Ho letto il manifesto dei socialisti europei e fa molto male. Poi si stupiscono che la gente non vada a votare. Ma se uno alle elezioni europee deve scegliere tra il Pse e il Ppe, che sulla guerra e sull’economia dicono le stesse cose, o scelgono l’originale oppure non vanno a votare”. È la sferzante critica lanciata dall’ex deputato Stefano Fassina ai socialisti europei nel corso dell’assemblea “Un movimento per il socialismo” organizzata dalla rivista Critica Sociale e tenutasi a Roma.

L’economista ricorda: “Oggi la questione fondamentale è la guerra: o stai con Macron o stai con Papa Francesco, perché o c’è l’escalation o il negoziato. E i socialisti europei scrivono in quel manifesto che l‘Ucraina deve riconquistare la sovranità sul territorio internazionalmente riconosciuto prima del 2014. Ma non solo: votano al Parlamento europeo una risoluzione in cui c’è scritto che l’Ucraina deve vincere e deve riprendersi anche la Crimea“.

Fassina spiega: “La guerra è importante perché, a seconda di come andrà a finire, si prospetta un nuovo scenario per i prossimi decenni. Se c’è una rottura insanabile con la Russia, sarà molto faticoso ricostruire un nuovo ordine internazionale multipolare. E se non fa l’Europa questa funzione di ponte, chi deve svolgere questo ruolo? Se in Ucraina va a finire male e se non finisce con un negoziato, ma si va alla escalation, è chiaro che avremo una situazione, bipolare nel migliore dei casi, dove pezzi di mondo fondamentali saranno più attratti dall’altra parte. E parlo di pezzi di mondo – sottolinea – che non sono dittatoriali e che non staranno con noi se si configurerà un ordine bipolare tra le presunte democrazie e le reali dittature. In queste settimane, ad esempio, c’è il G20 in Brasile e Lula ha invitato Putin. A me la guerra preoccupa molto anche perché con troppa disinvoltura si dice: siccome siamo minacciati e bisogna costruire una difesa europea, allora bisogna rinunciare al welfare perché prima viene la sicurezza militare. È chiaro che così siamo morti“.

Estremamente scettica è anche l’opinione di Fassina sullo stato attuale della sinistra: “C’è bisogno di cultura socialista. C’è un impressionante deficit di cultura politica a sinistra ed è ancora più paralizzante in una fase in cui sta cambiando tutto intorno a noi a una velocità incredibile. L’indicatore più evidente è il voto delle fasce popolari: la sinistra storica – spiega – in tutte le sue articolazioni, anche in quella che si definisce radicale e antagonista, prende il voto di quelli che stanno bene. Quelli che stanno male o non vanno a votare o non votano certamente la sinistra storica. Le giunte di sinistra, come a Milano, ci sono perché nei centri delle città ci sono i ricchi e dove ci sono i poveri, i disoccupati, i precari, quelli che stanno male la sinistra non tocca palla“.

E conclude con un auspicio: “Bisogna rendere esplicita una strada diversa: in primis una discussione culturale e politica, ovviamente anche sul piano organizzativo. L‘unità a sinistra è importante, tuttavia è una condizione necessaria ma non sufficiente, perché abbiamo bisogno di ridefinire delle categorie fondamentali che finora non sono state adeguatamente definite. E senza questo lavoro di ridefinizione, la somma non farà il totale“.

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