In primo grado era stato condannato all’ergastolo e in appello i giudici della Corte d’assise d’appello di Torino hanno confermato il fine pena mai per il 36enne Mohssine Azhar, processato a Torino per il caso della bimba di 3 anni morta dopo essere precipitata dal balcone al quarto piano di una palazzina del centro storico del capoluogo piemontese nel gennaio del 2022. L’accusa era di omicidio volontario. La piccola Fatima era la figlia della donna con cui l’imputato all’epoca aveva una relazione. L’uomo ha sempre sostenuto che si trattò di un incidente avvenuto mentre giocava con la bimba. Per l’accusa invece fu un gesto deliberato.
“Giocavo con Fatima sul balcone. La lanciavo in aria e la riprendevo, con la mamma che ci guardava da sotto. Non so come sia potuto accadere…” aveva dichiarato l’uomo al gip nel corso dell’interrogatorio di garanzia. Aveva ammesso di aver bevuto e assunto hashish, sostenendo però di “non aver perso lucidità”. Fatima aveva raggiunto da sola l’appartamento del patrigno, che si trova sopra alla casa in cui viveva con la madre. La caduta della bambina era avvenuta sotto lo sguardo della madre Lucia, che stava salutando la figlia e Azhar dal suo balcone.
“Ho voluto giustizia per mia figlia. Solo questo. Finché sarò viva mi batterò per lei” ha detto Lucia C., la mamma della vittima. “Confidavamo in questo risultato” ha dichiarato la legale della donna, l’avvocata Silvia Lorenzino: “l’impianto accusatorio era intangibile e ha detto anche in appello. Quello dell’imputato fu un gesto di stizza, una punizione suprema per la mia cliente che in quel momento non voleva che la bimba stesse con lui visto il suo stato di alterazione. Questo non sminuisce il gesto: anzi, lo rende ancora più crudele. L’imputato ha trattato la bimba come un oggetto su cui sfogare la propria rabbia”.