Cultura

L’invenzione di Firenze: la rivoluzione di Cosimo de’ Medici e Giorgio Vasari che consegnò alla storia l’immagine eterna della città (Uffizi inclusi)

di Marco Ferri

Cosimo I de’ Medici e Giorgio Vasari. Il duca (poi granduca) e il suo architetto (e artista) prediletto. In vent’anni di collaborazione – tra il 1554 e il 1574 – furono capaci di rivoluzionare l’immagine di Firenze, dandole in larga parte quell’aspetto che ancora oggi – 450 anni dopo – riempie gli obiettivi degli scatti fotografici di milioni e milioni di turisti. Il duca Cosimo, che aveva costruito e ampliato uno Stato forte, decise di far sapere ai propri sudditi e consegnare alla storia i propri trionfi e la nuova immagine della Toscana: questo fu il compito che Cosimo I affidò a Vasari durante i due decenni che li videro collaborare.

Dalla progettazione e costruzione degli Uffizi, radendo al suolo un intero quartiere medievale, a quella in soli sei mesi del Corridoio Vasariano (non a caso da tempo si chiama così) per le nozze del figlio del duca, Francesco, con la figlia dell’imperatore Ferdinando d’Asburgo, Giovanna d’Austria, dalle ristrutturazioni interne delle basiliche di Santa Maria Novella e Santa Croce al rinnovamento di Palazzo Vecchio, dalla creazione dell’Accademia dei Pittori (oggi Accademia delle Arti del Disegno) alla realizzazione dei pisani palazzi dell’Ordine di Santo Stefano e della Carovana (oggi sede principale della Scuola Normale Superiore), Vasari si mise al servizio del suo duca con totale abnegazione, a tal punto che durante la realizzazione dell’ultimo tratto del Corridoio Vasariano per un certo periodo alloggiò nella canonica della chiesetta di Santa Felicita (nella cui Cappella Capponi è dipinto il suggestivo Trasporto di Cristo di Pontormo) per stare più vicino al cantiere, così come entrambe le edizioni delle Vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori, “da Cimabue insino a’ tempi nostri del 1550 e del 1568″ – che in pratica rappresentano l’invenzione della storia dell’arte -, furono dedicate da Vasari a Cosimo I de’ Medici, a conferma che la “premiata ditta” contribuì non poco alla bellezza e alla fama della città di Firenze.

Anzi, negli ultimi anni, dopo che il Duca era stato colpito dalla tragedia della triplice morte della moglie Eleonora e dei figli Giovanni e Garzia (tra novembre e dicembre 1562), Cosimo I chiese a Vasari di progettare per il complesso laurenziano di Firenze, una nuova cappella sepolcrale – dopo quella di Filippo Brunelleschi della prima metà del Quattrocento e quella realizzata da Michelangelo Buonarroti circa un secolo più tardi – dove deporre le spoglie dei suoi familiari e sue. Vasari si mise subito al lavoro e nel 1568 diede notizia che il progetto era pronto e che, anzi, si stavano già raccogliendo i materiali per la sua realizzazione. Purtroppo né il duca, né l’architetto aretino avrebbero mai visto questa “terza sontuosa cappella”, perché entrambi morirono nel 1574, a meno di due mesi l’uno dall’altro: Cosimo I il 21 aprile nella Villa di Castello, alle porte di Firenze, e Vasari il 27 giugno nella sua casa fiorentina, a pochi passi dalla Basilica di Santa Croce. Al posto di quel progetto di nuova cappella funeraria, oggi troviamo l’imponente mausoleo delle Cappelle Medicee (che Ferdinando I de’ Medici, figlio di Cosimo I iniziò a realizzare nel 1604) la cui esistenza è “figlia” di quel desiderio primordiale, a conferma che la validità delle idee del duca e del suo architetto di fiducia sopravvissero alla loro vicenda vitale.

