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Bentornato Matteo: perché il rientro di Berrettini lascia tante speranze ma ora la fretta sarebbe un errore

Si ferma in finale il ritorno di Matteo Berrettini nel Challenger di Phoenix dopo l’infortunio patito agli Us Open 2023. Il romano, in Arizona con una wild card, cede nell’ultimo atto contro il portoghese Nuno Borges con il punteggio di 7-5 7-6. Un risultato che non toglie niente al torneo dell’azzurro, andato ben al di là delle più rosee aspettative della vigilia. Un rientro esemplare che rappresenta il primo passo di una risalita che vede il romano scalare 12 posizioni nel ranking, attestandosi ora al numero 142 del mondo.

Quello di Matteo Berrettini in Arizona è stato un rientro atteso, desiderato, sofferto, che lascia tante speranze per il futuro. Il risultato ottenuto in Arizona è un surplus, qualcosa di imprevisto che accresce fiducia e buone sensazioni, ma non è quello che più conta. Dopo i tanti problemi che hanno attanagliato l’azzurro negli ultimi due anni, dopo l’ultimo calvario lungo sette mesi, l’obiettivo principale era mettersi alla prova, testare la tenuta di un corpo che troppe volte lo ha tradito, ritrovare un’integrità fisica. Un primo test che Berrettini ha superato a pieni voti.

Sì, perché nel tennis solo se si è integri fisicamente si può tornare in campo dopo così tanti mesi mettendo in fila ben tre rimonte consecutive, tre battaglie. Solo chi sta bene può vincere due partite nello stesso giorno stando in campo complessivamente per cinque ore. Tra Hugo Gaston, Arthur Cazaux, Térence Atmane, Aleksandar Vukic e Nuno Borges, Berrettini è stato in campo in totale circa undici ore. Avversari sì modesti, ma tutti affrontati con quella voglia di lottare che ha spinto Berrettini fino al numero 6 del mondo e che nasce solitamente quando hai la sensazione che tutto sia inserito nel verso giusto.

Al netto delle sensazioni positive arrivate da Phoenix, la cautela resta massima, l’entusiasmo moderato, l’ottimismo convinto. Per Berrettini il percorso per tornare ai vertici del tennis è ancora lungo e potenzialmente insidioso. Ogni step deve essere ponderato con calma, perché per rafforzare e stabilizzare questa ritrovata integrità fisica c’è bisogno di giocare con continuità senza incorrere in nuovi problemi. E da questo punto di vista la scelta di tornare in campo in un Challenger, saltando Slam o tornei più impegnativi, è stata lungimirante. L’importante è procedere per gradi: infatti la programmazione futura, per il momento, non guarda troppo avanti.

Il ritorno di Berrettini è qualcosa che serve anche a tutto il tennis italiano, soprattutto in ottica Coppa Davis. Se tutto dovesse proseguire nel modo giusto, a settembre sarà uno dei protagonisti in campo, dopo aver assunto il ruolo di motivatore nella vittoria dello scorso novembre. La prospettiva di disputare le fasi finali con Jannik Sinner e Berrettini è qualcosa che accrescerebbe notevolmente le chance di confermare l’Insalatiera conquistato a Malaga nel 2023.

Le prossime tappe adesso sono il Masters 1000 di Miami e il torneo 250 di Marrakech sulla terra rossa. In Florida Matteo sfrutterà il ranking protetto da n. 74, entrando così direttamente nel tabellone principale (l’azzurro potrà utilizzare il ranking protetto per nove tornei nell’arco di nove mesi a partire dal rientro). Alla luce di questa finale a Phoenix la curiosità è tanta, per vedere quello che riuscirà già a fare in un torneo di questo livello e con avversari di altra caratura.