Nel caso dell’Iran abbiamo visto che le sanzioni hanno drammaticamente indebolito la classe media che tradizionalmente è stato il principale agente di cambiamenti positivi del paese. Oggi un iraniano su tre vive al di sotto della soglia di povertà. Viceversa, le istituzioni affiliate allo stato, come le Guardie rivoluzionarie, si sono arricchite proprio grazie alle misure imposte dagli Usa. Controllano infatti il mercato nero e le reti di contrabbando che prosperano per eludere le sanzioni. Ci sono stati diversi episodi di proteste popolari nel paese ma le sanzioni non sembrano aver avuto alcun effetto sulla capacità delle forze di sicurezza di procurarsi proiettili e armi per reprimere con violenza le rivolte che quindi sono state sedate con una relativa facilità.
In sintesi voi scrivete che le sanzioni hanno prodotto esattamente il contrario di quel che si proponevano. In particolare per quanto riguarda l’aggressività del regime iraniano nella regione.
È esattamente così. Nel 2019, dopo che gli Stati Uniti hanno inasprito le sanzioni petrolifere contro Teheran, secondo il Dipartimento di Stato americano, gli attacchi contro le forze statunitensi nella regione da parte delle milizie appoggiate dall’Iran sono aumentati del 400%. All’indomani del 7 ottobre, ci sono stati più di 170 attacchi contro le forze statunitensi in Iraq e Siria e gli Houthi sostenuti dall’Iran nello Yemen hanno di fatto bloccato il libero flusso del commercio attraverso il Mar Rosso.
Paradossalmente le sanzioni hanno anche spinto l’Iran ad innovare e sviluppare capacità industriali interne. Ciò, tra le altre cose, ha permesso a Teheran di spedire alla Russia armi che hanno contribuito a invertire le sorti del conflitto.
La cooperazione militare tra Iran e Russia è antecedente alle sanzioni ma, di certo, si è intensificata in seguito all’erogazione delle misure. Questo perché accade? Fondamentalmente perché a questo punto l’Iran ritiene di non avere nulla da perdere nei suoi rapporti con l’Occidente se rafforza i legami militari ed economici con la Russia. È piuttosto semplice, più l’Occidente penalizza l’Iran, più lo spinge tra le braccia di Mosca e Pechino.
Quali lezioni possiamo trarre dal caso iraniano? Mi riferisco naturalmente soprattutto alle politiche da adottare nei confronti della Russia…
Gli insegnamenti di cui dovremmo fare tesoro sono questi: primo, i politici dovrebbero valutare e rivalutare costantemente l’impatto delle sanzioni e resistere alla tentazione di aggiungerne in continuazione se si rendono conto che non stanno producendo i risultati sperati; in secondo luogo, ciò che è molto importante nel momento in cui si applicano queste misure è anche la capacità di rimuoverle nel caso in cui il paese sanzionato cambi il suo comportamento. L’incapacità di farlo trasforma queste misure in un meccanismo a senso unico, che ne neutralizza l’efficacia come strumento di gestione delle crisi. Anzi le peggiora.
Ritiene che si siano situazioni e metodi di applicazioni che rendano le sanzioni davvero efficaci?