“Certamente se il mio processo fosse contro un italiano bianco sarebbe diverso. Senza dubbio. Con la quantità di prove che ho non verrei condannato“. Sono le frasi folli pronunciate dall’ex calciatore del Milan Robinho alla tv brasiliana Record, a proposito della sua condanna a nove anni di carcere per violenza sessuale di gruppo ricevuta in Italia. Il Brasile ha rifiutato la richiesta di estradizione dell’ex calciatore. Mercoledì prossimo, intanto, la Corte Superiore di Giustizia brasiliana (STJ) valuterà la richiesta del governo italiano di fargli scontare la pena in territorio brasiliano.
Robinho in tv ha accusato il sistema giudiziario italiano di razzismo nel suo processo: “Ho giocato solo quattro anni in Italia e sono stanco di vedere storie di razzismo. Sfortunatamente, questo continua fino ad oggi. Era il 2013, siamo nel 2024. Le stesse persone che non fanno nulla contro questo tipo di atti (razzismo) sono le stesse che mi hanno condannato”, ha dichiarato Robinho a TV Record. Ovviamente frasi che non hanno nessun fondamento.
Nel ricostruire il suo caso, Robinho ha ammesso la breve relazione con la ragazza che lo ha accusato: “Abbiamo avuto un rapporto superficiale e veloce. Ci siamo scambiati dei baci. In nessun momento lei mi ha respinto o ha detto ‘stop’. C’erano altre persone in quel posto e quando ho visto che lei voleva restare con altri ragazzi io sono andato a casa”, ha dichiarato l’ex giocatore del Santos. I fatti risalgono al 2013, quando il brasiliano giocava nel Milan. Nel corso di una serata in un locale della movida milanese, in compagnia di amici ha abusato sessualmente di una giovane ragazza. Nelle motivazioni della sentenza, il giudice Tribunale sottolinea come Robinho e l’altro imputato (un suo amico) abbiano mostrato un “assoluto dispregio” per la giovane donna “esposta a ripetute umiliazioni, oltre che ad atti di violenza sessuale”, descritta nelle loro conversazioni intercettate “con epiteti (…) e termini spesso crudi e sprezzanti, segni inequivocabili di spregiudicatezza e quasi di consapevolezza di una futura impunità”.