Cronaca

L’Università di Torino non partecipa al bando con Israele e precisa: “Gli altri accordi restano attivi”. Meloni: “Preoccupante”

Niente partecipazione al bando 2024 per la cooperazione scientifica con Israele. Lo ha deciso martedì il Senato accademico dell’Università di Torino votando a maggioranza una mozione che ritiene “non opportuna” la partecipazione visto il protrarsi della guerra a Gaza. Decisione presa dopo la lettera aperta firmata dai quasi 1.700 docenti di tutta Italia, tra cui 60 torinesi, che chiedeva lo stop del bando per la cooperazione tra istituzioni italiane e israeliane in materia di ricerca scientifica. E arrivata dopo un’assemblea con gli studenti del collettivo “Cambiare Rotta” e “Progetto Palestina”, che avevano interrotto la seduta del Senato accademico per chiedere un confronto sul tema. La mozione è però subito finita al centro della polemica politico con tanto di intervento anche della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che ha definito la decisione “preoccupante” anche perché avvenuta “dopo un’occupazione da parte dei collettivi”. Tutto questo mentre anche a Pisa gli studenti della Normale (in sciopero) chiedono all’ateneo di rendere note le collaborazioni con le istituzioni israeliane.

La nota di precisazione – “Se le istituzioni si piegano a questi metodi rischiamo di avere molti problemi“, ha detto Meloni alla Camera durante la replica nel dibattito sulle sue comunicazioni in vista del Consiglio europeo. L’Università di Torino è intervenuta con una nota per precisare che “la mozione approvata dal Senato accademico si riferisce esclusivamente al bando in questione“, cioè il Maeci 2024 Italia-Israele. Una partecipazione che è stata ritenuta “non opportuna” visto “il perdurare dello stato di guerra”. L’Ateneo ricorda anche che “tutti gli accordi e le collaborazioni in corso con le università israeliane rimangono attivi, nel pieno rispetto dei principi e dei valori di libertà di pensiero e di ricerca dell’Università di Torino”.

Il dibattitto in Senato – Ma le precisazioni non hanno interrotto la polemica. “Ritengo ogni forma di esclusione o boicottaggio sbagliata ed estranea alla tradizione e alla cultura dei nostri Atenei da sempre ispirata all’apertura e all’inclusività”, ha commentato la ministra dell’Università e della ricerca, Anna Maria Bernini. Una vicenda che è finita anche all’interno del dibattito in Senato. Il capogruppo della Lega, Massimiliano Romeo, ha definito la decisione “un fatto grave e increscioso“: “È un comportamento figlio di un’ondata di antisemitismo, dimenticando che lo scambio è portatore di pace”, ha detto Romeo. Critiche sono arrivate anche da Silvia Fregolent di Italia viva, che ritiene la decisione dell’Ateneo “una violenza nei confronti della storia di Torino”. Il forzista Maurizio Gasparri ha sostenuto che “c’è un antisemitismo di ritorno“, testimoniato da una serie di episodi di intolleranza.

Le opposizioni – Di diverso parere Simona Malpezzi del Pd che ha messo in guardia l’Aula da episodi di censura “vero una decisione, opinabile, che può piacere o non piacere, ma che è stata presa da una Università nella sua autonomia“. Sulla stessa linea Alessandra Maiorino del Movimento 5 stelle: “Non capisco perché siamo qui a commentare una decisione di un Senato accademico fatta in autonomia e democraticamente. L’ingerenza della politica nell’autonomia dell’insegnamento, ancora vigente, è pericolosa“. Opinione differente a quella del leader del M5s: sottolineando che sulla vicenda “non c’è una posizione di partito”, Giuseppe Conte ha dichiarato di essere “profondamente convinto che l’università e la ricerca scientifica non possano mischiarsi alle politiche governative”. “Questo – ha aggiunto – è valso anche per l’invasione della Russia, che noi abbiamo condannato fermamente”, salvaguardando tuttavia “le relazioni scientifiche tra centri di ricerca, università, accademia” e dunque “vale anche nei rapporti con i centri di ricerca israeliani. Per me è un errore capitale interrompere una relazione scientifica e di ricerca sulla base di quel che avviene da parte del governo di turno dell’uno e dell’altro Paese”, ha concluso Conte.

Di Segni: “Boicottare è antisemitismo” – “Ormai si è superata ogni linea rossa. Facciamo un appello a Meloni, a Bernini e alla presidente della Crui Iannantuoni, affinché la definizione dell’International Holocaust Remembrance Alliance sull’antisemitismo sia recepita a pieno da tutte le Università italiane. Chiarendo in modo lapidario che ogni forma di boicottaggio e demonizzazione, sono antisemitismo. L’Università italiana non si può piegare alle irruzioni e alle distorsioni”, ha detto all’Ansa la presidente dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane, Noemi Di Segni. “Una preoccupante escalation negli atenei, con esplicitazioni di un odio verso Israele e verso gli ebrei che nelle ultime settimane ha raggiunto livelli di gravissima preoccupazione” che impone di “arginare ed evitare alcuni episodi e situazioni” e di “favorire anziché isolare la conoscenza della realtà israeliana”, chiede in una lettera la presidente delle comunità ebraiche.

La lettera di 5 docenti e le critiche della Comunità ebraica – “Non accettiamo che il nostro Ateneo venga infangato, per colpa della situazione di ricatto in cui si è trovata la maggioranza del Senato Accademico di fronte a metodi di natura squadristica utilizzati da una minoranza di facinorosi”, inizia così una lettera firmata da cinque docenti ed ex docenti dell’Università di Torino. “Non partecipando al bando gli organi dirigenti dell’Università di Torino, Rettore, Giunta, Senato Accademico, infangano la memoria di Mario Carrara, Francesco Ruffini, Lionello Venturi e Gaetano De Sanctis, che nel 1931 si rifiutarono di giurare obbedienza al regime fascista”, sottolineano i docenti. Esprime “sdegno e profonda preoccupazione” anche il presidente della Comunità ebraica di Roma, Victor Fadlun che si rivolge alle istituzioni e alle forze politiche “perché venga ribadito e ripristinato il rispetto della libertà e della democrazia a difesa di diritti intangibili, a partire dal mondo accademico e universitario che ne dovrebbe essere il tempio”. Per Davide Romano, direttore del Museo della Brigata ebraica di Milano, “c’è una inquietante pulsione a cacciare quanto di ebraico c’è in Italia”.