A Casalecchio di Reno, comune di 35 mila abitanti alle porte di Bologna, negli ultimi otto anni le sale per gioco d’azzardo legale sono passate da sette a due; i bar e le attività commerciali dotate di macchinette si sono più che dimezzate: da 45 a 20. La somma giocata nel complesso sul territorio è passata da dai 67 milioni di euro del 2016 ai 56 milioni del 2022. In quest’ultimo conteggio è incluso anche il gioco legale on line fatto dai residenti, che può essere calcolato con precisione visto che per aprire un conto bisogna registrarsi con i propri dati anagrafici. Questi numeri sono il risultato di una scelta politica precisa, racconta Massimo Masetti, vicesindaco e assessore al Welfare del Comune emiliano, retto dal centrosinistra. Masetti, referente per il gioco d’azzardo di Avviso Pubblico, la rete degli enti locali contro le mafie e la corruzione, è diventato un punto di riferimento per gli amministratori che vogliono mettere un freno a sale giochi, slot, videopoker…
Come siete arrivati a questi risultati?
A Casalecchio siamo stati tra i primi a dare seguito alla legge regionale 5 del 2013 sulla prevenzione e riduzione del rischio legato all’azzardo. Innanzitutto abbiamo mappato i luoghi sensibili, come scuole e chiese, e imposto un limite di almeno 500 metri di distanza per le sale giochi. Abbiamo poi redatto un regolamento che, oltre al “distanziometro”, prevede la limitazione degli orari di accensione degli apparecchi, l’impossibilità di concedere il patrocinio comunale a iniziative collegate a operatori dell’azzardo o a locali con macchinette, il divieto di fare pubblicità alle vincite…
In che orari possono funzionare le “macchinette” a Casalecchio?
L’attività è consentita dalle 10 alle 13 e dalle 17 alle 22, sia nelle sale giochi che negli altri esercizi. Così abbiamo tagliato fuori almeno gli orari in cui si entra ed esce da scuola e dal lavoro.
Avete incontrato resistenze?
Fra i cittadini, un argomento che fa presa è ricordare che in Italia si giocano 150 miliardi di euro l’anno, mentre il Fondo nazionale per la sanità è di 128, quello per la scuola 52… Tutti conoscono qualcuno che gioca in modo sistematico, anche se non necessariamente patologico. L’opposizione di centrodestra non ha fatto una grande resistenza, anche se non ha mai condiviso questi provvedimenti. Loro hanno una visione molto liberale, sostengono che siano le singole persone a doversi autolimitare.
E gli operatori del settore?
Certo l’opposizione da parte loro è stata forte. Attraverso le associazioni di categoria hanno fatto ricorso contro tutti i nostri atti, ma fino a questo momento abbiamo sempre vinto noi.
Per la prima volta, le Regioni chiedono una compartecipazione all’imponente gettito fiscale garantito dal gioco legale. Pensa che questo possa rendere più difficili politiche come quelle che ci sta raccontando?
Personalmente non sono contrario a un fondo che vada a finanziare il contrasto al gioco d’azzardo. Ma non si deve ricreare per le Regioni un meccanismo del tutto simile a quello del bilancio dello Stato.
Cioè di uno Stato “dipendente” – anche lui – dall’azzardo?
Nella discussione sulla legge di riordino, il ministero delle Finanze parte da assunto non modificabile: l’invarianza del gettito erariale. Altrimenti non riesce a chiudere il bilancio dello Stato. Se facciamo lo stesso con le Regioni, inserendo una voce di entrata collegata all’azzardo, creiamo la medesima dipendenza. Oggi la maggior parte degli enti locali vuole ridurre l’offerta di azzardo sul territorio, ma lo Stato dice no perché deve garantirsi l’entrata erariale. Se questo si riproduce nelle Regioni, il sistema s’ingessa definitivamente.
La Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, che ha proposta la compartecipazione al gettito, sostiene che misure come il distanziometro siano superate, visto il boom del gioco online.
In realtà, passata l’emergenza Covid il gioco fisico sta riprendendo piede. Emerge la figura del “supergiocatore”, che va nel punto fisico e scommette anche on line. Distinguere le due tipologie per me è sbagliato.
Come mai da amministratore locale ha deciso di dedicarsi in particolare a questa battaglia?
Mi ci sono imbattuto. Fino una decina di anni fa ero inconsapevole, come tanti. Ma occupandomi di servizi sociali mi sono trovato di fronte a famiglie rovinate, a persone che si sono tolte la vita Mi sono reso conto che il fenomeno era sfuggito al controllo e lo Stato partiva soltanto da un approccio finanziario. Oggi la patologia da azzardo è riconosciuta.
Qual è il suo obiettivo? Gioco zero?
Non siamo proibizionisti. Però dovremmo affrontare questa partita prima dal punto vista sanitario e poi fare un’operazione di gioco d’azzardo lecito. Ormai ci sono studi che dicono che ci sono giochi più pericolosi di altri dal punto di vista della possibile patologia, e che i rischi possono essere limitati intervenendo per esempio sulla velocità di gioco, sulla durata… Altri si sono dimostrati più esposti all’infiltrazione criminale. Ci servono davvero o possiamo depennarli?