Un rimprovero al Parlamento, che non è intervenuto a legiferare sul fine vita e sui figli delle coppie omogenitoriali. È quello lanciato dal giudice costituzionale Augusto Barbera, che per la prima volta ha illustrato la Relazione annuale della Consulta da presidente della Corte. Alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nella sala Belvedere di Palazzo della Consulta, Barbera ha anche parlato di femminicidi e morti sul lavoro, rivendicando l’indipendenza della Corte e chiedendo al Parlamento di procedere all’elezione del giudice costituzionale attualmente mancante.
“Rammarico per il non intervento del legislatore” – “Non si può non manifestare un certo rammarico per il fatto che nei casi più significativi il legislatore non sia intervenuto, rinunciando ad una prerogativa che ad esso compete, obbligando questa Corte a procedere con una propria e autonoma soluzione, inevitabile in forza dell’imperativo di osservare la Costituzione”, ha detto Barbera. Il presidente della Consulta si auspica che “sia un intervento del legislatore che dia seguito alla sentenza n. 242 del 2019 (il cosiddetto caso Cappato), sul fine vita, sia un intervento che tenga conto del monito relativo alla condizione anagrafica dei figli di coppie dello stesso sesso (come già auspicato nelle due sentenze n. 32 e n. 33 del 2021). In entrambi i casi il silenzio del legislatore sta portando, nel primo, a numerose supplenze delle assemblee regionali; nel secondo, al disordinato e contraddittorio intervento dei Sindaci preposti ai registri dell’anagrafe”. Quindi ha avvisato le Camere: “Se rimane l’inerzia del Parlamento sul fine vita, la Corte costituzionale ad un certo punto non potrà non intervenire”, ha detto, auspicando insomma “una lettura integrata“, tenendo presente che “si vanno moltiplicando le iniziative delle Regioni a supplenza del Parlamento”.
L’appello: “Eleggete il giudice mancante” – Barbera si è poi espresso sulla riforma costituzionale, attualmenente allo studio del Parlamento. “Le previsioni costituzionali assicurano efficacemente accanto al pluralismo, l’indipendenza della Corte“, ha detto il suo presidente. Che poi ha lanciato un nuovo appello ai parlamentari: “In questo quadro mi sia consentito rivolgere un invito alle Camere, affinchè, ormai esaurite le prime due votazioni, provvedano nel più breve tempo possibile a questo adempimento. A questo proposito non è superfluo ricordare che l’apporto di ciascun giudice è essenziale per il buon esito del giudizio costituzionale, fondato sulla piena collegialità”. Il riferimento è alla fumata nera relativa alla votazione del nuovo giudice costituzionale, di pertinenza di Camera e Senato, riuniti in seduta comune.
“Rispettare le decisioni parlamentari” – Dopo un rimprovero e un appello, però, Barbera ci ha tenuto a riequilibrare il senso del suo intervento nei confronti delle Camere. “In un sistema costituzionale fondato sulla separazione dei poteri, al rigoroso rispetto delle decisioni delle magistrature deve corrispondere l’altrettanto rilevante rispetto delle decisioni delle sedi parlamentari, espressione della sovranità popolare“, ha sottolineato, ricordando che la Corte costituzionale deve rispettare l’ampia sfera di discrezionalità del legislatore nell’attuazione delle politiche delle quali il Parlamento risponde direttamente agli elettori, e può intervenire soltanto ad assicurare il rispetto dei limiti sostanziali fissati dalla Costituzione a quanto può essere deciso dalle maggioranze parlamentari. In particolare, ha aggiunto Barbera, “questa Corte è chiamata ad essere custode della Costituzione, ma è tenuta ad essere altrettanto attenta a non costruire, con i soli strumenti dell’interpretazione, una fragile Costituzione dei custodi. E ciò soprattutto in riferimento a materie in cui le norme costituzionali sono oggetto di una evoluzione interpretativa; penso in primo luogo i diritti civili”. A questo proposito ha ricordato alcune innovazioni che nella storia della Repubblica, sono state proprio il “frutto di importanti pronunce della Corte a cui hanno fatto seguito non meno rilevanti decisioni legislative”. Ecco perché Barbera ha voluto sottolineare che “a fronte di una persistente inerzia legislativa, la Corte non può comunque rinunciare al proprio ruolo di garanzia, che include anche il compito di accertare e dichiarare i diritti fondamentali reclamati da una coscienza sociale in costante evoluzione”. Il riferimento è sempre alla sentenza Cappato.
Barbera si è espresso sul segreto delle camere di consiglio. “Fin dai primi anni di vita della Corte, non si è avvertita l’esigenza di introdurre forme di dissenting opinion. La letteratura internazionale, peraltro, è concorde nel ritenere che, laddove questo istituto è stato introdotto, accanto a qualche effetto positivo ha riscontrato pesanti effetti negativi; su tutti, l’indebolimento dell’autorevolezza della decisione”. Il riferimento evidente è relativo al caso di Nicolò Zanon. “Ogni discussione sul tema – sia chiaro! – è pienamente legittima, ma, in assenza di una diversa normativa, va comunque rispettato – lo sottolineo con forza! – il ‘segreto‘ della camera di consiglio, volto non a garantire sorpassati ‘arcana imperii’, ma istituto necessario per assicurare la libertà e l’indipendenza della Corte costituzionale“, sono le nette parole del presidente della Corte. Nel dicembre scorso, durante un evento pubblico, infatti, l’ex vicepresidente Zanon si è dissociato dalla decisione della Corte che ha dato torto a Cosimo Ferri, definendola di fatto eversiva. E lo ha fatto appena un mese dopo il termine del suo mandato alla Consulta.
“Anno di atroci femminicidi” – Barbera ha anche sottolineato come il 2023 sia stato “l’anno che ha visto in Italia atroci casi di femminicidio, o registrato, comunque, numerose e ripugnanti violenze contro le donne. Ed è stato l’anno in cui oltre mille (una media di ben tre al giorno!) sono state le agghiaccianti morti sul lavoro”. Davanti a Mattarella il presidente delle Consulta ha parlato di “tragedie che, direttamente o indirettamente, hanno visto e vedranno impegnata la giurisprudenza della Corte costituzionale, sia per quanto riguarda la condizione femminile, sia per quanto riguarda importanti aspetti dell’organizzazione del lavoro nelle imprese”.