Il cambiamento climatico influisce anche sul comportamento delle locuste, afferma un nuovo studio, che punta il dito contro particolari condizioni meteo come venti e forti piogge, capaci di dar vita a devastanti sciami ampi e sincronizzati. Uno scenario già fin da ora apocalittico. Per la Fao le locuste sono “gli insetti nocivi migratori più distruttivi del mondo”. Un solo sciame può contenere decine di milioni di individui ed espandersi per 2400 kmq. Sono le locuste del deserto, una piaga nota fin dai tempi antichi in alcune zone – soprattutto Nordafrica, Medio Oriente e Asia, ma anche le coste italiane possono essere interessate.
Negli ultimi anni le locuste sono sempre più numerose e devastanti, impattando fortemente sulla sicurezza alimentare locale e globale (in molte aree dove si produce grano) e sull’economia. Secondo la Banca mondiale, tra il 2003 e il 2005 nella sola Africa occidentale la lotta contro le locuste costò oltre 450 milioni di dollari, con una perdita stimata per le colture di 2,5 miliardi. In un solo giorno, le locuste possono distruggere raccolti sufficienti a sfamare 35mila persone, spesso già povere. “Centinaia di migliaia di locuste distruggono i raccolti in una nazione [l’Afghanistan] in cui nove famiglie su 10 già lottano per procurarsi il cibo”, titolava Al Jazeera nel giugno 2023. Contadini già colpiti da eventi meteorologici estremi devono fare i conti anche con le invasioni di questi insetti, “sempre più difficili da prevenire e controllare”, denuncia il recente studio pubblicato su Science Advances.
Fenomeni estremi – Per capire come mai gli eventi distruttivi si stiano intensificando i ricercatori hanno esaminato un ampio database della Fao, il Locust Hub, per tracciare il numero di invasioni in 36 paesi in un periodo di 35 anni (1985-2020). Su 48 paesi interessati, 10 avevano subito i peggiori attacchi – tra questi Marocco, Niger, Yemen e Pakistan. Il picco nel 2019 e 2020 in Africa Orientale: qui gli insetti devastarono centinaia di migliaia di ettari, non risparmiando nessuna forma di vegetazione. I ricercatori hanno poi incrociato questi dati con quelli meteorologici. Risultato? “La forte correlazione suggerisce che le aree battute da piogge forti hanno più probabilità di essere colpite dalle invasioni di locuste”.
Da solitari a gregari – Tutto ruota intorno alla biologia di questi insetti, solitari nella stagione secca, ma gregari quando si moltiplicano grazie alle piogge, che da una parte favoriscono lo sviluppo e la schiusa delle uova deposte nella sabbia e dall’altra stimolano la vegetazione, di cui poi si nutrono le giovani locuste uscite dall’uovo fino a diventare adulte. Allora questi insetti formano grandi sciami che il vento sposta lontano. Le condizioni di vento e piogge forti, spiegano i ricercatori, favoriscono anche invasioni sincronizzate: enormi sciami partono insieme da punti diversi, devastando intere regioni. Come avvenne nel 2003, quando scattarono quattro invasioni separate in Mauritania, Mali, Niger e Sudan, propagatesi poi in altri paesi.
Scenari preoccupanti – Lo studio conferma l’alto rischio di paesi come Kenya e Marocco, già soggetti alle invasioni di locuste, ma pure l’aumento del rischio per territori finora poco toccati, come il Corno d’Africa, la Penisola Arabica e il confine indo-pakistano. Infatti le locuste amano le zone aride colpite da forti acquazzoni. Fu così che nel 2019 il deserto di Rub’ al Khali, nella Penisola arabica, di solito risparmiato, subì un attacco in seguito a dei cicloni che lasciarono pozze di acqua. Il futuro? Anche peggio. Gli scienziati hanno elaborato due possibili scenari futuri, tra il 2065 e il 2100. Quello “buono”: se le emissioni calano, l’area di diffusione delle locuste aumenterà del 5%; ma andando avanti così toccherà ad aree finora abbastanza indenni come India occidentale, Iran, Afghanistan e Turkmenistan. A rischio è il futuro alimentare.
E in Italia? “Con le alte temperature estive che si spingono oltre i 40 gradi è boom di insetti in campi, frutteti, orti e giardini con sciami di cavallette, cimici asiatiche, coleotteri giapponesi, ragni, afidi e forficule che danneggiano la frutta, le foglie, le piante e il mais già colpite dalla grave siccità”, scriveva Il Punto Coldiretti a giugno 2022. Cosa aspettiamo ancora, le locuste del deserto?