Diritti

Oggi è la Giornata mondiale del servizio sociale: peccato che l’Italia abbia avviato una ‘non riforma’

Oggi è la Giornata Mondiale del Servizio Sociale: evviva! Festeggiamo! Tutti i politici a scrivere messaggi sui social con tanto di retorica. Siamo un paese sempre più vecchio e di poveri vecchi malati.

Per fortuna che il Governo ha istituito il bonus anziani: un assegno, aggiuntivo all’indennità di accompagnamento, di 850 euro! Ma per quante persone? Meno del 2 per cento degli attuali destinatari dell’assegno di accompagnamento, visto che la “sperimentazione” prevista nel nuovo Decreto parla di soli ultraottentenni in condizioni di “bisogno assistenziale di livello gravissimo” con un Isee “non superiore a 6mila euro”.

Ecco, una riforma attesa da oltre 30 anni e che pure conteneva indicazioni molto positive – la Legge 33/2023 “Deleghe al Governo in materia di politiche per le persone anziane” – al momento di tradursi in interventi attuativi si perde… in una “non riforma”. Si sprecano parole sulla necessità di coordinare gli interventi – sanitari, sociali e finanziari – oggi affidati a diversi soggetti – regioni, comuni e Inps – che seguono procedure e regole diverse e che non hanno alcun coordinamento tra loro (lo sanno bene le famiglie che tentano di occuparsi a casa dei propri malati gravi, il più delle volte anziani): ma non si precisa a chi spetterà questo coordinamento.

E manca del tutto una vera riforma delle cure domiciliari, che oggi garantiscono solo prestazioni infermieristiche di breve durata (in media 3 mesi, secondo i dati nazionali) mentre la non autosufficienza dura mesi e anni, e ha bisogno di una presa in carico e di un sostegno alle persone anziane e ai loro familiari che continuino nel tempo, e di un effettivo coordinamento tra gli interventi sanitari e sociali erogati rispettivamente dalle Asl e dai comuni.

Niente si dice (se ne riparlerà in successivi decreti!) su come dovranno essere organizzate le future Rsa; mentre la revisione dell’indennità di accompagnamento, che secondo la legge delega doveva essere sostituita da una “prestazione universale graduata secondo lo specifico bisogno assistenziale” della persona “ed erogabile, a scelta del beneficiario, sotto forma di trasferimento monetario e di servizi alla persona” (soluzione già attuata, con risultati positivi, da altri Paesi europei) ha lasciato il posto nel Decreto a quell’aumento, “sperimentale per 2 anni” di 850 euro, che nonostante le roboanti affermazioni del governo è destinato, abbiamo visto, ad una minoranza risibile di utenti.

Nessun indizio di come questa non-riforma voglia farsi carico nel tempo della non autosufficienza e della complessità dei bisogni di cura che l’invecchiamento può comportare. Zero assoluto. Questi signori che hanno scritto la legge hanno mai vissuto una situazione di cura e assistenza domiciliare di un loro familiare?

Gianbattista Guerrini, geriatra, che ha trascorso la vita con gli anziani più fragili e ancora oggi continua a prendersene cura, conferma il giudizio negativo sul decreto che traduce operativamente la Legge delega: non nasconde la sua delusione per questa occasione mancata. Una delusione che accomuna i rappresentanti degli anziani destinatari della riforma, gli ordini professionali, le molteplici realtà impegnate nell’erogazione dei servizi, che non hanno mancato di far arrivare al governo tutta la loro contrarietà; ma che è evidentemente condivisa dalle Regioni e dai Comuni, titolari in buona misura delle competenze in materia, che hanno espresso sul decreto attuativo della Riforma un parere negativo.

Tutto inutile, il governo non ha tenuto alcun conto delle proposte di modifica e ha confermato il decreto. Penalizzando ancora una volta gli anziani non autosufficienti e le loro famiglie.

e.reguitti@ilfattoquotidiano.it