Fu “uccisa per un costante filo rosso, quasi un denominatore comune di delitti omologhi e della stessa indole: perché non era un uomo ma una donna” e fu quindi punita con “intento vendicativo” perché cercava “la sua indipendenza, economica e personale”. Con queste parole la Corte d’Assise d’appello di Milano ha motivato la condanna all’ergastolo di Davide Fontana, il 45enne che l’11 gennaio di due anni fa uccise l’ex fidanzata Carol Maltesi a Rescaldina. Una “barbarie” in cui i giudici di secondo grado hanno riconosciuto le aggravanti della premeditazione e della crudeltà, aumentando al fine pena mai la pena dai 30 anni inflitti in primo grado al bancario.
Fontana, reo confesso, uccise la 26enne nella sua abitazione a Rescaldina, nel Milanese, colpendola con 13 martellate alla testa e poi sgozzandola. Dopo il delitto, fece a pezzi il corpo e per oltre due mesi ne conservò i resti in un congelatore. Non riuscendo a liberarsene bruciandoli, decise di abbandonarli dentro ad alcuni sacchi in una discarica a cielo aperto nel Bresciano. Venne arrestato a fine marzo di due anni fa.
La 26enne si occupava della realizzazione di contenuti per la piattaforma Onlyfans. Il giorno dell’omicidio, lei e il bancario si erano incontrati proprio per girare insieme un video, nel quale lei doveva apparire legata e con un cappuccio sulla testa, e che era stato commissionato da Fontana tramite un profilo falso. Realizzando quel filmato lui la uccise, ebbe “l’opportunità per l’attuazione” del delitto che aveva già “preordinato”, secondo la Corte, dopo aver “carpito” alla vittima il consenso “di porsi in una condizione di passività assoluta”, “inerme, in balia dell’altrui violenza senza poter reagire, difendersi, urlare, chiedere soccorso”.
Fontana, si legge nelle 95 pagine di motivazioni, portò avanti la “cinica estensione di uno studiato ‘contrappasso'”, con un “ultimo, osceno, ‘set cinematografico’, un’ultima uscita di scena simbolicamente punitiva per avere la vittima cercato nella carriera di attrice-porno la sua indipendenza, economica e personale”. La Corte non ha riconosciuto le attenuanti generiche come equivalenti alle aggravanti, come avvenuto invece in primo grado, cosa che avrebbe portato comunque sotto l’ergastolo la pena per Fontana, autore di una “brutale violenza di genere”, si legge ancora. Invece di lasciare “andare” la donna o di impegnarsi “a coltivare e a valorizzare il legame con lei”, scrivono i giudici, il bancario ha scatenato la sua “furia omicida verso un fin troppo facile ed inerme bersaglio”.