Il ricorso al congedo di paternità in Italia è triplicato tra il 2013 e il 2022. Secondo l’elaborazione di Save the Children, fatta sulla base dei dati Inps e diffusa in occasione della Festa del papà del 19 marzo, sono sempre di più gli uomini a fruirne. Anche se, fa notare la ong, permane un forte squilibro di genere tra i due genitori nella cura dei figli. Ma c’è qualche segnale.
Nel 2013, poco meno di 1 padre su 5 ne ha usufruito (pari al 19,25%), cioè 51.745 padri, mentre, mentre nel 2022, sono stati più di 3 su 5 (pari al 64,02%), cioè 172.797 padri, con poche differenze a seconda che si tratti di genitori del primo (65,88%), secondo o successivo figlio (62,08%). Alla sua introduzione, nel 2012 il congedo di paternità prevedeva un solo giorno obbligatorio e due facoltativi, mentre oggi garantisce 10 giorni obbligatori e uno facoltativo ai neopapà ed è fruibile tra i due mesi precedenti e i 5 successivi al parto.
Il profilo di chi ne usufruisce è quella di un padre che ha più di 30 anni, vive al Nord, lavora in imprese di media-grande dimensione con un contratto di lavoro stabile e ha un reddito medio-alto. Sebbene l’incremento nell’utilizzo di questo diritto all’astensione lavorativa si registri in tutta Italia, chi ne usufruisce di più vive nelle province del Nord, mentre il tasso si abbassa in quelle del Mezzogiorno. Valori di fruizione inferiori al 30%, si riscontrano nelle province di Crotone (24%), Trapani (27%), Agrigento e Vibo Valentia (29% in entrambe le province), mentre valori superiori all’80% (i più elevati), si registrano nelle province di Bergamo e Lecco (81% in entrambi i casi), Treviso (82%), Vicenza (83%) e Pordenone (85%).
Ad utilizzare maggiormente il congedo, come era prevedibile, sono gli uomini nelle fasce d’età comprese fra i 30 e i 39 anni (65,4%) e fra i 40 e i 49 (65,6%). Inoltre, è più probabile che il padre usufruisca del congedo di paternità se lavora in aziende medio-grandi. Fra quelle con oltre 100 dipendenti, infatti, l’utilizzo è pari al 77%, mentre scende al 67,8% in quelle che hanno fra i 51 e i 100 dipendenti, al 60% fra quelle che hanno fra i 16 e i 50 dipendenti, fino ad arrivare al 45,2% nelle aziende con 15 dipendenti o meno. Eppure, è proprio in questa ultima tipologia di azienda che si è registrato l’aumento maggiore nell’utilizzo del congedo di paternità tra il 2021 e il 2022 (più 8,7%).
“Il coinvolgimento dei padri nella cura dei figli sta cambiando, anche se lentamente, anche in Italia, a favore di una maggiore condivisione delle responsabilità”, ha dichiarato Giorgia D’Errico, Direttrice Affari pubblici e Relazioni istituzionali di Save the Children. “È necessario sostenere questo cambiamento, andare nella direzione di un congedo di paternità per tutti i lavoratori, non solo i dipendenti, garantendo che i datori di lavoro adempiano all’obbligo di riconoscere tale diritto, e fino ad arrivare all’equiparazione con il congedo obbligatorio di maternità. Una misura, questa, anche a sostegno delle neomamme, in un periodo della vita che troppo spesso si rileva difficile e caratterizzato da sentimenti di inadeguatezza e solitudine, come emerge anche da una indagine campionaria promossa nel 2023 da Save the Children”. Quindi conclude: “È essenziale incoraggiare i nuovi padri nella piena condivisione della cura dei figli, eliminando, al contempo, i tanti ostacoli che ancora oggi bloccano l’ingresso e lo sviluppo professionale delle madri nel mondo del lavoro”.
Nella fruizione dei congedi di paternità si rilevano forti disuguaglianze tra le diverse tipologie contrattuali, a favore di chi ha un contratto di lavoro più stabile. Se infatti, tra i lavoratori con un contratto a tempo indeterminato la percentuale sfiora il 70% (69,49%), tra quelli con contratto a tempo determinato scende al 35,95%, mentre tra gli stagionali arriva solo al 19,72%. Per quanto riguarda le fasce di reddito, invece, l’utilizzo del congedo di paternità è più diffuso tra i padri con un reddito compreso fra i 15mila e i 28mila euro (73,3%) e fra quelli con reddito superiore a 28mila euro e inferiore a 50mila (85,68%). La correlazione positiva tra reddito e utilizzo del congedo di paternità, però, si interrompe a partire dai redditi di 50mila euro (tra chi ha un reddito superiore a questo importo ne usufruisce il 78,63%).