Nikolay Petrov è un politologo e analista russo, capo del Centro per la ricerca politico-geografica di Berlino e Senior Fellow presso Chatham House. Ilfattoquotidiano.it lo ha sentito per commentare e analizzare le conseguenze delle elezioni russe che, stando ai risultati, hanno portato a Putin il più ampio consenso popolare nella storia della Federazione.
Professor Petrov, lei crede che Vladimir Putin abbia ottenuto più dell’87% dei voti?
No, non ci credo. Ma anche prima non si poteva dire che le elezioni in Russia fossero oneste e giuste. Putin si è sempre messo in una posizione vantaggiosa e ha sempre deciso con chi competere nelle elezioni. Anche se prima c’erano alcuni elementi di onestà. Ma ora abbiamo assistito ad un modello elettorale fondamentalmente nuovo.
Qual è il motivo di questa transizione a un “modello turkmeno”? Giornalisti e politologi hanno già definito ciò che è accaduto una rottura definitiva con le convenzioni occidentali e una “svolta verso est” e hanno chiamato la percentuale ricevuta da Putin “il risultato di un tipico anziano dittatore asiatico”.
Lei ha chiamato questo modello “turkmeno”. Beh, in effetti è simile agli scenari dell’Asia centrale, è un modello di autocrazia consolidata. Il fatto è che oggi due strutture che in precedenza frenavano il Cremlino sono scomparse o sono diventate molto più deboli. Il primo è l’Occidente: oggi alle autorità russe non interessa quello che pensano gli occidentali, perché è semplicemente impossibile peggiorare la loro immagine agli occhi dell’Occidente. Il secondo fattore restrittivo è sempre stato la presenza di almeno qualche tipo di osservazione, delle strutture che monitorassero il processo di votazione. Costa troppo falsificare i risultati su larga scala quando l’attenzione pubblica è focalizzata sulle elezioni. Oggi tutto questo non esiste più: non è un caso che Golos sia stato schiacciato prima delle elezioni (l’organizzazione per i diritti umani Golos era impegnata nel monitoraggio indipendente delle elezioni in Russia e nella protezione dei diritti degli elettori. Nel 2023, il movimento è stato dichiarato “agente straniero”, ndr). In assenza di questi due freni e in una situazione dove la guerra, al contrario, ha reso Putin il capo e il comandante assoluto, il Cremlino è passato volentieri al modello “turkmeno”. Soprattutto perché il compito era mostrare a tutti che oggi Putin è sostenuto da molte più persone rispetto all’ultima volta e rispetto a prima dell’inizio della guerra.
Alcuni strateghi politici scrivono che se avesse preso il 60-70%, sarebbe sembrato più onesto anche agli occhi dei suoi stessi sostenitori. Perché ha comunque scelto una cifra così alta?
Putin non ha sostenitori tra i cittadini le cui opinioni debbano essere prese in considerazione, secondo lui. Ci sono dei sudditi pronti ad accettare tutto, non si opporranno, soprattutto in modo collettivo e ragionato. Ma il Cremlino ha anche un altro pubblico, le élite, ed è molto importante come appaiono le elezioni ai loro occhi. Questa volta non è stato possibile dimostrare alle élite che Putin è più popolare tra la gente rispetto a prima e il Cremlino ci ha rinunciato. Facendo di tutto per compiacere Putin, le autorità hanno compiuto una mossa per la quale pagheranno un prezzo molto alto. Le élite politiche capiscono che tutto questo è gonfiato. Ciò che pensano i cittadini comuni non è particolarmente interessante, soprattutto in una situazione in cui tutto è sotto controllo. Madopo questi tre giorni di votazioni abbiamo compreso che Putin è diventato più debole e non più forte. E questo cambia tutto. Scegliendo di accontentare il leader, le autorità hanno indebolito la sua posizione agli occhi delle élite e ciò avrà gravi conseguenze a lungo termine.
Come le autorità potevano interpretare l’alto voto di protesta? Avranno visto queste code e, anche se i propagandisti le spacciano per sostegno a Putin, il Cremlino capisce perfettamente perché le persone si sono presentate ai seggi elettorali a mezzogiorno.
Uno dei compiti che il Cremlino ha dovuto affrontare in queste elezioni è stato quello di evitare perdite di reputazione e di evitare che i cittadini avessero dubbi sull’immagine che viene loro trasmessa. È qui che il Cremlino ha mancato tre colpi: le code per Nadezhdin, i funerali di Navalny e il “mezzogiorno contro Putin”. Questo è grave, ma per niente fatale per il Cremlino. Non bisogna esagerare la portata di quanto accaduto. Ma qualcos’altro è importante: privando una parte significativa degli elettori, sia pur una minoranza, dell’opportunità di manifestare politicamente il loro disaccordo, votare per il loro candidato e quindi sfogarsi, il Cremlino li sta spingendo verso la radicalizzazione.
Cosa potrebbe trarre la stessa opposizione da questa manifestazione? Ha portato dei frutti?
Credo di sì. Perché per definizione non c’era alcuna possibilità di intervenire e influenzare in qualche modo l’esito delle elezioni. Ma c’era l’opportunità di influenzare il corso delle votazioni e l’opposizione l’ha sfruttata tre volte. Abbiamo visto un relativo consolidamento, il che è stato bello. La cosa brutta è che tutto si è ridotto a una discussione sulla tattica del voto. Invece di discutere se fosse possibile votare per Davankov o meno, valeva la pena per esempio studiare il suo programma come una sorta di proposta significativa per il futuro. Prima delle elezioni le persone sono solitamente interessate non solo a discutere se combattere o smettere di combattere, ma anche alle strategie per lo sviluppo del Paese. Questa opportunità non è stata pienamente sfruttata.
Cosa possiamo aspettarci nel prossimo futuro: l’intensificazione o, al contrario, l’indebolimento della repressione? Molti commentatori prevedevano un ulteriore giro di vite dopo le elezioni. D’altro canto Putin dà l’impressione di una persona rilassata. Potrebbe ora allentare la presa e, chissà, addirittura passare ai negoziati di pace con l’Ucraina?
No, non lo farà. Il rilassamento di Putin è comprensibile. Per il Cremlino le elezioni non sono un’opportunità per vincere qualcosa, sono un’opportunità per mantenere la situazione com’era o il rischio di perdere qualcosa. Le perdite in queste elezioni sono state insignificanti, per questo Putin può rilassarsi. Mi aspetterei due conseguenze socio-economiche e sono già state annunciate. La prima è la riforma fiscale, cioè un aumento del carico fiscale per le persone più ricche e le imprese. Senza questo, sarà molto difficile far quadrare i conti del budget statale. La seconda conseguenza è la redistribuzione più attiva della proprietà privata, iniziata lo scorso anno. Tutto ciò molto probabilmente piacerà all’elettore medio, perché sono i “ricchi” a essere sotto attacco, ad esempio la prima generazione di oligarchi. Per quanto riguarda la repressione, dovremmo aspettarci una maggiore repressione contro le élite. L’incapacità del Cremlino di dimostrare loro che Putin è più forte che mai, con la stragrande maggioranza del popolo al suo fianco, significa che garantire la loro lealtà richiederà l’uso della paura.