Una bocciatura su tutta la linea. La Corte dei Conti, nella memoria sul decreto Pnrr depositata in commissione Bilancio alla Camera, non solo dà ragione alle Regioni che hanno lamentato la sottrazione di 1,2 miliardi destinati alla sanità. Ma censura pesantemente anche le novità organizzative partorite dal ministro Raffaele Fitto, dai poteri aggiuntivi attribuiti alla struttura di missione che il governo come è noto ha accentrato a Palazzo Chigi alle nuove strutture da istituire nelle prefetture.
“Gli investimenti negli ospedali andranno rinviati e serviranno coperture” – Altro che progetti totalmente rifinanziati come rivendicato da Fitto. Il provvedimento con cui il governo attua la revisione del piano, scrive la magistratura contabile, “oltre a ridurre l’ammontare complessivo delle risorse destinabili ad investimenti in sanità (l’aver attribuito il finanziamento del programma al Fondo ex art. 20 incide sulle disponibilità per ulteriori accordi di programma) e a incidere su programmi di investimento regionali già avviati, comporta il rinvio dell’attuazione del progetto “Verso un ospedale sicuro e sostenibile” a quando saranno disponibili spazi finanziari adeguati”. E’ vero, infatti, che i soldi ci sarebbero: “Al 31 dicembre 2023 le risorse non ancora utilizzate attribuite all’articolo 20 sono pari a 9,9 miliardi e che esse sono state ripartite tra le regioni”. Ma “il loro utilizzo effettivo è subordinato alla indicazione in bilancio di importi spendibili compatibilmente con gli obiettivi di finanza pubblica”. Insomma: quelle risorse “non sono già scontate nel tendenziale e quindi richiederanno apposita copertura“.
Questo comporterà “un allungamento dei tempi che dovrebbe essere valutato alla luce dello stato di attuazione dei progetti attivati e che potrebbero registrare fabbisogni difficilmente rinviabili“. Non basta: la stessa norma pone a carico dell’articolo 20 “anche il finanziamento dei maggiori costi dovuti ad incrementi dei prezzi dei progetti che erano a carico del PNC e che non hanno avuto accesso finora al Fondo opere indifferibili”. Anche in questo caso “le risorse utilizzabili, allo stato non quantificate, ridurranno ancora i fondi destinati ad accordi e, non essendo già scontate nel tendenziale, dovranno trovare spazi adeguati e apposito finanziamento“.
“Mancano informazioni di dettaglio sui costi” – Più in generale, come l’Ufficio parlamentare di bilancio anche la magistratura contabile evidenzia come “sul fronte delle maggiori esigenze finanziarie sarebbe stato auspicabile esplicitare l’elenco delle misure per le quali è stimato un incremento dei costi”. La Relazione tecnica si limita “a fornire gli elementi di sintesi delle valutazioni condotte per pervenire alla stima delle risorse Pnrr da integrare” e non riporta invece “le informazioni di dettaglio, necessarie al fine di ricostruire pienamente le valutazioni alla base del processo di quantificazione seguito”. Per “esigenze di trasparenza delle decisioni di spesa, più volte sottolineate sotto il profilo metodologico dalla Corte dei conti”, almeno per i progetti in essere la Relazione avrebbe dovuto esplicitare “da un lato, l’avvenuta inclusione della partita in questione nel calcolo della legislazione vigente e, dall’altro, le eventuali disponibilità di bilancio utili a garantire la copertura dell’incremento dei costi ad invarianza di saldi, al fine di fugare dubbi circa la futura necessità di integrazioni degli stanziamenti di spesa“.
A Chigi poteri ispettivi che violano l’autonomia degli enti locali – Censure pesanti arrivano poi sull’inserimento in un decreto legge di norme ordinamentali come il rafforzamento della struttura di missione per il Pnrr che il governo come è noto ha accentrato a Palazzo Chigi. La Corte dei Conti demolisce nel merito l’articolo 4, che la incarica “ai fini della verifica della coerenza della fase attuativa rispetto agli obiettivi programmati” di “procedere all’effettuazione di ispezioni e controlli a campione, sia presso le amministrazioni centrali titolari delle misure, sia presso i soggetti attuatori”: la previsione “sembra istituire in capo alla Struttura un potere ispettivo su tutte le Pubbliche amministrazioni” che “non appare coerente con i compiti di mero coordinamento attribuiti dall’articolo 95 della Costituzione alla presidenza del Consiglio dei ministri, presso la quale la predetta Struttura è allocata”. Una “asistematicità” che “appare ancor più evidente in caso di esercizio del potere ispettivo nei confronti di Regioni o enti locali, in ragione del principio costituzionale di autonomia che governa i rapporti tra questi e le amministrazioni centrali”.
Velleitaria, per la Conte, l’istituzione presso ciascuna Prefettura di una “struttura organizzativa a geometria variabile, con il compito di favorire le sinergie tra le diverse amministrazioni e i soggetti attuatori” e di eventuali “nuclei specifici” per risolvere specifiche criticità attuative rilevate in sede di monitoraggio. Agli uffici territoriali del governo sarà richiesta “una intensificazione non indifferente dello sforzo organizzativo già posto in essere in occasione del Protocollo d’intesa siglato nel 2022 dal MEF e dal Ministero dell’interno per il supporto e l’assistenza ai soggetti attuatori territoriali”, senza che siano state risolte le “criticità legate al diffuso sottodimensionamento degli organici della carriera prefettizia” e “i problemi di coordinamento che pure si pongono in relazione ai numerosi altri strumenti già attivati ai fini di garantire un accompagnamento degli enti locali nell’attuazione corretta e tempestiva delle progettualità PNRR e che, alla luce della nuova iniziativa legislativa, non sembrano essersi rivelati pienamente idonei a centrare l’obiettivo”.
Nella pa entrerà personale “senza requisiti meritocratici” – Bocciata anche la previsione di dotare i commissari straordinari per la realizzazione di alcune opere di “un numero massimo di 7 esperti o consulenti, scelti anche tra soggetti estranei alla Pubblica amministrazione” e pensionati. La deroga “suscita perplessità perché consentirebbe di avvalersi anche di personale privo dei requisiti meritocratici di comprovata specializzazione che giustificano l’ingresso eccezionale di privati all’interno della pa”. Da ripensare pure la facoltà concessa al Ministero del turismo di ricorrere a società direttamente o indirettamente controllate dallo Stato operanti nel settore dei servizi informatici: “non si comprende la portata del termine “ricorrere” (non appare chiaro, cioè, se la disposizione sia volta a prevedere deroghe alla disciplina in tema di evidenza pubblica di cui al codice dei contratti pubblici) né se con l’utilizzo della definizione “società controllate” il Legislatore intenda riferirsi alle società in house”.