“Quello tra Giorgio Vasari e il duca Cosimo – dice Cristina Acidini, già soprintendente per il Polo Museale Fiorentino e oggi presidente dell’Accademia delle Arti del Disegno – fu un sodalizio straordinario, tenuto insieme da esercizio di potere e doti d’ingegno. Con Vasari come una sorta di ‘ministro della cultura’ oltre che artista, Cosimo riuscì a lasciare un’impronta indelebile nell’urbanistica, nell’architettura, nelle arti di Firenze: da Palazzo Vecchio agli Uffizi, dal Duomo alle grandi basiliche. Inventarono il museo, l’accademia, la storiografia artistica. Dopo Arnolfo e Brunelleschi, furono loro due a ‘costruire’ il profilo di Firenze come città d’arte”. Un sodalizio – aggiunge Emanuela Ferretti, docente di Storia dell’architettura dell’Università di Firenze – che “ha lasciato tracce indelebili sulla città di Firenze: le imprese degli Uffizi e del Corridoio Vasariano rappresentano nodi fondamentali di questa progettualità a scala architettonica e urbana, ma vanno anche ricordate anche le trasformazioni dell’assetto interno di Santa Croce e Santa Maria Novella che anticipano analoghe sistemazioni realizzate nei decenni successivi in tutta la penisola, come adeguamenti liturgici della Controriforma. Artista e committente trovarono piena sintonia in ogni occasione, poiché Vasari seppe dare risposte adeguate alle richieste di Cosimo I dispiegando piena efficienza nella gestione dei cantieri ed elaborando un linguaggio idoneo a veicolare il prestigio del primo granduca di Toscana. La grande capacità organizzativa di Vasari avrebbe inoltre permesso di trasformare Palazzo Vecchio nella nuova reggia medicea, con una campagna decorativa di grande impatto e interventi di particolare arditezza costruttiva: e il rialzamento della Sala Grande, poi Salone dei Cinquecento, ne costituisce vivida testimonianza”.

Da parte sua Serena Nocentini, storica dell’arte e direttrice dell’ufficio per i Beni Culturali e l’Arte Sacra della diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, afferma che “il Genio aretino, un ministro della Cultura ante litteram, come lo aveva definito giustamente Antonio Paolucci, si rivelò intellettuale a tutto tondo: fu autore delle Vite, testo storiografico di grande valore documentario, primo grande esempio di manuale di storia dell’arte e inesauribile fonte di notizie. Ma anche una testimonianza assai significativa di come a quei tempi faceva storia, e anche in fin dei conti politica, un artista intrinseco a un potere influente come quello dei Medici. Il Vasari deve la sua celebrità a questo capolavoro letterario più che alla produzione in altri campi dell’arte; ma ciò è riduttivo, in quanto ci sono altri aspetti della sua attività e della sua personalità che meritano di essere apprezzati. Egli stesso, nella dedica con cui si rivolge al duca Cosimo I, tiene a ribadire il proprio ruolo di artista e non di scrittore: ‘la quale è stata non di procacciarmi lode come scrittore, ma, come artefice’”. Nocentini ricorda che proprio grazie alla pittura Vasari arrivò alla corte dei Medici: la protezione di Ottaviano Medici costituì una preziosa “garanzia” alla corte di Alessandro, il predecessore di Cosimo: “Il Cristo portato al Sepolcro, realizzato per Ippolito de’ Medici, cugino del duca, proprio nel 1532 è il primo dipinto noto, ad oggi, concepito come il ‘biglietto da visita’ presso la corte medicea – spiega ancora Nocentini -. Il quadro piacque particolarmente al duca Alessandro che se ne appropriò per esibirlo nella propria camera e fu sempre tenuto in grande considerazione dalla famiglia Medici, come ricorda lo stesso Vasari nella sua Autobiografia del 1568″. Insomma, la fama come pittore è meno riconosciuta, eppure Vasari fu un eminente artista figurativo del Cinquecento. “Lavorò per importanti committenze sui grandi cicli affrescati – racconta ancora la storica dell’arte – Basti pensare ai maestosi affreschi in Palazzo Vecchio a Firenze per i quali ragionò in un dialogo immaginario con il principe Francesco de’ Medici, figlio e successore di Cosimo. Ma ha anche dipinto ambienti intimi di dimensione domestica libero dalle prescrizioni ‘calate dall’alto’, come testimoniano gli affreschi della propria casa ad Arezzo, ma anche quelli della dimora fiorentina ricevuta in dono nel 1561 proprio da Cosimo I a riconoscenza delle numerose prestazioni svolte”.

Sono già stati annunciati (o sono già in corso) vari appuntamenti celebrativi del doppio 450esimo anniversario di Cosimo I e di Vasari: un ciclo di incontri all’Accademia delle Arti del Disegno di Firenze, una grande mostra di caratura internazionale ad Arezzo in autunno mentre agli Uffizi, dove ancora si ricordano i fasti della mostra Vasari, gli Uffizi e il Duca del 2011 in cui si celebravano i 500 anni dalla nascita dell’architetto, per ora non sono previste particolari iniziative, se non la riapertura del Corridoio Vasariano (prevista a fine maggio), a quasi otto anni dalla sua chiusura e dopo lo svuotamento delle centinaia di dipinti (gran parte dei quali appartenenti alla collezione degli Autoritratti) e la sostituzione con opere in materiali insensibili alle variazioni climatiche, voluto dal precedente direttore, Eike Schmidt.

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Nella foto in alto | Accanto a una veduta di Firenze da piazzale Michelangelo i ritratti (dall’alto) di Cosimo I de’ Medici, primo granduca di Toscana, e di Giorgio Vasari. In mezzo, gli Uffizi

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