La tangente come una “prassi“, una sorta di automatismo riconosciuto a un politico per la mediazione in un affare, come fosse un venditore di case o terreni e non un pubblico ufficiale che può indirizzare le scelte amministrative. È esemplare e sconcertante il verbale che Nicola Fragomeni, ex primo cittadino di Santa Maria di Sala (Venezia) ha reso un anno fa dopo essere finito agli arresti domiciliari per corruzione, quando era presidente del Consiglio comunale nonché coordinatore provinciale di Coraggio Italia, il movimento fondato dal sindaco del capoluogo veneto Luigi Brugnaro. La confessione spunta a pochi giorni dall’udienza fissata davanti al gup lagunare, che dovrà decidere sulla richiesta di patteggiamento a quattro anni di reclusione avanzata da Fragomeni e già accolta dalla Procura. Nelle sue dichiarazioni c’è la radiografia di un metodo, di come fosse quasi ovvio chiedere una tangente davanti a testimoni che non erano neppure stati avvertiti in anticipo. Che ciò sia avvenuto all’insegna del “così fan tutti” o nella convinzione – come sostiene il politico – di stare svolgendo una mediazione commerciale, poco importa. È il meccanismo che conta.
“Sì, è vero. Me ne pento amaramente, ho chiesto centomila euro per la mediazione immobiliare tra l’architetto, Squarcina e l’imprenditore Carraro per l’acquisto del terreno per la casa di riposo”. Così ha dichiarato Fragomeni alla pm veneziana Federica Baccaglini il 28 aprile 2023, ammettendo che attorno ad alcuni progetti edilizi era avvenuto un mercanteggiamento impudente. Il sindaco ha spiegato di essere stato coinvolto nella trattativa dall’architetto Marcello Carraro (che però nega ogni accusa) per conto di due costruttori, Mauro Cazzaro e Battista Camporese, allo scopo di convincere Luca Squarcina, proprietario del terreno che interessava agli imprenditori. La richiesta di Fragomeni a Squarcina avviene al bar, alla presenza di Ugo Zamengo, ex sindaco e allora consigliere comunale di Santa Maria di Sala, che a sua volta ha chiesto di patteggiare due anni e otto mesi. “Zamengo è ingegnere e mi serviva come consulente, inoltre ero certo che avrebbe fatto l’interesse del Comune”, dice Fragomeni, assistito dall’avvocato Renzo Fogliata. “Io di urbanistica capisco poco e quindi avevo bisogno di sostegno. Non avevo avvisato Zamengo che avrei chiesto dei soldi a Squarcina, per me era implicito, perché di prassi vengono riconosciuti dei compensi per le mediazioni immobiliari…”.
Eppure secondo l’accusa si trattava di una tangente, con diversi, seppur inconsapevoli beneficiari. “Se Squarcina mi avesse dato i centomila euro, non li avrei tenuti tutti per me, ma ne avrei dato una parte anche a Zamengo perché mi aveva dato una mano nella trattativa, e a Carlo Pajaro“, il dirigente dell’Ufficio tecnico comunale, “per il contributo tecnico. Non avevo anticipato loro l’intenzione di dividere il denaro. L’incontro è avvenuto al bar perché pensavo di operare non da sindaco, ma da privato mediatore… Non ero al corrente che il terreno di Squarcina necessitasse di un cambio di destinazione d’uso”, dice Fragomeni. Proprio il cambio di destinazione, secondo la Procura, fonda un possibile reato collaterale rispetto alla corruzione, quell’abuso d’ufficio che si avvia ad essere abolito e che è contestato nell’indagine tra le accuse minori. In ogni caso, nonostante le sollecitazioni dei politici, Squarcina non volle vendere i terreni, e presentò la denuncia che ha poi innescato l’inchiesta.
Che vi fosse un metodo lo conferma lo stesso Fragomeni: sfumato il primo affare, infatti, Carraro aveva individuato un altro terreno, di proprietà di Francesco, Saverio e Filippo Fedriga. E anche qui l’ex sindaco svolge il ruolo del mediatore. “Poteva valere circa quaranta euro al metro quadrato. Chiamai Filippo Fedriga e poiché avevo saputo che si erano accordati per un prezzo di 32 euro gli suggerii di chiedere quaranta e poi di girare otto/dieci euro al metro quadrato a noi, ovvero a me, Zamengo e Pajaro”, confessa. “Questa volta avevo informato sicuramente Pajaro e mi pare anche Zamengo, che i Fedriga erano ben disposti a versarci quel “quid in più” ottenuto dalla vendita… Carraro era il fulcro dell’affare, metteva in contatto tutti gli attori della vicenda”. È il quadro, secondo i pm, di una Tangentopoli diffusa, quasi alla luce del sole, che ha come beneficiari non i partiti, ma i singoli amministratori. Lo dimostra anche il verbale di Zamengo (assistito dall’avvocato Luigino Martellato): “Relativamente al fatto che Squarcina dovesse essere riconoscente, Fragomeni me lo disse almeno un paio di volte. Nell’incontro al bar il sindaco iniziò il colloquio con Squarcina affrontando subito la questione economica, tanto da mettermi in imbarazzo… avrei dovuto alzarmi e andarmene via, invece non l’ho fatto e ho sostenuto la sua richiesta…”.