origine a ibridi. Proverbiale l’incrocio tra un asino (Equus asinus) e una cavalla (Equus caballus): il mulo, con caratteristiche intermedie tra le due specie. I muli maschi sono invariabilmente sterili, ma le mule possono occasionalmente riprodursi con asini o con cavalli. Questo significa che le due specie sono molto simili, tanto da essere ascritte allo stesso genere, Equus, ma sono abbastanza diverse da non produrre prole feconda, pur potendo produrre ibridi.
Se prendiamo i cani, invece, sono tutti potenzialmente interfecondi. Certo, se cerchiamo di far accoppiare una barboncina con un alano le cose si complicano, ma un barboncino con un’alana potrebbe avere successo, anche se non so se l’esperimento sia mai stato fatto: roba da dottor Mengele. A parte gli impedimenti fisici dovuti alle dimensioni, però, i cani possono tranquillamente accoppiarsi tra loro e la prole è fertile: i bastardi di solito vivono più a lungo e sono più svegli dei cani di razza “pura”. Cani e lupi sono la stessa specie (Canis lupus) ma per il cane si riconosce una sottospecie (familiaris) il che, però, non impedisce che cani e lupi si accoppino e che abbiano prole feconda. I cani non riconoscono differenze di razza: sono tutti la stessa specie.
Noi facciamo altrettanto. Le razze umane possono accoppiarsi tra loro e spesso la prole prende il meglio dei genitori, se questi sono molto diversi. Mentre gli accoppiamenti tra consanguinei tendono a impoverire geneticamente la prole, lo scambio di geni tra individui della stessa specie con caratteristiche diverse “migliora” la prole.
Un altro concetto di specie si basa sul riconoscimento: appartengono alla stessa specie gli individui che si riconoscono come tali, soprattutto nelle scelte naturali di accoppiamento. Questo concetto si applica in modo ambiguo alla nostra specie, visto che, culturalmente, abbiamo sviluppato comportamenti di segno opposto. Ci sono quelli che parlano di “contaminazione” e che stigmatizzano, quindi, il mescolamento. Questo atteggiamento è tipicamente razzista. Altre/i, invece, sono attratti/e dagli opposti. La biologia dà ragione ai secondi: mescolarsi fa bene.
L’articolo 3 pone altri problemi: se una religione prevede la mutilazione genitale delle femmine, e il loro matrimonio con persone molto più grandi di loro, mentre sono ancora bambine, che facciamo? Come la mettiamo con le religioni che accettano la poligamia? Quanto all’opinione politica… allora chi è di opinione fascista o nazista deve sentirsi discriminato? E poi… i “cittadini” sono ovviamente i detentori di cittadinanza italiana. Come la mettiamo con chi non ha la cittadinanza? Ovviamente ci sono norme che stabiliscono come questa si possa attribuire a chi non la possiede per nascita da genitori italiani. Come sarebbe rivoluzionario questo articolo se invece di “cittadini” ci fosse “persone”, usando il termine utilizzato per definire lo “sviluppo della persona umana”.
La parte finale parla poi di partecipazione di tutti i “lavoratori” all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese. Da pensionato, in teoria non lavoro più e non sono un lavoratore. E come la mettiamo con chi non lavora per menomazioni di qualche tipo? E gli studenti? Ho avuto parte attiva nel cambiare l’art. 9 che parlava solo di paesaggio e ignorava la natura. Ma in questo caso… mi affido alla clemenza dei costituzionalisti.