Raffaele Fitto torna all’attacco della Corte dei Conti che martedì ha inviato al Parlamento una memoria di 52 pagine molto critica sul decreto sulla rimodulazione del Pnrr. In cui non solo contesta i tagli a un programma di investimento per gli ospedali già contestati dalle Regioni, ma evidenza anche come il provvedimento assegni alla struttura di missione a Palazzo Chigi poteri che travalicano le prerogative attribuite dalla Costituzione alla presidenza del Consiglio. Mercoledì mattina anonime fonti governative hanno diffuso una velina che parlava di “irritazione” per quei giudizi. Seguiva la “domanda retorica” di un ministro che si chiedeva se si sia “mai visto un lavoro così specifico della Corte dei Conti su un decreto“. In serata Fitto, già protagonista di diversi scontri con la magistratura contabile, ha diffuso una sterminata replica. In sintesi: “Nessun accentramento di funzioni, ma riforma della governance e rafforzamento della capacità amministrativa in continuità con il decreto legge n. 77 del 2021: ieri nessuna osservazione, oggi diverse critiche. Nessun taglio ma solamente un’inutile polemica che accompagna il lavoro complesso che stiamo portando avanti e che ha consentito, piaccia o meno, di collocare l’Italia al primo posto per stato di avanzamento del Pnrr, come attestato dal Rapporto intermedio della Commissione europea del 21 febbraio 2024″. Le opposizioni parlano di “gravissimo scontro istituzionale” e “fallimento del governo Meloni” sul Piano.

Altri “lavori specifici sui decreti”? Ci sono – Dagli uffici della Corte filtra che è stata la commissione Bilancio della Camera, che sta esaminando il provvedimento, a chiedere il parere dei guardiani dei conti. Non essendoci i tempi tecnici per un‘audizione è stata come al solito depositata una memoria. I precedenti di “lavori specifici” non mancano, in tutti i casi in cui i governi hanno varato decreti dal pesante impatto finanziario: nel passato recente, per esempio, la Corte ha pubblicato memorie sul decreto Rilancio (2020, 82 pagine), sul decreto Semplificazioni (2020, 20 pagine), sulla prima proposta di Piano nazionale di ripresa e resilienza (2021, 98 pagine), sul decreto che ne ha disegnato l’originaria governance (2021, 18 pagine), così come si esprime ogni anno sul Def, la Nadef e sulle leggi di Bilancio. E ci sono stati giudizi non teneri: il governo Conte si è visto bocciare la revisione della responsabilità per danno erariale, norma poi prorogata da Draghi e da Meloni che ha di recente esteso fino a dicembre lo scudo per gli amministratori.

La risposta di Fitto – Fitto però, nella sua nota, sembra accusare la Corte di aver utilizzato due pesi e due misure, censurando il suo decreto mentre aveva promosso quello del 2021 sulla governance del piano. Ma il confronto non regge. In quel testo i controlli sulla gestione venivano infatti assegnati alla Corte dei conti e quelli sugli interventi realizzati a livello territoriale all’ufficio di audit del Pnrr presso la Ragioneria generale dello Stato. Il decreto di Fitto prevede invece che controlli a campione presso gli enti locali possano essere effettuati dalla struttura di missione della presidenza del Consiglio, che stando alla Costituzione non ha poteri ispettivi del genere. Di qui i rilievi della magistratura contabile.

Sulla stessa linea – i predecessori “favoriti” rispetto al governo Meloni – il ministro aggiunge poi un rilievo sui progetti in essere inseriti nel Piano originario senza che nessuno avesse “qualcosa da obiettare” nonostante fossero “in parte incoerenti con la regolamentazione del Pnrr”. Segue una lunga disamina che punta a confutare l’esistenza di tagli agli interventi in materia di sanità: “L’unica differenza è rappresentata dalla circostanza che si consente la realizzazione degli interventi secondo modalità e con tempistiche coerenti con le loro caratteristiche e con il loro stato di avanzamento”, scrive il responsabile del piano. Ma le Regioni fanno presente, proprio come la Corte dei Conti, che in molti casi i cantieri sono già stati aperti e imporre di recuperare le risorse da un altro fondo equivale a rallentare i lavori e nelle ipotesi peggiori non essere in grado di pagare le fatture presentate dalle imprese appaltatrici.

La reazione delle RegioniRaffaele Donini, coordinatore della Commissione Salute della Conferenza della Regioni, auspica che “il governo riconsideri quanto scritto nel decreto con il taglio di 1,2 miliardi per gli ospedali“, riduzione che toccherebbe “opere già in cantiere o con obbligazioni giuridicamente vincolate e che non possono essere finanziate con fondi esigibili come quelli dell’ex articolo 20, che in parte sono oggetto di accordi programma già firmati o che si stanno firmando”. Il coordinatore e assessore regionale alle Politiche per la salute dell’Emilia Romagna avverte che “il decreto se non corretto rischia di produrre contenziosi in tutto il Paese”. Fitto ha fatto sapere che nelle prossime ore il governo attiverà “uno specifico confronto con le Regioni finalizzato all’esatta individuazione degli interventi finanziati con le tre differenti fonti: Pnrr, Pnc e fondo ex art. 20 della legge n. 67 del 1988″.

Tutti gli scontri – Un anno fa, nel maggio 2023, il ministro Fitto ha aperto uno scontro plateale con la Corte, rea di aver pubblicato due delibere che facevano emergere ritardi e difficoltà di avanzamento rispetto a due obiettivi del Piano. Poco dopo il governo ha preso la decisione muscolare di abolire il “controllo concomitante” dei giudici contabili sull’utilizzo dei fondi, un meccanismo di monitoraggio “in itinere” pensato con l’obiettivo di mandare in porto il Pnrr agendo in corso d’opera per risolvere gli eventuali problemi. Inascoltata l’Associazione dei magistrati contabili, che aveva chiesto l’istituzione di un tavolo di confronto sulle riforme e il “rispetto delle reciproche attribuzioni“.

Gli attacchi sono proseguiti anche dopo, ogni volta che i magistrati hanno espresso rilievi riguardo all’avanzamento della spesa e ai ritardi nell’attuazione di alcune milestone e target. E Fratelli d’Italia è andata avanti dritta depositando in Parlamento una proposta di riforma che limiterebbe ulteriormente i poteri della magistratura contabile eliminando di fatto anche i controlli successivi sugli appalti nel caso ci sia stato un assenso preventivo. A febbraio, alla cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario, i vertici dell’istituzione hanno fissato una linea rossa, chiedendo al governo di tornare al dialogo e non vararla unilateralmente. Fitto sembra aver scelto un’altra linea.

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