Il peso della lotta in prima linea al Covid e le minacce dei No Vax che a distanza di quattro anni dall’inizio dell’emergenza pandemica lo costringono ancora a vivere sotto scorta. Roberto Speranza spiega così la decisione di declinare l’invito a una candidatura per la presidenza della Regione Basilicata, uno dei tasselli più complicati per il centrosinistra che si è ritrovato a bruciare nomi su nomi in un lungo balletto finito con la candidatura di Piero Marrese.
Speranza spiega di aver detto no “già molti mesi fa” e sottolinea: “A chi parla di ‘generosità’ vorrei ricordare che il prezzo che io e i miei affetti più cari abbiamo pagato per l’impegno degli anni del Covid è stato altissimo e purtroppo non si è ancora esaurito. Mi pesa essere costretto a parlarne pubblicamente, non sarebbe nella mia natura farlo, ma credo che oggi sia necessario per comprendere la situazione”. E quindi entra nel merito: “Continuano incessanti le minacce di morte e gli insulti quotidiani da schegge della galassia no vax. Sono continue le istigazioni all’odio personale sui social e anche da parte di un pezzo limitato ma molto rumoroso del mondo editoriale. Questo clima, ulteriormente peggiorato da quando è stata annunciata la commissione parlamentare d’inchiesta sul Covid, mi costringe ancora a vivere sotto scorta con tutto ciò che questo comporta per me e per i miei cari”.
L’ex ministro parla di “una rimozione di fondo” che definisce “inaccettabile”, in altri termini: “Cosa ha significato e quali siano le conseguenze dell’essere stato ministro della Salute durante la pandemia da Covid 19. Chi in queste ore ha accostato il mio nome alla candidatura a presidente della Regione Basilicata rimuove il carico di responsabilità che ho avuto sulle mie spalle negli oltre tre anni di mandato a cui ha fatto seguito anche una clamorosa inchiesta giudiziaria”. Secondo Speranza, “non è un caso che durante il mio mandato da ministro della Salute si siano succeduti ben 4 ministri francesi, 3 ministri della Gran Bretagna e 2 della Germania. È stato un carico di lavoro inimmaginabile, 24 ore al giorno, 7 giorni su 7, senza alcuna pausa con decisioni quotidiane che incidevano sulla vita quotidiana di milioni di italiani. Questa storia non può essere rimossa. E il lavoro incessante che ho fatto, dando tutto me stesso, non può essere sottovalutato”.
A giugno dello scorso anno, ha quindi proseguito l’ex ministro, “ho guidato la comunità di Articolo Uno ad aderire al nuovo Pd di Elly Schlein che avevo sostenuto al congresso di febbraio” e da allora, ricorda, “sono un semplice deputato di opposizione”. Per questi motivi “essenzialmente di natura personale – prosegue – ho chiesto ai due leader di Pd e 5 stelle di non considerare la mia disponibilità a candidarmi alla guida della Regione”. Una questione di “rispetto alla terra che amo” perché “chi si candida a guidarla deve essere pronto a dare tutto se stesso, 24 ore al giorno, anteponendo questa funzione ad ogni altro pensiero o preoccupazione”. Quindi conclude: “Giudico offensivo anche solo pensare ad un lavoro part time come qualcuno sembrerebbe suggerire. Sono ragioni che credo meritino rispetto. A queste considerazioni per me essenziali ne aggiungo un’altra non banale. Sono stato eletto solo un anno e mezzo fa alla Camera dei Deputati stringendo un patto con gli elettori del collegio di Napoli che mi hanno dato fiducia. Ho sempre trovato surreale il salto da una candidatura all’altra in un tempo così breve, come se le istituzioni fossero dei taxi per passare da un incarico all’altro infischiandosene del mandato popolare”.